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domenica 20 dicembre 2015

Appunti sulla lingua in Sardegna



Chiaramonti



Nel suo libro "Paese d'ombre" Giuseppe Dessì ci dà un'informazione della lingua in Sardegna nei primi decenni dell'Ottocento. Il suo romanzo ha come collocazione Villacidro.

In paese arriva un ingegnere torinese, Antonio Ferraris per occuparsi delle miniere e del combustibile necessario per le Regie Fonderie.
C'era una alluvione e occorreva rinforzare l'argine del torrente per impedire che l'acqua inondasse il paese. L'ingegnere parlava ai paesani per chiede il loro aiuto "ma solo alcuni capivano ciò che diceva. Se avesse parlato spagnuolo, tutti avrebbero capito, vecchi e giovani, ma l'uomo barbuto era piemontese e parlava italiano." (pag. 106)

Questo passaggio è estremamente interessante: a 150 anni dal passaggio dell'Isola ai Savoia l'italiano in Sardegna è ancora una lingua straniera.

sabato 26 settembre 2015

Come scrivere l'algherese?


Quando è stata inventata la scrittura, attraverso mille passaggi documentati da reperti archeologici e da pitture, l'uomo ha dovuto risolvere una quantità incredibile di difficoltà. Sono passati millenni per arrivare a concepire una scrittura basata sui suoni e anche questa soluzione ha richiesto numerosi passaggi per arrivare al nostro codice alfabetico e alle nostre regole fonetiche. Ogni lingua ha i suoi punti deboli e se non la si conosce a fondo è facile cadere in errore.
Quando ad Alghero nei primi decenni del Novecento si è cercato di dare forma scritta alla parlata algherese ci si è scontrati con le mille particolarità di una pronuncia che doveva trovare il suo corrispondente grafico che rappresentasse con esattezza il relativo suono. La via più semplice è sembrata quella di prendere la scrittura catalana per cercare di raffigurare quelle sonorità con le regole catalane di Barcellona. Questa operazione ha portato come conseguenza l'impossibilità di leggere scritti algheresi per chi non ha appreso quelle regole. Alcune parole, con tale sistema, vengono rese irriconoscibili a chi non ha una adeguata preparazione.

Non conosco scritti letterari algheresi del periodo catalano e non so se ne esistano. La mia esperienza si restringe ai Quinque Libri dell'Archivio Diocesano. Leggendo le annotazioni di nascite, cresime, matrimoni e morti, ho potuto fare delle osservazioni.
Fino al 1790-1800 i cognomi venivano scritti secondo la grafia spagnola consolidata nei circa 400 anni precedenti. La dominazione iberica era finita nel 1714 e per alcuni decenni si è continuato ad usare le regole fonetiche spagnole. Farò alcuni esempi.
Achenza è scritto Aquenza, Chelos diventa Quelos, Battaglia è scritto Battalla, Catogno e Ogno diventano Catoño e Oño, Caneglias è Canelles, Castellacciu è Castellacchiu, Ciampelli è Champelly, Schintu è Squintu, Ghilleri è Guilleri, Siglient è Sillent, Sarbunc è Xarbunc ....



Nell'atto scritto in latino si legge che il 28 Luglio 1791 è morto Didaco Rusella figlio di Antonio Rusella e di Didaca Pisquedda. Ha 2 anni e viene sepolto nella chiesa di Santa Croce.
La data completa si ricava dagli atti precedenti.

Ho riferito solo alcuni cognomi dei tanti che nei registri diocesani hanno la grafia spagnola. Man mano che ci avviciniamo al 1800 si notano dei cambiamenti e i cognomi iniziano a perdere la grafia spagnola per assumere quella italiana visto che l'Isola nel 1720 era stata assegnata ai Savoia (che peraltro parlavano in francese).
Questo dato fa riflettere e porta a vedere in questo adeguamento il naturale uso della lingua corrente per coloro che nelle scuole hanno appreso a scrivere in italiano e non più in spagnolo.

I rari esempi antichi di algherese scritto che conosco riguardano strofette e versi satirici tramandati oralmente e trascritti in grafia italiana. Può essere una mia ignoranza non conoscere scritti popolari antichi in grafia catalana ma al momento non mi risulta che ne esistano. Occorre ricordare che l'algherese è una parlata e credo proprio che fino ai primi decenni del 1900 nessuno si sia posto il problema di come scriverla, e quando ha scritto qualcosa, ha usato le regole dell'italiano.

Queste osservazioni non mi fanno dimenticare che c'è il problema di una grafia che unifichi le parlate di un gruppo linguistico. Anche per il sardo si presenta la stessa questione. Come scrivere i termini sardi, la cui pronuncia cambia da paese a paese, in modo da fare del sardo una lingua letteraria scritta?
Tutte le lingue hanno dovuto affrontare questo passaggio, italiano compreso. Alla fine si stabiliscono delle regole che ovviamente saranno ostacoli da superare per chi ha una pronuncia locale, ma la lingua scritta è una, a prescindere dalle varianti regionali. Per dare la possibilità di usare correttamente la lingua italiana scritta c'è una scuola dove non si dà tregua allo studente per le doppie, gli accenti, e quant'altro. Ci vorrebbero dunque delle scuole per ciascuna variante linguistica, ma prima ancora ci vorrebbero delle persone che parlano tali varianti.


Carré de la Rora . Se non si conoscono le regole della grafia catalana si pronuncia ciò che si legge.


Ora io mi chiedo: perché accanirsi per una grafia catalana dell'algherese, quando il vero problema è che la lingua locale si sta irrimediabilmente perdendo? Adesso è più importante non dimenticare la pronuncia delle parole algheresi che ormai vengono storpiate grazie ai toponimi che danno solo l'indicazione in catalano scritto e che vengono regolarmente letti secondo quella indicazione. Chi ci ridarà la corretta pronuncia quando nessuno più parlerà l'algherese? Questi sono quesiti aperti che attendono risposte.





giovedì 17 settembre 2015

A chi giova l'immigrazione?

Più si va avanti, più mi chiedo che cosa ci sia dietro questo massiccio spostamento di persone dal sud al nord nel blocco Eurasia e Africa. Posso credere che il movimento inizialmente sia stato spontaneo ma adesso sospetto che ci sia dietro una strategia nella quale l'Europa ha la sua parte. C'è un accordo ai vertici? Proviamo a pensare a costi e benefici, per quel che ne possiamo capire.



Gli africani poveri svendono ciò che possiedono e lasciano spazi in Africa dove la popolazione sta aumentando mentre le risorse di cibo scarseggiano. Gli africani si avvantaggiano perché il denaro rimane comunque in Africa dato che i soldi servono per il viaggio gestito da loro. L'Europa si trova una massa di mano d'opera a costo molto basso che può valorizzare risorse abbandonate in quanto gli europei non trovano benefici a sfruttarle dato che il lavoro necessario non rende quanto serve ad un europeo per vivere. Che cosa comporta questo per noi? Il territorio può arricchirsi, può sviluppare un'economia nuova che concilia il lavoro manuale duro e faticoso con un miglioramento delle condizioni generali di sussistenza. Ma per quanto? Quanto tempo ci vorrà perché i nuovi arrivati esigano standard di vita come quelli europei? E soprattutto riusciranno gli europei a difendere il loro status di fronte a popolazioni giovani, fortemente motivate, disposte a privazioni pur di ottenere il loro scopo?
Oggi c'è l'emergenza migrazione, ci sono vite da salvare. Domani ci sarà una nuova società dove ci saranno i diritti di tutti da salvaguardare. Si può veramente cercare di deviare il corso di questi eventi? L'Africa e l'Asia hanno risposto in tanti modi all'azione colonizzatrice europea che con la tracotanza del più forte ha approfittato delle risorse dei più deboli. Allora non si sono potuti fermare gli europei, oggi non si possono fermare africani ed asiatici. È la storia che trascina il tempo con il suo flusso ora tranquillo ora burrascoso e l'uomo la subisce cercando di intervenire a suo vantaggio. Anche questa volta c'è dietro il suo zampino?

giovedì 16 luglio 2015

Zola e la società nell'ottocento

Nel suo romanzo "La conquista di Plassans" Emile Zola fa il ritratto di Aix-en-Provence nella seconda metà dell'Ottocento durante l'impero prima del 1870.
La sua analisi è interessante perché evidenzia la mentalità della classe sociale che sta tra gli aristocratici e il popolo. Imbalsamati e nostalgici i primi, inesistente il secondo.

