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martedì 7 aprile 2015

I Nuragici navigavano?




I  NURAGICI  ERANO ABILI  NAVIGATORI?

Questa domanda attualmente appassiona tutti coloro che di volta in volta si interessano di quesiti più o meno irresolvibili. La Sardegna è Atlantide? Gli Shardana erano sardi? I nuragici scrivevano?
Ora è di moda parlare di navigazione.
Al di là della facile ironia credo che sia giusto nutrire curiosità per il nostro passato anche nei settori meno esplorati e meno noti. Certo sarebbe bello poter conoscere a fondo gli eventi che hanno connotato le varie culture della nostra Isola ma purtroppo in assenza di fonti scritte dobbiamo procedere per ipotesi e dobbiamo andare molto cauti nell'enunciarle.
In primo luogo è indubbio che i popolatori dell'Isola fossero dei navigatori poiché, anche senza documenti in proposito, dobbiamo pensare che i neolitici siano giunti in Sardegna su barche. La fine dell'ultima glaciazione risale a circa 12 mila anni fa e gli uomini, che potevano fino ad allora circolare molto più agevolmente tra le terre emergenti da un mare Mediterraneo molto meno esteso e profondo, si sono dovuti ingegnare per continuare ad effettuare i loro spostamenti. È pur vero che la nostra terra è stata frequentata fin dal paleolitico ma non vi sono elementi di continuità tra paleolitico e neolitico per cui si può ipotizzare che quegli antichi visitatori se ne siano andati così come sono venuti o si siano estinti.

Circa 6000 anni a. C. gruppi umani provenienti dalle coste del Mediterraneo approdavano sulle nostre spiagge e vi trovavano le condizioni per sostentarsi e per espandersi. Non possiamo sapere se queste genti, arrivate dal mare, lo abbiano poi frequentato. 
Su quegli antichi viaggi rimangono alcuni interrogativi: chi si avventurava per mare in tempi tanto antichi? Che cosa cercava? Qual era lo scopo del suo spingersi in zone sconosciute, mettendo a repentaglio la propria vita? Sapeva già di trovare un approdo o andava alla ricerca di un ipotetico luogo dove trovare pace e benessere? Oppure aveva sbagliato rotta o era stato spinto dalla tempesta sui nostri lidi? Tutte queste sono domande senza risposta, al momento.

Sappiamo che tra il 6000 e il 4000 a. C. si è sviluppato il commercio dell'ossidiana sarda che è stata trovata in Corsica, Toscana, Liguria e nella Francia meridionale.
Chi esportava il prezioso vetro vulcanico? Erano i nostri neolitici? A rileggere i luoghi di approdo pare proprio che la rotta segua la costa della Corsica, e le isolette del Tirreno fino alla Toscana. Inoltre si può ipotizzare anche una rotta che dalla Sardegna costeggi la Corsica per raggiungere la Liguria e la Francia. I navigatori erano i Sardi o gli acquirenti di ossidiana? Immaginando il percorso si arriva alla conclusione che non doveva essere difficile per chi partiva dalla Sardegna approdare sulle coste italiane o francesi. Il sole offriva un ottimo orientamento per chi doveva dirigersi a nord e l'approdo era sicuro, visto che davanti si trova solo terra. Più problematico e lungo appare il percorso inverso, poiché la rotta più sicura appare quella che costeggia fino alla Toscana per poi dirigersi verso la Corsica.
Il tempo passa, e anche l'ossidiana passa di moda. Arrivano l'età del Rame e l'età del Bronzo. Ma i metalli, che sono fondamentali per le nuove generazioni, non si trovano dappertutto. Ed è proprio il commercio dei metalli che dà un impulso fortissimo alla navigazione. Siamo ormai nel III millennio a. C. e le tecniche di costruzione navale come le abilità nell'andare per mare si sono evolute.
Un prezioso elemento di informazione sugli spostamenti di genti e culture ci arriva dalla presenza del bicchiere campaniforme (beaker) diffuso in tutta l'Europa e nel Nordafrica. In Sardegna il beaker arriva dalle coste iberiche e francesi intorno al 2100 a.C. e dalla nostra isola raggiunge la Sicilia. E' interessante il fatto che la Sardegna facesse da ponte tra le coste europee e la Sicilia*.
Sappiamo per certo che la navigazione si è sviluppata per motivi commerciali e sappiamo che i primi popoli navigatori del Mediterraneo sono i Micenei. Basta dare uno sguardo al Mar Egeo per comprenderne la logica. Non vi è luogo più idoneo per la navigazione lungo la costa.
La storia ci racconta delle attività marinaresche dei Micenei, ci parla dei commerci di Creta e di Cipro. Ad Olbia e in altri siti della costa sarda sono state individuate ancore di pietra di tipo cipriota. pare dunque che i commerci tra Cipro e la Sardegna siano stati intensi alla fine della tarda età del Bronzo (XII sec. a.C.)**.
I Micenei raggiungono l'apice della loro attività marinara intorno al XVI-XII secolo a. C***. In seguito il loro predominio sul Mediterraneo cessa e intorno al 1000 il loro posto viene preso dai Fenici. Perché la storia non parla della navigazione dei Nuragici che nel frattempo, in piena età del Bronzo, ricoprono il territorio sardo di torri?

