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domenica 20 dicembre 2015
Appunti sulla lingua in Sardegna
sabato 26 settembre 2015
Come scrivere l'algherese?
giovedì 17 settembre 2015
A chi giova l'immigrazione?
Gli africani poveri svendono ciò che possiedono e lasciano spazi in Africa dove la popolazione sta aumentando mentre le risorse di cibo scarseggiano. Gli africani si avvantaggiano perché il denaro rimane comunque in Africa dato che i soldi servono per il viaggio gestito da loro. L'Europa si trova una massa di mano d'opera a costo molto basso che può valorizzare risorse abbandonate in quanto gli europei non trovano benefici a sfruttarle dato che il lavoro necessario non rende quanto serve ad un europeo per vivere. Che cosa comporta questo per noi? Il territorio può arricchirsi, può sviluppare un'economia nuova che concilia il lavoro manuale duro e faticoso con un miglioramento delle condizioni generali di sussistenza. Ma per quanto? Quanto tempo ci vorrà perché i nuovi arrivati esigano standard di vita come quelli europei? E soprattutto riusciranno gli europei a difendere il loro status di fronte a popolazioni giovani, fortemente motivate, disposte a privazioni pur di ottenere il loro scopo?
giovedì 16 luglio 2015
Zola e la società nell'ottocento
E. Zola, La conquista di Plassans, Garzanti Editore, 1993, pag.71-72
Nel suo romanzo Germinal Zola riporta questa teoria sui salari.
"Ma si può aumentare il salario? La legge bronzea lo blocca al minimo indispensabile, giusto il necessario perché gli operai mangino pane secco e facciano bambini... Se scende troppo, gli operai crepano e la domanda di nuova manodopera lo fa salire di nuovo. Se sale troppo, l'offerta troppo alta lo fa abbassare .. E' l'equilibrio delle pance vuote, la condanna perpetua all'inferno della fame."
E. Zola, Germinal, Oscar Mondadori 2010, pag. 144
Questa teoria ha avuto molta importanza nella nascita dei movimenti dell'Ottocento a favore dei lavoratori. Quando nel Novecento si è visto che i salari potevano salire e che le condizioni di vita degli operai potevano migliorare la teoria è stata abbandonata.
Ma credo che oggi stia tornando di moda. Attualmente si nota il deprezzamento del lavoro visto che le macchine si stanno sostituendo in maniera massiccia all'uomo.
Penso che la manovra politico-economica messa in atto in Europa sia quella di diminuire il flusso di denaro in circolazione per impedire un'ulteriore espansione dei consumi. Anzi si sta cercando di eliminare ciò che viene giudicato superfluo. Mi chiedo se dietro questi movimenti ci sia una razionalità o se avvenga tutto a insaputa dell'uomo, per un meccanismo naturale di equilibrio delle risorse. Forse la società si comporta proprio come un organismo e adatta i suoi comportamenti alle circostanze del momento.
E' certo che comunque le masse di esclusi che premono dal sud sono sospinte da bisogni naturali irrefrenabili. Ed è altrettanto certo che la loro presenza cambierà il rapporto lavoro-salario. Oltre a ciò chi arriva è una persona fortemente motivata e disposta a tutti i lavori mentre la popolazione europea ha una forma mentis più rilassata e non propensa a ridurre le proprie aspettative. Stiamo vivendo un momento di grande trasformazione nel quale riconosciamo vari elementi: l'informatizzazione che ha tolto lavoro, la globalizzazione che ha aperto i mercati mondiali, l'afflusso in massa di coloro che fino ad ora sono stati esclusi e che rischiano la vita per partecipare al nostro ormai esaurito benessere.
Per il singolo cittadino la vita si è fatta dura. Se ha uno stipendio statale o una pensione sufficiente può ritenersi molto fortunato. Ma per gli altri è dura. Chi ha un'attività deve lavorare senza sosta per cercare di mandarla avanti, i professionisti si contendono i clienti, chi ha immobili tende a disfarsene e questo provoca un abbassamento di prezzi. Anche gli affitti calano mentre non cala la pressione fiscale sui proprietari. Come sempre, per restare a galla vale la vecchia legge dell'adattamento. Sopravvive chi sa adeguarsi più prontamente e riesce a vedere molto lontano.
Come ho già detto altre volte, credo che il problema sia fondamentalmente demografico. La popolazione mondiale si dovrà ridurre drasticamente perché ciascuno abbia il necessario per una vita dignitosa e soddisfacente.