"Plassans è divisa in tre quartieri assolutamente separati: il quartiere vecchio, nel quale avrete soltanto da portare consolazioni ed elemosine; il quartiere di san Marco, abitato dall'aristocrazia, un luogo di noia e di rancori di cui non diffiderete mai abbastanza; e la città nuova, il quartiere che tuttora si sta sviluppando attorno alla sottoprefettura, l'unico possibile, l'unico dove si può respirare ... io avevo commesso l'errore di prendere alloggio nel quartiere di San Marco, che supponevo adatto alle mansioni della mia carica. Ah, ve lo assicuro, non vi ho trovato che vedove rinsecchite come vecchi tronchi d'albero e marchesi imbalsamati. tutta quella gente rimpiangeva il tempo in cui Berta filava. Nessun ricevimento, neppure l'ombra di una festicciola; una cospirazione sorda contro il regime pacifico sotto il quale felicemente viviamo ... Ho corso il rischio di passare dei guai, parola d'onore ...
... Allora sono passato al di là del corso Sauvaire, ho preso un appartamento là, nella piazza. Vedete, a Plassans il popolo non esiste, l'aristocrazia sta chiusa nel proprio guscio, sono sopportabili soltanto alcuni parvenus, presone gentili che si danno molto da fare per chi ha una certa posizione. il nostro piccolo mondo di funzionari si trova molto a suo agio. Viviamo tra di noi, a modo nostro, senza curarci della popolazione, come se avessimo piantato le nostre tende  in un paese conquistato."

E. Zola, La conquista di Plassans, Garzanti Editore, 1993, pag.71-72 

La descrizione può essere riferita a qualsiasi città europea di quel periodo. Con l'aggiunta della beneficenza che le classi borghesi fanno al popolo che si trascina nella miseria più assoluta.

Nel suo romanzo Germinal Zola riporta questa teoria sui salari.
"Ma si può aumentare il salario? La legge bronzea lo blocca al minimo indispensabile, giusto il necessario perché gli operai mangino pane secco e facciano bambini... Se scende troppo, gli operai crepano e la domanda di nuova manodopera lo fa salire di nuovo. Se sale troppo, l'offerta troppo alta lo fa abbassare .. E'  l'equilibrio delle pance vuote, la condanna perpetua all'inferno della fame."

E. Zola, Germinal, Oscar Mondadori 2010, pag. 144

Questa teoria ha avuto molta importanza nella nascita dei movimenti dell'Ottocento a favore dei lavoratori. Quando nel Novecento si è visto che i salari potevano salire e che le condizioni di vita degli operai potevano migliorare la teoria è stata abbandonata.
Ma credo che oggi stia tornando di moda. Attualmente si nota il deprezzamento del lavoro visto che le macchine si stanno sostituendo in maniera massiccia all'uomo.
Penso che la manovra politico-economica messa in atto in Europa sia quella di diminuire il flusso di denaro in circolazione  per impedire un'ulteriore espansione dei consumi. Anzi si sta cercando di eliminare ciò che viene giudicato superfluo. Mi chiedo se dietro questi movimenti ci sia una razionalità o se avvenga tutto a insaputa dell'uomo, per un meccanismo naturale di equilibrio delle risorse. Forse la società si comporta proprio come un organismo e adatta i suoi comportamenti alle circostanze del momento.
E' certo che comunque le masse di esclusi che premono dal sud sono sospinte da bisogni naturali irrefrenabili. Ed è altrettanto certo che la loro presenza cambierà il rapporto lavoro-salario. Oltre a ciò chi arriva è una  persona fortemente motivata e disposta a tutti i lavori mentre la popolazione europea ha una forma mentis più rilassata e non propensa a ridurre le proprie aspettative. Stiamo vivendo un momento di grande trasformazione nel quale riconosciamo vari elementi: l'informatizzazione che ha tolto lavoro, la globalizzazione che ha aperto i mercati mondiali, l'afflusso in massa di coloro che fino ad ora sono stati esclusi e che rischiano la vita per partecipare al nostro ormai esaurito benessere.
Per il singolo cittadino la vita si è fatta dura. Se ha uno stipendio statale o una pensione sufficiente può ritenersi molto fortunato. Ma per gli altri è dura. Chi ha un'attività deve lavorare senza sosta per cercare di mandarla avanti, i professionisti si contendono i clienti, chi ha immobili tende a disfarsene e questo provoca un abbassamento di prezzi. Anche gli affitti calano mentre non cala la pressione fiscale sui proprietari. Come sempre, per restare a galla vale la vecchia legge dell'adattamento. Sopravvive chi sa adeguarsi più prontamente e riesce a vedere molto lontano.

Come ho già detto altre volte, credo che il problema sia fondamentalmente demografico. La popolazione mondiale si dovrà ridurre drasticamente perché ciascuno abbia il necessario per una vita dignitosa e soddisfacente.

Continuando nella lettura ecco un passaggio sulla Russia di fine Ottocento. Suvarin è un nobile e ricco russo che ha rinunciato a tutto ciò che possedeva per schierarsi con i proletari. Ha lasciato la Russia dopo un fallito attentato allo zar che ha portato all'impiccagione di numerosi compagni tra i quali la sua fidanzata. Fa il meccanico e predica la ribellione contro i borghesi.
Sentiamo il suo pensiero.
"In Russia tutto andava male. I suoi vecchi compagni erano diventati tutti dei politicanti; i famosi nichilisti che facevano tremare l'Europa, figli di preti, piccoli borghesi, mercanti, non andavano al di là della liberazione nazionale, e sembravano credere che, una volta ucciso il despota, il mondo sarebbe stato liberato..
... Aveva rinunciato al suo rango e alla sua ricchezza e si era messo con gli operai solo con la speranza di veder sorgere finalmente quella nuova società del lavoro in comune."
 pag. 403 404

Più avanti Etienne Lantier, il protagonista, espone una sua ipotesi: ammettendo che la vecchia società non esistesse più, che fosse stata spazzata via via fino alle briciole; be', non c'era da temere che il nuovo mondo a poco a poco sarebbe stato rovinato dalle stesse ingiustizie, gli uni malati e gli altri in buona salute, gli uni più furbi, più intelligenti, che si arricchivano, e gli altri imbecilli e pigri, che ridiventavano schiavi?
Suvarin allora davanti a quella visione di eterna miseria replica: Se la giustizia non era possibile con l'uomo, bisognava che sparisse l'uomo. Tante erano le società marce, tanti dovevano essere i massacri, fino allo sterminio dell'ultimo essere vivente.
pag. 454 455

Quando infine è chiaro che lo sciopero con tutta la sua scia di lutti e distruzione non ha avuto alcun risultato immediato Etienne sogna ancora di trasformare gli operai in eroi, sogna di guidare il popolo, quella forza della natura che divora se stessa.
pag. 520