* Archeologia Viva - Prima Sicilia - n° 63, Maggio-Giugno 1997 p. 52
**  Archeologia Viva -Cipro e il Mediterraneo - n° 99,Maggio-Giugno 2003, pag. 52
***Archeologia Viva -Intervista a Sebastiano Tusa - n°180, Novembre-dicembre 2016, pag. 72

Intanto per la gente di mare i tempi si sono fatti più duri. Chi commercia nel Mediterraneo non vuole concorrenti e ciascun popolo ha le sue rotte. Gli Etruschi  possono trafficare nell'alto Tirreno (VII-VI sec. a.C.), i Greci devono accontentarsi dell'Egeo e del Mediterraneo fino alla Sicilia mentre le rotte verso l'Africa, la Sardegna e la Spagna sono dei Fenici e in seguito anche dei loro parenti Punici. Ai rischi connessi con la navigazione si aggiungono così i pericoli rappresentati dai pirati. Potevano i nostri Nuragici trovare un pezzetto di mare per mettere in acqua le proprie navi?
L'ipotesi che i nuragici fossero abili navigatori si fonda soprattutto sulla presenza davvero molto rilevante di modelli di barche realizzate in bronzo e in terracotta. Pare che i manufatti fossero degli ex voto oppure semplicemente lampade.
Alcuni studiosi tendono oggi a riequilibrare la questione. Ragionevolmente non si può pensare che i nuragici potessero esercitare la navigazione commerciale in un Mediterraneo già suddiviso tra tante potenze ma non si può neppure credere che il mare fosse per loro uno sconosciuto. Anche per i Sardi il mare rappresentava una via di comunicazione per il trasporto delle merci. Allora si può ipotizzare una navigazione costiera che includesse anche la Corsica occidentale. Infatti la Corsica orientale era già trafficata dai Greci che vi avevano fondato Aleria (565 a.C.). Piuttosto si sta rivalutando l'ipotesi che i Greci si fossero insediati anche in Sardegna, ad Olbia.
Il discorso navigazione si, navigazione no, finisce comunque con l'arrivo dei Cartaginesi. Polibio nelle sue opere storiche riporta il primo trattato tra Cartagine e Roma risalente al 509 a.C. Vi si dice chiaramente che né 

«a queste condizioni ci sia amicizia fra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi: né i Romani né gli alleati dei Romani navighino al di là del promontorio Bello (che delimitava il golfo di Cartagine), a meno che non vi siano costretti da una tempesta o da nemici. Qualora uno vi sia trasportato a forza, non gli sia permesso di comprare né prendere nulla tranne quanto gli occorre per riparare l'imbarcazione o per compiere sacrifici, e si allontani entro cinque giorni. A quelli che giungono per commercio non sia possibile portare a termine nessuna transazione se non in presenza di un araldo o di un cancelliere. Quanto sia venduto alla presenza di costoro, se venduto in Libia o in Sardegna sia dovuto al venditore sotto la garanzia dello stato. Qualora un Romano giunga in Sicilia, nella parte controllata dai Cartaginesi, siano uguali tutti i diritti dei Romani. I Cartaginesi non commettano torti ai danni degli abitanti di Ardea, Anzio, Laurento, Circei, Terracina, né di alcun altro dei Latini, quanti sono soggetti; nel caso che quelli non soggetti si tengano lontani dalle loro città: ciò che prendano, restituiscano ai Romani intatto. Non costruiscano fortezze nel Lazio. Qualora penetrino da nemici nella regione, non passino la notte nella regione».

