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giovedì 10 gennaio 2019

Prima del Conte



Sin da quando era nata, forse si era già nel quaternario, aveva capito di essere solo una spiaggetta, e nient'altro. Non era le cascate del Niagara, né il Gran Canyon, né le Grotte di Nettuno. Era solo una spiaggetta. Non aveva grandi sogni, non poteva pensare di avere milioni di entusiastici visitatori anche perché non avrebbe avuto neppure lo spazio per ospitarli. Aveva imparato presto che la vita può essere un inferno se non si riesce a scoprire la magia del sassolino colorato, della conchiglia iridescente, della risacca che ti canta una melodia infinita, e si va invece alla continua ricerca di illusorie mete irraggiungibili.
Ogni giorno stava là, e quasi ogni giorno qualcuno calpestava la sua sabbia. Niente di che, una sabbia fine di colore tendente al grigio perla, qualche roccia che spuntava qua e là, qualche legno corroso dalla salsedine arrivato chissà da dove, l'astracarura, che presso di lei aveva finalmente trovato un luogo dove riposare.



Certo, avrebbe avuto mille ragioni per lamentarsi. Chi le buttava addosso rifiuti e cicche, chi di notte le lasciava sgraditi ricordini che poi olezzavano per ore ed ore... ma poi pensava ai tanti bambini che avevano imparato a nuotare nella vaschetta contornata da una serie di scogli piatti, ricordava i ragazzi che si erano scambiati proprio sulla sua sabbia il primo bacio, e sapeva che molti la amavano tanto da preferirla a tutte le altre.
E di notte, quando le luci dei lampioni del Lungomare la raggiungevano, sembrava un luogo incantato. Dall'alto il suo mare svelava tutte le sue trasparenze, così risaltavano i fondali a tratti sabbiosi, a tratti disegnati dagli scogli allineati e paralleli, strati geologici di un passato silenzioso e intrigante. Quanto le piaceva la luna quando si specchiava nelle sue acque! Le donava tutto il suo argento e la rivestiva di autentici gioielli scintillanti.
Quasi mai arrivavano grandi tempeste, perché si trovava in un posticino riparato. Giusto qualche mareggiata durante l'inverno quando, per la verità, soffriva un po' la solitudine.
Eppure c'era sempre un motivo per sorridere e, se non c'era, se lo inventava. Aveva capito che era decisamente unica e voleva rimanere così come era. Davanti a lei si snodava un tempo vagabondo e lei voleva imparare a conoscere i ritmi del suo andare lento, antico e seducente. Non c'era possibilità di annoiarsi, di piangersi addosso, di deprimersi. Era troppo forte il desiderio di scoprire i misteri della vita per diventarne una vittima.
Non la annoiava il continuo sciacquio del mare, né la infastidivano il freddo e il caldo, né si lamentava della indifferenza di tanti. Nel caleidoscopio del creato trovava infinite seduzioni per stupirsi ogni giorno.
Lei era una spiaggetta, lo sarebbe stata al meglio per tutta la sua vita, era felice di esserlo e nessuno avrebbe potuto toglierle la gioia di esistere.


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domenica 6 gennaio 2019

Natale 1997



Natale 2018




VECCHIE PAGINE DI DIARIO

30 dicembre 1997

Questo dicembre non sa di Natale. Altri pensieri oscurano le luci intermittenti e allontanano le note delle pastorali. Forse non c'è neanche voglia di Natale. Però ho una gran nostalgia di quel mio primo presepe fatto sul tavolo nella sala da pranzo tra l'insofferenza di mamma e l'entusiasmo di zia Giulia. Come brillavano quelle luci piccole piccole tra il muschio appena raccolto nei terreni incolti attorno a casa e le statuine appena comprate!...
Era il 1959. Andavo avanti e indietro per sentire il ticchettio dei miei primi tacchi: un paio di scarpe blu, tanto carine, che non mi stancavo mai di guardarle.
E la carta stellata era lo sfondo della grotta realizzata col sughero mentre mamma brontolava perché avevo sporcato per terra e zia diceva:

No fazzi nienti, abà cun d'un'istrazzu, vi bò assai a ...  Non ricordo più bene come risuonavano quelle parole in sassarese e mi piacerebbe riascoltarle. Mi ritorna ancora la allegra atmosfera dei miei quattordici anni e ripensandoci mi viene da piangere. Mamma, zia, non ci sono più e anche la casa è cambiata. Ci sono solo io e anch'io sono tanto diversa.
Altri tacchi risuonano nelle stanze: tutto cambia ma, forse, qualcosa ritorna. Un gesto, un modo di parlare, un modo di pensare ... chissà, forse uno sguardo o un sorriso che hanno attraversato i secoli per arrivare fino a noi e seminano ancora per i giorni futuri.

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