Infine vi è una riflessione su Darwin.
Aveva ragione Darwin dicendo che il mondo non è che una lotta, che i forti mangiano i deboli per la bellezza e la continuità della specie? Questa domanda lo metteva in difficoltà .. ma un'idea affascinante dissipò tutti i suoi dubbi .... Se una classe doveva essere divorata, non sarebbe stato forse il popolo, vivace, ancora nuovo, a divorare la borghesia estenuata dai piaceri? La nuova società sarebbe stata formata da sague nuovo. E in questa sua attesa di un'invasione di barbari che avrebbe rigenerato le vecchie nazioni ormai vacillanti, riemergeva la sua fede assoluta in una prossima rivoluzione, quella vera, quella dei lavoratori, che col suo incendio avrebbe infiammato la fine del secolo dello stesso porpora di quel sole nascente che ora vedeva sanguinare nel cielo.
pag. 527

Siamo arrivati alla fine. Nelle ultime pagine Zola ribadisce la sua fede nel riscatto degli operai.
"Forse la violenza non affrettava le cose. ...organizzarsi con calma, conoscersi, riunirsi in sindacati, quando le leggi lo avrebbero permesso; e poi, il giorno in cui milioni di lavoratori, uniti, si fossero trovati di fronte a qualche migliaio di fannulloni, prendere il potere ed essere padroni! Ah, che risveglio di verità e giustizia! ..."
Il libro termina con la frase:
"Spuntavano degli uomini,un esercito nero, vendicatore, che germogliava lentamente nei solchi, che cresceva per le raccolte del secolo futuro; e presto la sua germinazione avrebbe fatto esplodere la terra."
pag. 529-530

E. Zola, Germinal, Oscar Mondadori 2010

Peccato però che, per quante rivoluzioni si facciano, non si fa altro che sostituire una classe di prepotenti ad un'altra di prepotenti.
Però è interessante vedere come gli scrittori di fine ottocento vedevano nascere una società più giusta, più equilibrata. Elementi fondamentali erano l'istruzione, la scienza che creava nuove macchine, e la medicina che trovava nuovi rimedi. Una società istruita, aiutata nel lavoro da macchine sempre più efficienti, curata con medicinali capaci di debellare le malattie, doveva per forza essere una società più equilibrata e felice. Sembra di sentire lo zio Vania di Cechov che sogna un futuro roseo per l'umanità.
Adesso abbiamo tutto ciò che nell'Ottocento era solo un sogno. Perché allora non siamo felici? E il peggio è che oggi non sogniamo più niente. Ci perdiamo dietro effimeri godimenti momentanei che creano noia e angoscia. Ben pochi sono i saggi che hanno capito la filosofia del vivere i momenti in completa sintonia con il nostro essere parte della natura, sempre pronti a spalancare occhi meravigliati di fronte alla varietà inimmaginabile che si crea all'interno degli individui, a qualsiasi specie animale o vegetale appartengano.
Non possiamo conoscere il fine della nostra vita ma possiamo sempre e comunque apprezzarla e sondarla all'infinito con la curiosità del bambino che scopre il mondo.

lunedì 6 luglio 2015

Governo, Corte dei Miracoli


"La zattera della Medusa"  di Gericault


Oggi voglio fare una retrospettiva dei pasticci italiani.
Quando l'Italia doveva reperire soldi per soddisfare l'Europa, destra e sinistra si sono guardate in faccia e hanno pensato che mai e poi mai avrebbero potuto trovare quei soldi in maniera indolore. Infatti non era pensabile fare tagli o imporre altre tasse perché avrebbero perso elettorato e meno che meno potevano togliere le mani dalla cassa per lasciarvi il denaro necessario al momento. Ed è lì che arriva il colpo di genio. Il lavoro sporco lo farà un governo "tecnico" non interessato al voto che troverà il denaro necessario all'Europa. Napolitano, sempre molto servizievole, chiama allora Monti che mette su una squadra di esattori. Benissimo intervenire sulle pensioni dato che i pensionati non possono nemmeno fiatare. Poi Monti vorrebbe intervenire sui "privilegi" di farmacisti, tassisti e notai. Eh, no! I privilegi non si toccano!

E così, visto che lo spread è sceso, e che il tempo è passato, si fanno nuove elezioni. Bersani prova a fare un governo ma non ha i numeri. Mai lasciare il campo ai 5Stelle che governerebbero, ma non si può. Letta riesce a salire sulla poltrona ma Marchionne non è contento. In tutto questo panorama è intanto apparso un personaggio che continuava a dire "Rottamiamo tutti. Io so come fare per risolvere i problemi del paese".  Il quadro politico è talmente confuso che Napolitano, ricattato, deve prolungare il suo mandato perché solo di lui ci si fida.

E, dopo che il personaggio in questione è riuscito a diventare segretario del PD grazie alle primarie pilotate da Berlusconi che nutre grandi speranze su di lui, dopo le ripetute assicurazioni a Letta che mai e poi mai sarebbe stato sostituito, Napolitano incarica il figuro di fare il nuovo governo. Grande soddisfazione di Berlusconi che pensa di tirare a suo agio i fili della marionetta e più grande soddisfazione di Marchionne che vede finalmente realizzato un suo sogno. Licenziamento dei lavoratori, assunzione a tutele crescenti, mano libera all'imprenditore.

Ma l'Italia non lesina le sorprese al suo pubblico, cioè al suo popolo. Adesso le pensioni vanno reintegrate, le leggi che valevano per estromette Berlusconi dalla politica non valgono per De Luca, e vedremo quale altro sollazzo scaturirà da questa moderna Corte dei Miracoli di mentecatti che occupano il governo e le istituzioni che barcamenano il paese.

Ma noi sappiamo bene che la politica altro non è che la presa d'atto delle modifiche nella situazione economica mondiale.

La cruda realtà è che il lavoro ha perso il valore economico, le masse oggi non sono altro che bocche da sfamare, i soldi sono diventati virtuali, nominativi, frutto di scambi teorici che includono la vendita di debiti e la maturazione di interessi che mai e poi mai verranno onorati perché i debitori mai e poi mai ne avranno la possibilità. La marea di poveri che preme per cercare la sopravvivenza farà crollare ancora di più le nostre certezze di figli del boom economico anni sessanta che è stato solo una meteora che ha attraversato fulmineamente un cielo di miseria e sopraffazioni. Ancora ci culliamo nel nostro piccolo mondo di benessere ma già sentiamo il fiato sul collo di tanti che ci osservano e pensano che non sia giusto, e dicono che tutti hanno il diritto di partecipare alle risorse del pianeta.
Come andrà a finire?

giovedì 21 maggio 2015

Santa Igia e Alghero

Durante la colazione di solito leggo qualcosa. In questo periodo sto sfogliano "Archeologia Viva". Stamattina il latte mi è andato un po' di traverso quando ho letto un articolo dello storico sardo Francesco Cesare Casula su Santa Igia pubblicato  nel n°163 del gennaio-febbraio 2014 a pag .66 e seg. di Archeologia Viva.
Dopo aver fatto una sintesi della storia dell'antica capitale sorta a Santa Igia quando Cagliari fu abbandonata a causa delle incursioni dei cosiddetti barbareschi, lo storico racconta la sua definitiva distruzione ad opera di altri "barbari".
Nella seconda metà del XX secolo nella zona dell'antico sito sono stati edificati il mattatoio, le poste, e un complesso commerciale della Città Mercato. Negli anni ottanta si decide di far passare una strada sopraelevata. Ora lascio la parola allo storico.

"Chi scrive* protestò sui giornali locali, alla televisione e in sede politica presso la regione Autonoma; organizzò sit-in di studenti, e perfino un Congresso, i cui atti furono pubblicati (1983) in un grosso volume intitolato S. Igia, capitale giudicale. Un inestimabile bene archeologico da salvare alle porte di Cagliari. Ma fu tutto inutile. Le foto delle fosse all'epoca scavate dalle ruspe per collocare i plinti della sopraelevata mostrano lo scempio perpetrato sui resti della capitale sepolta. E per finire, una grande distesa di asfalto, versato nottetempo alla luce delle fotoelettriche ..."