Continuando nella lettura ecco un passaggio sulla Russia di fine Ottocento. Suvarin è un nobile e ricco russo che ha rinunciato a tutto ciò che possedeva per schierarsi con i proletari. Ha lasciato la Russia dopo un fallito attentato allo zar che ha portato all'impiccagione di numerosi compagni tra i quali la sua fidanzata. Fa il meccanico e predica la ribellione contro i borghesi.
Sentiamo il suo pensiero.
"In Russia tutto andava male. I suoi vecchi compagni erano diventati tutti dei politicanti; i famosi nichilisti che facevano tremare l'Europa, figli di preti, piccoli borghesi, mercanti, non andavano al di là della liberazione nazionale, e sembravano credere che, una volta ucciso il despota, il mondo sarebbe stato liberato..
... Aveva rinunciato al suo rango e alla sua ricchezza e si era messo con gli operai solo con la speranza di veder sorgere finalmente quella nuova società del lavoro in comune."
pag. 403 404
Più avanti Etienne Lantier, il protagonista, espone una sua ipotesi: ammettendo che la vecchia società non esistesse più, che fosse stata spazzata via via fino alle briciole; be', non c'era da temere che il nuovo mondo a poco a poco sarebbe stato rovinato dalle stesse ingiustizie, gli uni malati e gli altri in buona salute, gli uni più furbi, più intelligenti, che si arricchivano, e gli altri imbecilli e pigri, che ridiventavano schiavi?
Suvarin allora davanti a quella visione di eterna miseria replica: Se la giustizia non era possibile con l'uomo, bisognava che sparisse l'uomo. Tante erano le società marce, tanti dovevano essere i massacri, fino allo sterminio dell'ultimo essere vivente.
pag. 454 455
Quando infine è chiaro che lo sciopero con tutta la sua scia di lutti e distruzione non ha avuto alcun risultato immediato Etienne sogna ancora di trasformare gli operai in eroi, sogna di guidare il popolo, quella forza della natura che divora se stessa.
pag. 520
Infine vi è una riflessione su Darwin.
Aveva ragione Darwin dicendo che il mondo non è che una lotta, che i forti mangiano i deboli per la bellezza e la continuità della specie? Questa domanda lo metteva in difficoltà .. ma un'idea affascinante dissipò tutti i suoi dubbi .... Se una classe doveva essere divorata, non sarebbe stato forse il popolo, vivace, ancora nuovo, a divorare la borghesia estenuata dai piaceri? La nuova società sarebbe stata formata da sague nuovo. E in questa sua attesa di un'invasione di barbari che avrebbe rigenerato le vecchie nazioni ormai vacillanti, riemergeva la sua fede assoluta in una prossima rivoluzione, quella vera, quella dei lavoratori, che col suo incendio avrebbe infiammato la fine del secolo dello stesso porpora di quel sole nascente che ora vedeva sanguinare nel cielo.
pag. 527
Siamo arrivati alla fine. Nelle ultime pagine Zola ribadisce la sua fede nel riscatto degli operai.
"Forse la violenza non affrettava le cose. ...organizzarsi con calma, conoscersi, riunirsi in sindacati, quando le leggi lo avrebbero permesso; e poi, il giorno in cui milioni di lavoratori, uniti, si fossero trovati di fronte a qualche migliaio di fannulloni, prendere il potere ed essere padroni! Ah, che risveglio di verità e giustizia! ..."
Il libro termina con la frase:
"Spuntavano degli uomini,un esercito nero, vendicatore, che germogliava lentamente nei solchi, che cresceva per le raccolte del secolo futuro; e presto la sua germinazione avrebbe fatto esplodere la terra."
pag. 529-530
E. Zola, Germinal, Oscar Mondadori 2010
Peccato però che, per quante rivoluzioni si facciano, non si fa altro che sostituire una classe di prepotenti ad un'altra di prepotenti.
Però è interessante vedere come gli scrittori di fine ottocento vedevano nascere una società più giusta, più equilibrata. Elementi fondamentali erano l'istruzione, la scienza che creava nuove macchine, e la medicina che trovava nuovi rimedi. Una società istruita, aiutata nel lavoro da macchine sempre più efficienti, curata con medicinali capaci di debellare le malattie, doveva per forza essere una società più equilibrata e felice. Sembra di sentire lo zio Vania di Cechov che sogna un futuro roseo per l'umanità.