Polibio, Storie

Per maggior precisione e in attesa di verifiche aggiungo che comunque occorre valutare bene i tempi.

1°- I bronzetti sono datati dal IX secolo a. C., periodo nel quale il Mediterraneo era abbondantemente colonizzato.
2° - La civiltà cretese entra in crisi nel XIII sec. a. C. 
Pare che nel 1100 a. C. i Fenici siano arrivati a Cadice in Spagna
Nel VII - VI  secolo gli Etruschi si aggiungono ai popoli navigatori
Forse il Mediterraneo poteva essere più accessibile tra il 1200 e il 1100 a.C., ed allora dobbiamo ipotizzare che i nuragici navigassero prima del predominio fenicio. Ma non ci sono arrivati bronzetti né modelli di navi ascrivibili a quel periodo.
3° - In assenza di documenti si possono fare tante ipotesi, ma purtroppo non si possono avere certezze.

Rileggendo l'opera di Ettore Pais, "La Sardegna preromana", trovo conferma dei miei dubbi. Egli infatti confuta l'ipotesi che i Popoli del Mare (tra i quali gli Shardana) che avevano aggredito l'Egitto dall'ovest nel XV - XVI secolo a.C. siano da identificare con i Sardi, i Siculi, i Tirreni, gli Achei e i Lici.
Trova molto improbabile che, in un periodo nel quale i Fenici "non avevano oltrepassato il secondo bacino del Mediterraneo" vi fossero già dei navigatori tanto arditi da navigare così frequentemente e così lontano dalla patria per incontrarsi al fine di formare una alleanza per assaltare l'Egitto. Intorno al 1000 pareva già un'impresa grandiosa la spedizione contro Troia che pure non era tanto lontana dalla Grecia.
Per quanto riguarda i Tirreni la più antica notizia delle loro azioni di pirateria risale all'VIII secolo*.

* Ettore Pais, La Sardegna preromana, Ed Trois, Cagliari, 1881, pp. 261-262


La navigazione in quegli antichi tempi era connessa al commercio. Che cosa commerciavano questi popoli sardi in tutto il Mediterraneo, e come è possibile che di questi traffici non sia rimasta alcuna memoria? 

Tutto è possibile, ma tutto deve avere una motivazione e una logica. 

INVASIONI DEI POPOLI DEL MARE
Intorno al 1200 a.C. alla fine della tarda Età del Bronzo si registra nel Mediterraneo la fine del clima pacifico che aveva favorito i liberi scambi. Nell'Egeo, nel Mediterraneo Centrale e in Anatolia si verificano condizioni instabili che causano gravi disordini. La conseguenza è un massiccio spostamento di popolazioni alla ricerca di migliori condizioni di vita nel Mediterraneo orientale. I rifugiati cercano dimora in varie regioni del Levante e a Cipro, talvolta pacificamente e in altri casi no. Sono le invasioni dei Popoli del mare che a più riprese portano scompiglio nel Mediterraneo nel XIII sec. a.C.
Alcuni profughi originari dell'Egeo trovano collocazione a Cipro dove si uniscono alla popolazione portando con sé il proprio vasellame da cucina e le proprie tecniche di tessitura. In Palestina si nota l'introduzione di elementi culturali micenei come vasellame, pesi da telaio, vasche da bagno, focolari centrali.
Tra i nuovi abitanti di Cipro ci sono gruppi provenienti da Creta e dal Mediterraneo occidentale.

Scavi a Pyla-Kokki-Nocremos hanno fatto ritrovare un gran numero di vasi da stoccaggio di ceramica sarda, la handmade Burnished ware, i cui centri di produzione si trovano in Sicilia e in Sardegna. Tra i popoli del Mare vengono nominati gli Shekels (Siculi) e gli Shardana (Sardi).
Archeologia Viva n° 159 - maggio-giugno 2013, pag. 47

Ma non tutti sono d'accordo sull'identità dei Popoli del Mare. 
Secondo Paolo Matthiae, docente di Archeologia e storia dell'arte del Vicino Oriente Antico nell'Università di Roma "La Sapienza", i Peleset sono i Filistei stanziati lungo la costa meridionale del Levante, i Tjekel o Shekelesh noti come pirati sono attestati verso  il 1100 sulla costa centrale della Palestina, gli Sherden potrebbero aver abitato in parte la piana costiera e le valli della Palestina settentrionale, i Denen erano un elemento importante della popolazione della Cilicia  e infine nei Tersh alcuni riconoscono lo stesso nome nei Tirreni o Tirseni, cioè gli Etruschi. 
Evidentemente ancora mancano troppi tasselli per poter ricostruire la storia dei popoli del mare.