*Francesco Cesare Casula

Io mi auguro vivamente che nel frattempo (sono passati più di trent'anni) si sia provveduto ad istituire leggi per la protezione di siti così importanti. Ma veramente piange il cuore se si pensa che parti fondamentali della nostra storia suscettibili di ricerche e studi capaci di far luce in periodi veramente bui come il medioevo sardo siano stati cancellati con tanta scellerata stupidità. E fa crescere la rabbia sapere che c'è stato chi si è battuto con tutte le armi a disposizione per evitare la sciagura ma la sua lotta si è rivelata inutile. 
Eppure se questa sconfitta riesce ancora oggi a darci spunti di riflessione e fa nascere forti sentimenti, ritrova una sua funzione. Infatti fa sorgere in noi l'assoluta necessità di valutare a fondo quanto ci arriva dal passato e di dare la giusta rilevanza a tutto ciò che abbiamo la fortuna di ritrovare dopo secoli o dopo millenni. Tutto ci parla, e noi, in una terra dove i documenti sono una vera rarità, dobbiamo ascoltare ogni messaggio che ci arriva dal profondo buio dei tempi andati. 
La recente manifestazione di Monumenti Aperti che non mi stancherò mai di lodare per la sua enorme valenza educativa nei confronti di giovani scolari e studenti e per la sua funzione culturale rivolta ai visitatori, ha riaperto ferite in coloro che amano profondamente Alghero e vorrebbero che le sue tante ricchezze fossero messe nella giusta luce. Abbiamo capito che le sepolture del cimitero medievale del Qualté sono al momento irrecuperabili e oggi possiamo solo "ammirare" la pavimentazione che le ricopre. 



E all'indomani di Monumenti Aperti ci poniamo diverse domande.
Il Museo archeologico aprirà a giugno? Speriamo. E tutte quelle belle vetrine del Corso Carlo Alberto, del Qualté, del retro della vecchia caserma diventeranno esposizioni d'arte e di prodotti artigianali del territorio? Ce lo auguriamo. 
Sono le amministrazioni cieche e ignoranti che fanno operazioni come Santa Igia. Ci sia di esempio per non commettere gli stessi scempi e operiamo per rendere Alghero un gioiello di cultura e di arte. 


lunedì 18 maggio 2015

Alghero agli algheresi - Cimitero di san Michele

IL CIMITERO MEDIEVALE DEL QUALTE'

Si può fare qualcosa?


- Come può vedere siamo nel Cimitero Medievale di Alghero. Qui sono stati trovati  i resti di circa seicento persone e pare che molti scheletri appartengano ad appestati morti durante l'epidemia del 1582-83.
- Interessante. E dove è il cimitero?
- Qui.
Il visitatore si guarda intorno, pensa di non aver capito, annuisce, ma ha un'espressione interrogativa sul viso.
La spiegazione continua ma il visitatore continua a non capire. Teme di fare una brutta figura e insiste.
- Quindi il cimitero è qui.
- Certo, signore, è qui, sotto i suoi piedi.
- Ma io vedo solo un pavimento.
- E' naturale. Dopo lo scavo la zona è stata sistemata e ricoperta.
- La ringrazio. Buonasera.


Al di là di questo immaginario dialogo mi pongo una domanda: Non si può fare proprio nulla per dare un'idea dell'antico sito ai visitatori?
Forse si può collocare una pavimentazione di ceramica o altro materiale con impresse le immagini della situazione sottostante così come si è presentata a chi ha scavato. Ciò che è stato fatto sui pannelli adagiati per terra si può probabilmente ripetere su un supporto che sostituisca almeno in parte l'attuale pavimento. Naturalmente non penso a piastrelle ma ad una lastra unica che venga posizionata ad un livello leggermente inferiore alla pavimentazione per dare il senso della profondità. È una magra consolazione per chi vorrebbe che la città evidenziasse una continuità tra il suo passato e l'attuale presente, ma è pur meglio di niente. O forse ci sono ancora delle idee migliori. Ciò che più sconcerta è il fatto che si faccia proprio molto poco per dare a cittadini e visitatori la possibilità di conoscere la storia di Alghero.
Restiamo in attesa dell'apertura del museo a giugno (così è stato promesso) e attendiamo che persone veramente sensibili e in grado di capire i fondamentali legami con tutto ciò che ci ha preceduto possano prendere le decisioni relative alle tante memorie che archeologi e storici stanno mettendo in luce nel territorio.
Forse chissà un giorno o l'altro scatterà una piccola scintilla e inizierà ad accendersi una fioca luce per diradare le fitte tenebre caliginose di chi pensa che l'uomo vive di solo pane e che il resto non conta. Forse.
Perché i nostri amministratori sono molto impegnati a trovare nuovi nomi per imporre nuove tasse e non hanno il tempo per fare altro, se non godersi i soldi che si autoassegnano per il loro "servizio". I cittadini devono solo pensare a lavorare sodo tutto il giorno se hanno un lavoro, oppure devono cercare di barcamenarsi accettando di tutto se non hanno un'attività. E devono stare anche attenti perché se vengono scoperti a introitare "in nero" qualche piccola banconota indispensabile alla loro sopravvivenza, devono vedersela con gli organi preposti a controllare le evasioni. I quali organi, siccome non traggono molta soddisfazione dai grandi evasori che si possono difendere, si rifanno sui piccoli. 
Complimenti Italia, sei proprio una grande patria.


Punto 1°
La città appartiene ai cittadini che l'hanno edificata e che con il loro lavoro hanno fatto sì che avesse quelle strutture indispensabili per la residenza degli abitanti e per l'accoglienza dei non residenti.

Punto 2°
I cittadini delegano alcuni di loro perché le risorse del territorio vengano amministrate e gestite nell'interesse della comunità. 

Appunto 1° 
Gli amministratori si sono appropriati della città dimenticando di esserne i semplici gestori. E' come se il fattore di una tenuta agricola ritenesse di esserne il proprietario. 

Appunto 2°
Gli amministratori stabiliscono regole che creano sempre più difficoltà ai cittadini che intendono trarre frutto dal proprio lavoro. Nella loro mentalità di persone che (nella maggioranza dei casi) non hanno mai lavorato e hanno sempre tratto un lucroso reddito dalla politica, il cittadino è un malfattore e un ladro che cerca di arricchirsi a scapito della comunità evadendo le tasse e i balzelli vari. Quindi va castigato.

Appunto 3°
Alghero sopravvive con tanti stenti grazie a coloro che insistono a scommettere sulle personali potenzialità  e lavorano duramente per trarre il necessario da attività che richiedono energie infinite e fede nel futuro.E' la fede che sostiene gli imprenditori locali, in una situazione di corsa agli ostacoli che alla lunga sfianca e scoraggia.

Quesito 1°
Che cosa impedisce l'abbellimento, la cura, la pulizia della città? Dove sono le aiuole fiorite che anni fa rallegravano strade, piazze e passeggiate? 

Quesito 2° 
Che cosa impedisce l'apertura di tutte quelle strutture culturali che sono indispensabili a una città che vive di turismo?
Che cosa impedisce di utilizzare i numerosi locali ottenuti nel Qualtè, nelle zone adiacenti la caserma dei carabinieri, nel Corso Carlo Alberto, e altri?
Quei locali dovrebbero essere adibiti a esposizioni d'arte e di cultura algherese e sarda affidati ad associazioni che ne curino la pulizia e il decoro e che ne facciano una mostra per esporre tutto ciò che il territorio offre di meglio. Un museo diffuso che dia al visitatore la possibilità di cogliere i valori di una società che ha memoria di sé e che procede nella sicurezza delle proprie origini senza mistificazioni. Dovrebbe essere aperto alla Sardegna intera perché la proposta turistica non può restringersi alla sola città ma deve essere una vetrina ampia e completa di millenni di storia sarda.