Adesso abbiamo tutto ciò che nell'Ottocento era solo un sogno. Perché allora non siamo felici? E il peggio è che oggi non sogniamo più niente. Ci perdiamo dietro effimeri godimenti momentanei che creano noia e angoscia. Ben pochi sono i saggi che hanno capito la filosofia del vivere i momenti in completa sintonia con il nostro essere parte della natura, sempre pronti a spalancare occhi meravigliati di fronte alla varietà inimmaginabile che si crea all'interno degli individui, a qualsiasi specie animale o vegetale appartengano.
Non possiamo conoscere il fine della nostra vita ma possiamo sempre e comunque apprezzarla e sondarla all'infinito con la curiosità del bambino che scopre il mondo.
lunedì 6 luglio 2015
Governo, Corte dei Miracoli
giovedì 21 maggio 2015
Santa Igia e Alghero
lunedì 18 maggio 2015
Alghero agli algheresi - Cimitero di san Michele
Forse si può collocare una pavimentazione di ceramica o altro materiale con impresse le immagini della situazione sottostante così come si è presentata a chi ha scavato. Ciò che è stato fatto sui pannelli adagiati per terra si può probabilmente ripetere su un supporto che sostituisca almeno in parte l'attuale pavimento. Naturalmente non penso a piastrelle ma ad una lastra unica che venga posizionata ad un livello leggermente inferiore alla pavimentazione per dare il senso della profondità. È una magra consolazione per chi vorrebbe che la città evidenziasse una continuità tra il suo passato e l'attuale presente, ma è pur meglio di niente. O forse ci sono ancora delle idee migliori. Ciò che più sconcerta è il fatto che si faccia proprio molto poco per dare a cittadini e visitatori la possibilità di conoscere la storia di Alghero.
tilgio@virgilio.it
domenica 10 maggio 2015
Cognomi ad Alghero dal 1700
In questo documento del 30 gennaio 1795 il cognome Campagna è scritto Campaña. (vedi il cognome riportato sulla sinistra). Sul documento sia nel cognome della madre che in quello della madrina la lettera enne è raddoppiata.
I COGNOMI DI ALGHERO
La pubblicazione è aggiornata alle ricerche di archivio e quando sono presenti delle date significa che, FINO AD ORA, non ho trovato quel cognome in documenti precedenti. Ciò non esclude che vi si trovi in documenti che non ho ancora reperito.
Preciso che i documenti anteriori al 1866 si riferiscono tutti alla diocesi, poiché l'anagrafe comunale ha iniziato le sue registrazioni nel 1866.
CASTELLACCHIU - Castellaccio
CHAMPELLI - Ciampelli (1770) - Campelli
CHIMINO - Cimino (1770)
ESPADA - Spada
(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)
Esiste in località fuori dalla Sardegna il cognome Giaquinto che potrebbe essere la traduzione italiana di Exquinto.
*(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)
GUISALBERTI - Ghisalberti
GUISU - Ghisu
E' un plurale di famiglia e può derivare dalla parola latina caelos (cieli), in sardo chelos, o può essere il vezzeggiativo di Michele che corrisponde al cognome italiano Chelo.
SEQUI - Sechi
SILLENT (1784) - Siglienti
XARBUNC - Sarbunc (1774)
In un atto di matrimonio del 1729 il paese di Dualchi è scritto DUALQUI.
Una particolarità della lingua algherese è che la lettera "elle" a volte si pronuncia "erre".
Succede così che il cognome Mula a volte viene scritto secondo la pronuncia Mura, Planeta viene scritto talvolta Praneta e Biola (cognome dell'ostetrica Virginia torinese) diventa Biora.
Anche Galesio subisce la stessa sorte in quanto viene pronunciato Garesi mentre la grafia non cambia. Attualmente si trova il cognome Gallesio diffuso soprattutto in Piemonte. Non meraviglia il fatto che la "elle" doppia sia diventata semplice ad Alghero dove le doppie sono poco pronunciate.
Un altro cognome che potrebbe essere stato cambiato è Baldino che è diventato Bardino sempre per la pronuncia della lettera elle che diventa erre.
Nel Settecento è arrivata in città la famiglia Giraldi e in breve tempo si trovano nei documenti le due grafie, Giraldi e Girardi, indifferentemente.
ADAMO - ADAMI
Cognome proveniente dalla Campania. Ad Alghero c'è il Vicolo Adami che probabilmente si riferisce all'avvocato Adami.