Paolo Matthiae, "Messaggi di civiltà dall'Oriente Antico", Archeologia Viva n° 74, Marzo-Aprile 1999, p 69.

Articolo sottoposto a verifiche.







AGGIORNAMENTO 27 GENNAIO 2019

Il 26 gennaio  nell'edificio chiamato "Museo Casa Manno" è stato presentato il libro "L'impero dei popoli del mare" di Valeria Putzu.
Nel corso dell'incontro la relatrice ha illustrato numerosi reperti che testimoniano un intenso traffico tra la Sardegna e la penisola Iberica. Tali contatti sono stati ascritti ufficialmente al 1200 a. C. ma secondo la Putzu in Catalogna si trova ossidiana del Monte Arci che risale al V-VI millennio a.C.
Questo fa supporre che già in quel periodo i Sardi  solcassero i mari per commerciare.

Posso aggiungere alcune mie riflessioni precisando che spesso, in tempi così antichi, il commercio si svolgeva per tappe. I mercanti Sardi giungevano alle Baleari con il loro prezioso carico che poi veniva trasportato nella penisola dai naviganti delle isole iberiche. Ciò non toglie che i Sardi siano anche sbarcati nella penisola Iberica in tempi tanto antichi. Non dimentichiamo che avevano raggiunto la Sardegna via mare già 6000 anni a.C., quindi possedevano imbarcazioni e conoscevano l'arte nautica.
Piuttosto può essere accaduto che la loro presenza nei mari sia stata limitata  e anche ostacolata nei periodi successivi dallo sviluppo di altre popolazioni che basavano la loro economia sui traffici marittimi, come i Fenici. Erano tempi duri per tutti, e la pirateria era praticata già da allora. Avere il predominio sul mare significava espandere i commerci e arricchirsi perché comunque si trattava di svolgere attività ad alto rischio e chi le praticava aveva importanti vantaggi economici.
Mettere in contatto le coste del Mare Mediterraneo, scambiare i prodotti di tutti i paesi che vi si affacciavano, diffondere allo stesso tempo culture, idee, tecnologie, è stato un elemento indispensabile per lo sviluppo della grande civiltà che poi Roma ha sintetizzato ed ulteriormente diffuso anche nell'entroterra.

Torniamo ora allo studio di Valeria Putzu che ha delineato inoltre  delle vie fluviali e terrestri che attraversavano la penisola Iberica fino a raggiungere, via Francia, la Gran Bretagna dove si trovava lo stagno indispensabile per ottenere il bronzo. Le sue deduzioni si basano sulla somiglianza di costruzioni, di graffiti, di reperti iberici e sardi, e anche sulla toponomastica. Credo che occorrano ulteriori studi e possibilmente simulazioni con i mezzi di trasporto dell'epoca, per ottenere una maggiore attendibilità. Oltre a ciò è bene ricordare che l'ossidiana sarda è stata trovata anche in altri siti non iberici. Quindi i Sardi si spostavano nel bacino del Tirreno raggiungendo diverse coste e questo implica altre ricerche.
E poi sorge spontanea la domanda: gli Iberici o i Balearici venivano in Sardegna?

Per quanto riguarda l'annoso problema (emerso nel corso della presentazione), della chiglia delle navi sarde, assente nei modelli, sembra che le navi nuragiche fossero effettivamente a fondo piatto.  Sarebbe interessante fare delle simulazioni per verificare il comportamento di una nave senza chiglia, munita di altri accorgimenti come degli stabilizzatori, in mare aperto.

4 luglio 2021
Sabato 3 luglio 2021 alle ore 18,30 nella Sala Mosaico del Museo Archeologico della città, l'egittologo Giacomo Caviller ha presentato il suo libro Shardana: navigatori e guerrieri nell'Egitto Ramesside - fonti, storia e mito.

Chi è interessato all'argomento può aprire il seguente sito:
https://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2021/05/12/news/cavillier-e-il-mistero-degli-shardana-1.40266186