Il sogno
Il sogno è quello di avere una città con scorci di verde e fiori, libera da ogni sozzura, ricca di proposte d'arte, di artigianato, di produzioni locali. E' poi così difficile ottenere tutto ciò? 
Andiamo incontro alle giovani generazioni, diamo loro la possibilità di restare in città, di mettere a frutto ingegno e inventiva. 
Ricordiamo che la crisi sta creando una massa di esclusi dal processo produttivo ed economico. Non è giusto che chi ha già una collocazione impedisca ad altri di trovare un proprio piccolo spazio. Gli egoismi non possono esistere in una economia di sussistenza come è la nostra. Bisogna che ciascuno ceda qualcosa per permettere a tutti di avere almeno il necessario. Il ruolo della politica è proprio quello di equilibrare la distribuzione delle risorse del territorio in modo che ciascuno possa attingervi. E allora prepariamoci a fare squadra perché chi vuole possa fare e lasciamo cadere la mentalità dell'assistenza. Non è il lavoro che manca, ma è la volontà di rinunciare a qualcosa perché anche gli altri abbiano l'essenziale. E questa non è beneficenza, è giustizia sociale.

Meditate



Per commenti e messaggi:
tilgio@virgilio.it

domenica 10 maggio 2015

Cognomi ad Alghero dal 1700

Si sta costituendo un gruppo per le ricerche genealogiche in Sardegna. Gli aderenti riceveranno documenti da centri sardi e in cambio daranno i documenti del proprio luogo di residenza. Sono personalmente disponibile ad inviare per e-mail le foto di documenti degli archivi di Alghero. Chi vuole partecipare agli scambi potrà inviare una e-mail a tilgio@virgilio.it

COGNOMI AD ALGHERO DAL 1700


In questo documento del 30 gennaio 1795 il cognome Campagna è scritto Campaña. (vedi il cognome riportato sulla sinistra). Sul documento sia nel cognome della madre che in quello della madrina la lettera enne è raddoppiata.

I COGNOMI DI ALGHERO

Cognomi presenti ad Alghero nei Quinque Libri dell'Archivio Diocesano e nell'Archivio Storico di Alghero.

 La pubblicazione è aggiornata alle ricerche di archivio e quando sono presenti delle date significa che, FINO AD ORA, non ho trovato quel cognome in documenti precedenti. Ciò non esclude che vi si trovi in documenti che non ho ancora reperito.
Preciso che i documenti anteriori al 1866 si riferiscono tutti alla diocesi, poiché l'anagrafe comunale ha iniziato le sue registrazioni nel 1866.


Nel corso del 1700 i cognomi venivano scritti con grafia spagnola. Pubblico qui di seguito alcuni esempi.

AQUENZA- Achenza
BATTALLA - Battaglia
CAMPAÑA - Campagna
CATOÑO - Catogno
CANELLES - Caneglias
CASTELLACCHIU - Castellaccio
CHAMPELLI - Ciampelli (1770) - Campelli
CHIMINO - Cimino  (1770)
ESCANU - Scanu
ESPADA - Spada
ESPANEDDA - Spanedda

Spanedda - 1. Può essere il diminutivo femminile indicante, eventualmente, la filiazione del cognome Spanu; 2. Può corrispondere all’agg. (i)spanedda, detto di “vacca dal manto grigio oppure frumentino chiaro” oppure di “fico d’india poco maturo”
(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990) 

ESPANO - ESPANU - Spano, Spanu
ESPAÑOLO - Spagnolo 
ESQUINTU - EXQUINTU - ASQUINTU - Schintu
Schintu pare che derivi dal latino ex-cingere. È documentato nel Condaghe di Bonarcado come Skintu e nel Codice di Sorres come Iskintu.*
Esiste in località fuori dalla Sardegna il cognome Giaquinto che potrebbe essere la traduzione italiana di Exquinto.
*(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)

FALQUI - Falchi
FATACHU -Fataciu 
GUILLERI - Ghilleri
GUISALBERTI - Ghisalberti
GUISU - Ghisu
LAVAÑA - Lavagna
MOCHA - Moccia
NUGUES - Nughes
OÑO - Ogno
PISQUEDDA - Pischedda

QUELOS - Chelos 
E' un plurale di famiglia e può derivare dalla parola latina caelos (cieli), in sardo chelos, o può essere il vezzeggiativo di Michele che corrisponde al cognome italiano Chelo.

(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)

QUERQUI - Cherchi
Cherchi corrisponde al nome di un villaggio medievale Kerki, situato a 5 Km a sud-est di Porto Torres citato frequentemente nei documenti medievali sardi; il toponimo corrisponde al sost. kércu “rovere, quercia”, che deriva dal lat. querqus, cerquus.
(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)

QUESSA - Chessa.
Chessa corrisponde al logudorese kèssa “pistaccia, lentischio”, che probabilmente è un relitto paleosardo o nuragico. (DES I 332); compare nei documenti medievali sardi come Cersa, Kersa, Kessa, Quessa. (Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)

QUIQUI - Chichi - Non è riportato tra i cognomi sardi nel dizionario di Massimo Pittau.
RICHU - Ricciu
SEQUI - Sechi
SILLENT (1784) -  Siglienti
SQUIRRU - Schirru
XARBUNC - Sarbunc (1774)

In un atto di matrimonio del 1729 il paese di Dualchi è scritto DUALQUI.

Una particolarità della lingua algherese è che la lettera "elle" a volte si pronuncia "erre". 
Succede così che il cognome Mula a volte viene scritto secondo la pronuncia Mura, Planeta viene scritto talvolta Praneta e Biola (cognome dell'ostetrica Virginia torinese) diventa Biora.
Anche Galesio subisce la stessa sorte in quanto viene pronunciato Garesi mentre la grafia non cambia. Attualmente si trova il cognome Gallesio diffuso soprattutto in Piemonte. Non meraviglia il fatto che la "elle" doppia sia diventata semplice ad Alghero dove le doppie sono poco pronunciate.
Un altro cognome che potrebbe essere stato cambiato è Baldino che è diventato Bardino sempre per la pronuncia della lettera elle che diventa erre.
Nel Settecento è arrivata in città la famiglia Giraldi e in breve tempo si trovano nei documenti le due grafie, Giraldi e Girardi, indifferentemente.

 Ecco alcuni cognomi di famiglie algheresi

ADAMO - ADAMI
Cognome proveniente dalla Campania. Ad Alghero c'è il Vicolo Adami che probabilmente si riferisce all'avvocato Adami. 
Nel 1886 il segretario comunale era l'avvocato Gaetano Adami.

ALIVESI - LIVESI
 E' un cognome di origine corsa. In Sardegna è presente da vari secoli. A Ittiri c'è l'ospedale Alivesi. Di due Alivesi parla Pasquale Tola. Ad Alghero il cognome era molto diffuso nel 1700 e nel 1800. Anche oggi risiedono in città numerosi Livesi e Alivesi, alcuni provenienti da Villanova.

CAMARADA - CAMERADA 
Cognome di origine meridionale, forse siciliana.
Può corrispondere al sost. camerada,«camerata, allegra brigata» e forse anche «compagno d’armi ».*
I Camerada sono tuttora molto presenti ad Alghero. Il primo documento sino ad ora trovato è un matrimonio celebrato il 23 settembre 1725. Antonio Pietro Usai si sposa con Giuseppa Camarada. Testi Salvatore Lebiu?, e Antonio Iaia?. Il documento è difficilmente leggibile ma i cognomi degli sposi sono chiari.
Da un altro atto di battesimo veniamo a sapere che una delle famiglie Camerada aveva per soprannome Campino. Il documento dice che il 3 ottobre 1800 nasce Maria Domenica Francesca Camarada figlia di Antonio Maurizio e di Giuseppa Galzerin. Madrina è Pasqualina Camarada (soprannome Campino). 