ALIVESI - LIVESI
E' un cognome di origine corsa. In Sardegna è presente da vari secoli. A Ittiri c'è l'ospedale Alivesi. Di due Alivesi parla Pasquale Tola. Ad Alghero il cognome era molto diffuso nel 1700 e nel 1800. Anche oggi risiedono in città numerosi Livesi e Alivesi, alcuni provenienti da Villanova.
I Camerada sono tuttora molto presenti ad Alghero. Il primo documento sino ad ora trovato è un matrimonio celebrato il 23 settembre 1725. Antonio Pietro Usai si sposa con Giuseppa Camarada. Testi Salvatore Lebiu?, e Antonio Iaia?. Il documento è difficilmente leggibile ma i cognomi degli sposi sono chiari.
Il 21 maggio 1776 Claudio Champeli. è il padrino di cresima di Antonio Fatachiu.
*(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)
Il soprannome potrebbe avere anche attinenza con il termine "mostazzaffo" che nel periodo spagnolo designava il sovrintendente ai mercati e vigilava su tutto ciò che concerneva la quantità e qualità dei viveri nelle città regie. La carica fu abolita nel 1836. (1)
Naturalmente questa è solo una mia ipotesi che non ha alcun riscontro nei documenti e si basa soltanto sulla somiglianza tra i due termini. In spagnolo il mostazzaffo è l'amostassen e l'assonanza con Mustazzu è anche maggiore che con l'italiano. Bisognerebbe provare il nesso tra la famiglia e la carica in questione. O si tratta di un soprannome messo per scherzo?
Tra i cognomi di origine catalana presenti ad Alghero cito Pons che era molto diffuso nel settecento e ottocento e probabilmente Canelles/Caneglias ancora presente.
(1) Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore
Il 12 febbraio 1726 Salvatore Angelo Nieddu si sposa a casa con Giuseppa Ortu. Testi il Magnifico Giorgio Ayraldo console della Serenissima Repubblica di Genova e il tenente Salvatore Esquintu.
DOCUMENTO RIPORTATO IN ORIGINALE
Dia 25 de gener 1727
Fas fée Antoni Rodò domer, de orde del S. Vicari G. Salvagnolo lo Lei?, Juan Baptista
Ledda?, ha desposat a Antoni Kirieleizò, alias Sargient la Granatta, natural de Messina
en Sicilia, y Maria Cathalina Menali de la ciutat de Ibrea (Ivrea) en Piamonti solters,
presens per testimonis Maurissi Morena sargent, natural de Limon en Piamonti, y Nicolau
Prinseli/Rinseli natural de Consencia (Cosenza) ex Calabria, tots del segons batallò del
Rt. de Sicilia; no se ha fet monestassiò alguna, en faes Die et anno.
Nel novembre 1795 muore Carmina Fresco di Torre del Greco di circa 30 anni, e viene sepolta in cattedrale.
Il 5 febbraio 1798 nasce Francesca Dorotea Mura figlia di Francesco Giuseppe Mura e di Elisabetta Pirisi. PP Raimondo Enrico (fu Giuseppe Enrico di Genova e della vedova Giovanna Maria Alziator) e Giovanna Maria Alziator.
Le notizie tratte da documenti relativi a persone con cognome tedesco si trovano nel post Cognomi Tedeschi ad Alghero.
Ringrazio inoltre coloro che volessero fornirmi ulteriori notizie e precisazioni. In particolare sono interessata ai cognomi Rosella, Alivesi, Ceravola, Camerada e Serra.
martedì 7 aprile 2015
I Nuragici navigavano?
Su quegli antichi viaggi rimangono alcuni interrogativi: chi si avventurava per mare in tempi tanto antichi? Che cosa cercava? Qual era lo scopo del suo spingersi in zone sconosciute, mettendo a repentaglio la propria vita? Sapeva già di trovare un approdo o andava alla ricerca di un ipotetico luogo dove trovare pace e benessere? Oppure aveva sbagliato rotta o era stato spinto dalla tempesta sui nostri lidi? Tutte queste sono domande senza risposta, al momento.
Un prezioso elemento di informazione sugli spostamenti di genti e culture ci arriva dalla presenza del bicchiere campaniforme (beaker) diffuso in tutta l'Europa e nel Nordafrica. In Sardegna il beaker arriva dalle coste iberiche e francesi intorno al 2100 a.C. e dalla nostra isola raggiunge la Sicilia. E' interessante il fatto che la Sardegna facesse da ponte tra le coste europee e la Sicilia*.