Secondo Ciro Fadda che ha pubblicato un elenco di soprannomi algheresi Campino potrebbe derivare da un cognome pronunciato in modo errato.

Intorno al 1779 un Francesco Campelly sposa Maria Anna Camarada e il soprannome Campino potrebbe proprio derivare da Campelly. Il cognome Campelly/Campelli si trova scritto anche Champelli e quindi Ciampelli.


Nel novembre 1739 Bernardo Champelly è padrino di battesimo con Isabella Olla.
Il 21 maggio 1776 Claudio Champeli. è il padrino di cresima di Antonio Fatachiu.
Sotto la forma Ciampelli è ancora presente in città mentre la forma Campelli non si trova più.
*(Massimo Pittau, I cognomi della Sardegna, Carlo Delfino Editore, 1990)

CERAVOLA - CIARAVOLA- CELLAURA- SCERAVOLA
Ceravola è un cognome di origine meridionale, tra Sicilia e Calabria. I Ceravola di Alghero provengono da Livorno dove sono arrivati partendo dal sud dell'Italia.
 Il primo documento ad Alghero è il matrimonio tra Raffaele Ceravola e Nina Serra celebrato il 22 giugno 1857. Gli sposi sono andati a vivere a Livorno per tornare in città nel 1870.
I Ceravola fino alla prima metà del novecento erano tutti marinai


FERRALIS - FERRARI - FERRARO - FERRARIS

Cognome proveniente ad Alghero dalla Campania e in particolare da Capri. Ad Alghero è molto diffuso nel 1800.
Il ferraro è il fabbro e il cognome può trarre origine dal mestiere.

FUSCO
Fusco è un cognome di origine campana. Nel 1930 Maria Giuseppa Fusco, nata a Ittiri, sposa un Ceravola di Alghero.

GARIBALDI - GALIBARDI - GALIBARDU - GARIBARDI
Fin dal 1700 ad Alghero sono presenti numerose famiglie con questo cognome. Provengono dalla Liguria, soprattutto da Alassio.
Al  momento il primo documento trovato è il matrimonio celebrato il 23 settembre 1662 tra Antonio Garibadu di Santo Stefano, Riviera di Genova,con Antonia de Cimiquelis?, di Genova. Testi Augusto Misuru?, e Pasqualino? Bonavia.
Non ho trovato fino ad ora una parentela tra i Garibaldi di Alghero e Giuseppe Garibaldi (che era nato a Nizza).

GALCERIN - GALZERIN - GALZERINO - GALZEVINO
Il primo Galzerin  trovato è del 1769. Giuseppe Diego Galzerin è un padrino di cresima. Il cognome è abbastanza diffuso ad Alghero nel 1700 e un po' meno nel 1800. Galzerino è un cognome ancora presente in Sardegna, soprattutto a Cagliari.

ROSELLA - RUSELLA - RUSELLO - ROSSELLA
Cognome di probabile origine spagnola ancora diffuso ad Alghero.
 In catalano  rosella è il papavero.
Il primo documento che ho trovato con questo cognome è un matrimonio: Rosario Roseli di Sicilia il 23 dicembre 1731 si sposa con Gaetana Fundoni. Testi  Aemar? Demuru?, e Didaco Cubeddu.
Nei 1752 in documenti riguardanti due figlie di Rosario il suo cognome è Rusella e nel 1770 quando fa da padrino è Roselli mentre la figlia citata nello stesso documento è Rosello. Al momento non ho trovato legami tra questa famiglia e le altre di poco successive (1740).
I Rosella del 1800- primo 1900 erano quasi tutti agricoltori.

SERRA
Cognome molto diffuso nelle terre europee che si affacciano sul Mediterraneo occidentale.
Ad Alghero le famiglie con questo cognome sono molto numerose e hanno varie provenienze.
Da un atto di morte veniamo a sapere che il soprannome di una famiglia Serra è Mustazzu (Baffo?). Il soprannome è ancora presente in città. Il documento è il seguente.
Il 21 agosto 1855 muore Ignazio Serra di 50 anni figlio del fu Antonio e della fu Giuseppa Sartori. Accanto al cognome è scritto Mustazzu.
Il soprannome potrebbe avere anche attinenza con il termine "mostazzaffo" che nel periodo spagnolo designava il sovrintendente ai mercati e vigilava su tutto ciò che concerneva la quantità e qualità dei viveri nelle città regie. La carica fu abolita nel 1836. (1)
Naturalmente questa è solo una mia ipotesi che non ha alcun riscontro nei documenti e si basa soltanto sulla somiglianza tra i due termini. In spagnolo il mostazzaffo è l'amostassen e l'assonanza con Mustazzu è anche maggiore che con l'italiano. Bisognerebbe provare il nesso tra la famiglia e la carica in questione. O si tratta di un soprannome messo per scherzo?

Altri soprannomi dei Serra sono Lu Cuntì (il contino - ancora presente) e Baul.

Giuseppe Dessì parlando del cognome Serra dice che era un "cognome aristocratico e antichissimo dei Giudici d'Arborea." I de Bas Serra furono giudici d'Arborea. (2) 

Tra i cognomi di origine catalana presenti ad Alghero cito Pons che era molto diffuso nel settecento e ottocento e probabilmente Canelles/Caneglias ancora presente.

(1) Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore
(2)Giuseppe Dessì, Paese d'ombre, Ilisso, 1998, pag.175 


UN MATRIMONIO A SORPRESA


Il 23 gennaio 1732 si celebra un matrimonio anomalo, in quanto gli sposi non si recano in chiesa, ma si sposano per strada. Nei Promessi Sposi don Abbondio scappa sempre davanti a Renzo e Lucia che vorrebbero coglierlo di sorpresa per sposarsi con una formula usata in alcuni casi particolari. Vediamo ora il documento. Non tutti i termini sono leggibili, ma il senso del documento è chiaro.
 
Fas fe Juan Bau.ta Clavi domer estant parlant ab don Ignas Caxola davant la pensa? de Girones en las quatra cantonadas compareguè Bernard Zampeli soldat de la compagnia de Basallen?, del estat de Fiorenza y Maria Dominiga Baia fadrina de la present siutat, y se desposaren en mia presensia aquesta es ma muller, y ella aquest e mon marit  teg? = de presents don Ignas Caxola, y Juan Bau.ta Carta =

Nel documento sono nominate las quatra cantonadas che evidentemente hanno una lunga storia, sempre che indichino la stesso luogo, cioè l'incrocio del Corso Carlo Alberto don la via Gilbert Ferret..

Il 7 luglio 1732 nasce Luigi Francesco Bernat Sampeli figlio di Bernat Sampeli del Granducato di Firenze e di Maria Domenica Baia. Sono padrini Francesco Girony/Girones e Maria Ignazia Girony/Girones.


Riporto di seguito alcune notizie tratte dai Quinque Libri della parrocchia di Santa Maria per indicare la provenienza di alcuni cognomi presenti in città nel 1700-1800. 
PP sta per padrini. Le parole seguite da un punto di domanda sono di lettura incerta. I cognomi in grassetto erano particolarmente diffusi in città. Non sono evidenziati i cognomi tuttora presenti.

Il 12 febbraio 1726 Salvatore Angelo Nieddu si sposa a casa con Giuseppa Ortu. Testi il Magnifico Giorgio Ayraldo console della Serenissima Repubblica di Genova e il tenente Salvatore Esquintu.


DOCUMENTO RIPORTATO IN ORIGINALE

Dia 25 de gener 1727

Fas fée Antoni Rodò domer, de orde del S. Vicari G. Salvagnolo lo Lei?, Juan Baptista

 Ledda?, ha desposat a Antoni Kirieleizò, alias Sargient la Granatta, natural de Messina

 en Sicilia, y Maria Cathalina Menali de la ciutat de Ibrea (Ivrea) en Piamonti solters,

 presens per testimonis Maurissi Morena sargent, natural de Limon en Piamonti, y Nicolau

 Prinseli/Rinseli natural de Consencia (Cosenza) ex Calabria, tots del segons batallò del

 Rt. de Sicilia; no se ha fet monestassiò alguna, en faes Die et anno.


Nel febbraio 1745 nasce Francesco figlio di Serafino Candia della nazione napoletana e di Teresa Simon. PP don Antonio Recco della nazione genovese e Maria Antonia Patria?

Il 13 novembre 1745 nasce Giovanni Battista Antonio Luigi figlio di Giacomo Giusalberti della città di Bergamo e Maria Caterina Via. PP Santino Valero/Balero fu Bartolomeo di Sestri Levante e Angela Valero dello stesso luogo.

Il 15 maggio 1746  Giuseppe La Paz portoghese si sposa con Teresa Arduina di Nizza nella casa del conte V.bilis Magliano dell'Ordine Provisonis RR. Canonici. Testi  Giuseppe Sanna algherese e Giovanni Pinna di Cossoine.

Il 14 gennaio 1747 Cesare Goriani di Sestri si sposa con Giuseppa Langasco di Alghero nella chiesa della B.M.V. della Mercede. Testi Pietro Sechi di Monteleone e Lazaro Cuesta? Algherese.

Il 6 luglio 1757 muore Giuseppe Irlan figlio di Francesco Irlan algherese e di Maria Giuseppa Asque/Asquer di Alassio in Genova. Ha sette mesi e viene sepolto in cattedrale.

Il 29 agosto 1758 munito di tutti i sacramenti muore Francesco Izzo figlio di Vincenzo Izzo di Torre del Greco. Ha 29 anni e viene sepolto in cattedrale.

Il 23 marzo 1760 Giovanni Vaconaci della Grecia si sposa in cattedrale con Anna Maria Calcadorgia vedova della Corsica domiciliata ad Alghero. Testi Rev.do Giovanni Battista Tavera e nobile don Giuseppe Lavagna algheresi.

Il 22 maggio 1760 Antonio Nobili di Sisco in Corsica si sposa in cattedrale con Maria Angela Ferrandini della Corsica e domiciliata ad Alghero dall'infanzia. Testi Pietro Lay algherese e Giovanni Valerio Graxiani della Corsica.

Il 14 agosto 1760 Pietro Giordano (di Michele e di Anna Maria Contie?), di Monestier de Briançon nella provincia Delfinato in Gallia si sposa con la vedova Maria Antonia Monet Rivolta (di Domenico Monet e Orolie Mella) della città di Trani nel Regno Napoletano.

Il 6 settembre 1760 Gavino Era di Pattada si sposa in cattedrale con Vittoria Masala. Testi Rev.do Francesco Sanna e Rev.do Proto Tola rettore del Seminario Tridentino.

Il 27 ottobre 1760 Antonio Maria Musso vedovo di Sestri in Genova si sposa con Maria Maddalena Guana di Ajacio in Corsica nella chiesa della B.M.V. del Carmelo Testi R.do Padre frate Giuseppe Maria Mazzoni carmelitano e Gerolamo Valero (Balero).

Il 21 dicembre 1760, premessa un'unica pubblicazione e dispensate le altre due per giusta causa, Crescenzio Piro di Torre del Greco si sposa con la vedova Maria De Sara. Testi Andrea Liucchiu e Lorenzo Speranza napoletani. 

Il 21 dicembre 1760, dispensati dalla terza pubblicazione per giusta causa, Giuseppe Pira di Torre del Greco si sposa con Teresa Sassu di Sassari nell'Oratorio di Santa Croce. Testi Rosario Rosella e Salvatore Serra.

Il 6 aprile 1761, dispensate le pubblicazioni, Michele Bacrachi Stefanopoli si sposa con Maria Regina fu Dimas provenienti da Montresta, alias San Cristoforo della diocesi di Bosa e nati ad Ajaccio in Corsica. La cerimonia avviene nel Palazzo Episcopale. Testi Michele Murru e Lorenzo Borete di Cavagnano in Piemonte.

Il 3 ottobre 1761 dispensate le tre pubblicazioni per giusta causa, Giuseppe La Pec Tlissionensen?, in Lusitania (Portogallo) vedovo si sposa con Gabriella Amparad. Testi Andrea Sentilli di Venezia e Andrea Poinu?, piemontese.

Il 10 settembre 1762 muore Maria Valero/Balero figlia di Gerolamo Valero/Balero genovese e di Maddalena Bertoro della Corsica. Ha un anno e viene sepolta nella chiesa del Carmelo. 

Il 5 aprile 1763 Maria Maddalena Cristina figlia del j. v. dr Paolo  Martillunc e di Teresa Fresco viene battezzata nell'utero materno per imminente pericolo di vita. L' 8 aprile è stata battezzata sotto condizione in chiesa dall'arcidiacono dr. Giovanni Antonio Martillunc. PP Giuseppe Martillunc e Maria Mura.

L'8 novembre 1763 muore Giovanna Maria Teresa di Gavino Era di Patada e Vittoria Masala di 29 giorni, e viene sepolta in Cattedrale.

Il 9 novembre 1763 muore Francesco Giuseppe di Pietro Lay di Bosa e M. Giuseppa Pinna di sei mesi. Inumato nell'Oratorio dell B.M.V. del Rosario.

Il 12 novembre 1763 muore Gerolama di Gerolamo Balero genovese e di Maddalena Bertoro dell'Isola di Corsica, di sei mesi, seppellita nella chiesa della B.M.V. del Carmelo.

Il 10 agosto 1775 nasce Carlo Michele Gallesio figlio di Marco Gallesio di Alba in Piemonte e di Vittoria Favella. PP Michele Valero e Rosa Reco. Ben presto Gallesio è diventato Galesio.

Il 14 agosto 1775 nasce Maria Chiara Adelaide figlia di Camilo Mariotti di Bologna e di Maria Teresa Demarqui. PP Ignazio Raimondo Quiqui? di Torino e Caterina Demarqui.

Il 13 agosto 1786 nasce Nunzia Maria figlia di Gerolamo Ballero da Sestri in Genova e di Teresa Burasina proveniente dalla Corsica. PP Domenico Balero e Bianca Maria Caval

Il 18 gennaio 1787 dispensate due pubblicazioni Domenico Balero si sposa con Bianca Maria Caval. Testi Giuseppe Melis e Antonio Crasta.

Il 20 gennaio 1787 dispensate due pubblicazioni, Nicola Ramella vedovo si sposa con Maria Felice Sanpolo di Ajaccio. Testi R.do Francesco Marinetto e Francesco Pietro Canu.

Nel novembre 1795 muore Carmina Fresco di Torre del Greco di circa 30 anni, e viene sepolta in cattedrale.

Il 5 febbraio 1798 nasce Francesca Dorotea Mura figlia di Francesco Giuseppe Mura e di Elisabetta Pirisi. PP Raimondo Enrico (fu Giuseppe Enrico di Genova e della vedova Giovanna Maria Alziator) e Giovanna Maria Alziator.


Il 14 gennaio 1802 nasce Giovanni Giacomo Efisio Felice figlio di Pietro Maria Giannorsi/Gianorso della Corsica, cioè Carvo?, e di Rosa Aizza/Izza. PP Giovanni Penca?, di Ivrea in Piemonte e Caterina Ribaudi.

Il 3 agosto 1809 nasce Domenico Ignarra figlia di Giuseppe e di Angela Cimino di Ercolano. PP Aniello Scognamino di Ercolano e Pasqualina Corbia.


Le notizie tratte da documenti relativi a persone con cognome tedesco si trovano nel post Cognomi Tedeschi ad Alghero.