I Micenei raggiungono l'apice della loro attività marinara intorno al XVI-XII secolo a. C***. In seguito il loro predominio sul Mediterraneo cessa e intorno al 1000 il loro posto viene preso dai Fenici. Perché la storia non parla della navigazione dei Nuragici che nel frattempo, in piena età del Bronzo, ricoprono il territorio sardo di torri?
* Archeologia Viva - Prima Sicilia - n° 63, Maggio-Giugno 1997 p. 52
** Archeologia Viva -Cipro e il Mediterraneo - n° 99,Maggio-Giugno 2003, pag. 52
***Archeologia Viva -Intervista a Sebastiano Tusa - n°180, Novembre-dicembre 2016, pag. 72
«a queste condizioni ci sia amicizia fra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi: né i Romani né gli alleati dei Romani navighino al di là del promontorio Bello (che delimitava il golfo di Cartagine), a meno che non vi siano costretti da una tempesta o da nemici. Qualora uno vi sia trasportato a forza, non gli sia permesso di comprare né prendere nulla tranne quanto gli occorre per riparare l'imbarcazione o per compiere sacrifici, e si allontani entro cinque giorni. A quelli che giungono per commercio non sia possibile portare a termine nessuna transazione se non in presenza di un araldo o di un cancelliere. Quanto sia venduto alla presenza di costoro, se venduto in Libia o in Sardegna sia dovuto al venditore sotto la garanzia dello stato. Qualora un Romano giunga in Sicilia, nella parte controllata dai Cartaginesi, siano uguali tutti i diritti dei Romani. I Cartaginesi non commettano torti ai danni degli abitanti di Ardea, Anzio, Laurento, Circei, Terracina, né di alcun altro dei Latini, quanti sono soggetti; nel caso che quelli non soggetti si tengano lontani dalle loro città: ciò che prendano, restituiscano ai Romani intatto. Non costruiscano fortezze nel Lazio. Qualora penetrino da nemici nella regione, non passino la notte nella regione».
Pare che nel 1100 a. C. i Fenici siano arrivati a Cadice in Spagna
Nel VII - VI secolo gli Etruschi si aggiungono ai popoli navigatori
Trova molto improbabile che, in un periodo nel quale i Fenici "non avevano oltrepassato il secondo bacino del Mediterraneo" vi fossero già dei navigatori tanto arditi da navigare così frequentemente e così lontano dalla patria per incontrarsi al fine di formare una alleanza per assaltare l'Egitto. Intorno al 1000 pareva già un'impresa grandiosa la spedizione contro Troia che pure non era tanto lontana dalla Grecia.
Per quanto riguarda i Tirreni la più antica notizia delle loro azioni di pirateria risale all'VIII secolo*.
* Ettore Pais, La Sardegna preromana, Ed Trois, Cagliari, 1881, pp. 261-262
La navigazione in quegli antichi tempi era connessa al commercio. Che cosa commerciavano questi popoli sardi in tutto il Mediterraneo, e come è possibile che di questi traffici non sia rimasta alcuna memoria?
Tutto è possibile, ma tutto deve avere una motivazione e una logica.
INVASIONI DEI POPOLI DEL MARE
Intorno al 1200 a.C. alla fine della tarda Età del Bronzo si registra nel Mediterraneo la fine del clima pacifico che aveva favorito i liberi scambi. Nell'Egeo, nel Mediterraneo Centrale e in Anatolia si verificano condizioni instabili che causano gravi disordini. La conseguenza è un massiccio spostamento di popolazioni alla ricerca di migliori condizioni di vita nel Mediterraneo orientale. I rifugiati cercano dimora in varie regioni del Levante e a Cipro, talvolta pacificamente e in altri casi no. Sono le invasioni dei Popoli del mare che a più riprese portano scompiglio nel Mediterraneo nel XIII sec. a.C.
Alcuni profughi originari dell'Egeo trovano collocazione a Cipro dove si uniscono alla popolazione portando con sé il proprio vasellame da cucina e le proprie tecniche di tessitura. In Palestina si nota l'introduzione di elementi culturali micenei come vasellame, pesi da telaio, vasche da bagno, focolari centrali.
Tra i nuovi abitanti di Cipro ci sono gruppi provenienti da Creta e dal Mediterraneo occidentale.
Scavi a Pyla-Kokki-Nocremos hanno fatto ritrovare un gran numero di vasi da stoccaggio di ceramica sarda, la handmade Burnished ware, i cui centri di produzione si trovano in Sicilia e in Sardegna. Tra i popoli del Mare vengono nominati gli Shekels (Siculi) e gli Shardana (Sardi).
Archeologia Viva n° 159 - maggio-giugno 2013, pag. 47
Ma non tutti sono d'accordo sull'identità dei Popoli del Mare.
Secondo Paolo Matthiae, docente di Archeologia e storia dell'arte del Vicino Oriente Antico nell'Università di Roma "La Sapienza", i Peleset sono i Filistei stanziati lungo la costa meridionale del Levante, i Tjekel o Shekelesh noti come pirati sono attestati verso il 1100 sulla costa centrale della Palestina, gli Sherden potrebbero aver abitato in parte la piana costiera e le valli della Palestina settentrionale, i Denen erano un elemento importante della popolazione della Cilicia e infine nei Tersh alcuni riconoscono lo stesso nome nei Tirreni o Tirseni, cioè gli Etruschi.
Evidentemente ancora mancano troppi tasselli per poter ricostruire la storia dei popoli del mare.
Paolo Matthiae, "Messaggi di civiltà dall'Oriente Antico", Archeologia Viva n° 74, Marzo-Aprile 1999, p 69.
Articolo sottoposto a verifiche.
AGGIORNAMENTO 27 GENNAIO 2019
Il 26 gennaio nell'edificio chiamato "Museo Casa Manno" è stato presentato il libro "L'impero dei popoli del mare" di Valeria Putzu.
Nel corso dell'incontro la relatrice ha illustrato numerosi reperti che testimoniano un intenso traffico tra la Sardegna e la penisola Iberica. Tali contatti sono stati ascritti ufficialmente al 1200 a. C. ma secondo la Putzu in Catalogna si trova ossidiana del Monte Arci che risale al V-VI millennio a.C.
Questo fa supporre che già in quel periodo i Sardi solcassero i mari per commerciare.
Posso aggiungere alcune mie riflessioni precisando che spesso, in tempi così antichi, il commercio si svolgeva per tappe. I mercanti Sardi giungevano alle Baleari con il loro prezioso carico che poi veniva trasportato nella penisola dai naviganti delle isole iberiche. Ciò non toglie che i Sardi siano anche sbarcati nella penisola Iberica in tempi tanto antichi. Non dimentichiamo che avevano raggiunto la Sardegna via mare già 6000 anni a.C., quindi possedevano imbarcazioni e conoscevano l'arte nautica.
Piuttosto può essere accaduto che la loro presenza nei mari sia stata limitata e anche ostacolata nei periodi successivi dallo sviluppo di altre popolazioni che basavano la loro economia sui traffici marittimi, come i Fenici. Erano tempi duri per tutti, e la pirateria era praticata già da allora. Avere il predominio sul mare significava espandere i commerci e arricchirsi perché comunque si trattava di svolgere attività ad alto rischio e chi le praticava aveva importanti vantaggi economici.
Mettere in contatto le coste del Mare Mediterraneo, scambiare i prodotti di tutti i paesi che vi si affacciavano, diffondere allo stesso tempo culture, idee, tecnologie, è stato un elemento indispensabile per lo sviluppo della grande civiltà che poi Roma ha sintetizzato ed ulteriormente diffuso anche nell'entroterra.
Torniamo ora allo studio di Valeria Putzu che ha delineato inoltre delle vie fluviali e terrestri che attraversavano la penisola Iberica fino a raggiungere, via Francia, la Gran Bretagna dove si trovava lo stagno indispensabile per ottenere il bronzo. Le sue deduzioni si basano sulla somiglianza di costruzioni, di graffiti, di reperti iberici e sardi, e anche sulla toponomastica. Credo che occorrano ulteriori studi e possibilmente simulazioni con i mezzi di trasporto dell'epoca, per ottenere una maggiore attendibilità. Oltre a ciò è bene ricordare che l'ossidiana sarda è stata trovata anche in altri siti non iberici. Quindi i Sardi si spostavano nel bacino del Tirreno raggiungendo diverse coste e questo implica altre ricerche.
E poi sorge spontanea la domanda: gli Iberici o i Balearici venivano in Sardegna?
Per quanto riguarda l'annoso problema (emerso nel corso della presentazione), della chiglia delle navi sarde, assente nei modelli, sembra che le navi nuragiche fossero effettivamente a fondo piatto. Sarebbe interessante fare delle simulazioni per verificare il comportamento di una nave senza chiglia, munita di altri accorgimenti come degli stabilizzatori, in mare aperto.