Invito coloro che trovassero inesattezze a comunicarmelo con un commento o con una e-mail.
Ringrazio inoltre coloro che volessero fornirmi ulteriori notizie e precisazioni. In particolare sono interessata ai cognomi Rosella, Alivesi, Ceravola, Camerada e Serra.
La mia e-mail è tilgio@virgilio.it










martedì 7 aprile 2015

I Nuragici navigavano?




I  NURAGICI  ERANO ABILI  NAVIGATORI?

Questa domanda attualmente appassiona tutti coloro che di volta in volta si interessano di quesiti più o meno irresolvibili. La Sardegna è Atlantide? Gli Shardana erano sardi? I nuragici scrivevano?
Ora è di moda parlare di navigazione.
Al di là della facile ironia credo che sia giusto nutrire curiosità per il nostro passato anche nei settori meno esplorati e meno noti. Certo sarebbe bello poter conoscere a fondo gli eventi che hanno connotato le varie culture della nostra Isola ma purtroppo in assenza di fonti scritte dobbiamo procedere per ipotesi e dobbiamo andare molto cauti nell'enunciarle.
In primo luogo è indubbio che i popolatori dell'Isola fossero dei navigatori poiché, anche senza documenti in proposito, dobbiamo pensare che i neolitici siano giunti in Sardegna su barche. La fine dell'ultima glaciazione risale a circa 12 mila anni fa e gli uomini, che potevano fino ad allora circolare molto più agevolmente tra le terre emergenti da un mare Mediterraneo molto meno esteso e profondo, si sono dovuti ingegnare per continuare ad effettuare i loro spostamenti. È pur vero che la nostra terra è stata frequentata fin dal paleolitico ma non vi sono elementi di continuità tra paleolitico e neolitico per cui si può ipotizzare che quegli antichi visitatori se ne siano andati così come sono venuti o si siano estinti.

Circa 6000 anni a. C. gruppi umani provenienti dalle coste del Mediterraneo approdavano sulle nostre spiagge e vi trovavano le condizioni per sostentarsi e per espandersi. Non possiamo sapere se queste genti, arrivate dal mare, lo abbiano poi frequentato. 
Su quegli antichi viaggi rimangono alcuni interrogativi: chi si avventurava per mare in tempi tanto antichi? Che cosa cercava? Qual era lo scopo del suo spingersi in zone sconosciute, mettendo a repentaglio la propria vita? Sapeva già di trovare un approdo o andava alla ricerca di un ipotetico luogo dove trovare pace e benessere? Oppure aveva sbagliato rotta o era stato spinto dalla tempesta sui nostri lidi? Tutte queste sono domande senza risposta, al momento.

Sappiamo che tra il 6000 e il 4000 a. C. si è sviluppato il commercio dell'ossidiana sarda che è stata trovata in Corsica, Toscana, Liguria e nella Francia meridionale.
Chi esportava il prezioso vetro vulcanico? Erano i nostri neolitici? A rileggere i luoghi di approdo pare proprio che la rotta segua la costa della Corsica, e le isolette del Tirreno fino alla Toscana. Inoltre si può ipotizzare anche una rotta che dalla Sardegna costeggi la Corsica per raggiungere la Liguria e la Francia. I navigatori erano i Sardi o gli acquirenti di ossidiana? Immaginando il percorso si arriva alla conclusione che non doveva essere difficile per chi partiva dalla Sardegna approdare sulle coste italiane o francesi. Il sole offriva un ottimo orientamento per chi doveva dirigersi a nord e l'approdo era sicuro, visto che davanti si trova solo terra. Più problematico e lungo appare il percorso inverso, poiché la rotta più sicura appare quella che costeggia fino alla Toscana per poi dirigersi verso la Corsica.
Il tempo passa, e anche l'ossidiana passa di moda. Arrivano l'età del Rame e l'età del Bronzo. Ma i metalli, che sono fondamentali per le nuove generazioni, non si trovano dappertutto. Ed è proprio il commercio dei metalli che dà un impulso fortissimo alla navigazione. Siamo ormai nel III millennio a. C. e le tecniche di costruzione navale come le abilità nell'andare per mare si sono evolute.
Un prezioso elemento di informazione sugli spostamenti di genti e culture ci arriva dalla presenza del bicchiere campaniforme (beaker) diffuso in tutta l'Europa e nel Nordafrica. In Sardegna il beaker arriva dalle coste iberiche e francesi intorno al 2100 a.C. e dalla nostra isola raggiunge la Sicilia. E' interessante il fatto che la Sardegna facesse da ponte tra le coste europee e la Sicilia*.
Sappiamo per certo che la navigazione si è sviluppata per motivi commerciali e sappiamo che i primi popoli navigatori del Mediterraneo sono i Micenei. Basta dare uno sguardo al Mar Egeo per comprenderne la logica. Non vi è luogo più idoneo per la navigazione lungo la costa.
La storia ci racconta delle attività marinaresche dei Micenei, ci parla dei commerci di Creta e di Cipro. Ad Olbia e in altri siti della costa sarda sono state individuate ancore di pietra di tipo cipriota. pare dunque che i commerci tra Cipro e la Sardegna siano stati intensi alla fine della tarda età del Bronzo (XII sec. a.C.)**.
I Micenei raggiungono l'apice della loro attività marinara intorno al XVI-XII secolo a. C***. In seguito il loro predominio sul Mediterraneo cessa e intorno al 1000 il loro posto viene preso dai Fenici. Perché la storia non parla della navigazione dei Nuragici che nel frattempo, in piena età del Bronzo, ricoprono il territorio sardo di torri?

* Archeologia Viva - Prima Sicilia - n° 63, Maggio-Giugno 1997 p. 52
**  Archeologia Viva -Cipro e il Mediterraneo - n° 99,Maggio-Giugno 2003, pag. 52
***Archeologia Viva -Intervista a Sebastiano Tusa - n°180, Novembre-dicembre 2016, pag. 72

Intanto per la gente di mare i tempi si sono fatti più duri. Chi commercia nel Mediterraneo non vuole concorrenti e ciascun popolo ha le sue rotte. Gli Etruschi  possono trafficare nell'alto Tirreno (VII-VI sec. a.C.), i Greci devono accontentarsi dell'Egeo e del Mediterraneo fino alla Sicilia mentre le rotte verso l'Africa, la Sardegna e la Spagna sono dei Fenici e in seguito anche dei loro parenti Punici. Ai rischi connessi con la navigazione si aggiungono così i pericoli rappresentati dai pirati. Potevano i nostri Nuragici trovare un pezzetto di mare per mettere in acqua le proprie navi?
L'ipotesi che i nuragici fossero abili navigatori si fonda soprattutto sulla presenza davvero molto rilevante di modelli di barche realizzate in bronzo e in terracotta. Pare che i manufatti fossero degli ex voto oppure semplicemente lampade.
Alcuni studiosi tendono oggi a riequilibrare la questione. Ragionevolmente non si può pensare che i nuragici potessero esercitare la navigazione commerciale in un Mediterraneo già suddiviso tra tante potenze ma non si può neppure credere che il mare fosse per loro uno sconosciuto. Anche per i Sardi il mare rappresentava una via di comunicazione per il trasporto delle merci. Allora si può ipotizzare una navigazione costiera che includesse anche la Corsica occidentale. Infatti la Corsica orientale era già trafficata dai Greci che vi avevano fondato Aleria (565 a.C.). Piuttosto si sta rivalutando l'ipotesi che i Greci si fossero insediati anche in Sardegna, ad Olbia.
Il discorso navigazione si, navigazione no, finisce comunque con l'arrivo dei Cartaginesi. Polibio nelle sue opere storiche riporta il primo trattato tra Cartagine e Roma risalente al 509 a.C. Vi si dice chiaramente che né 

«a queste condizioni ci sia amicizia fra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi: né i Romani né gli alleati dei Romani navighino al di là del promontorio Bello (che delimitava il golfo di Cartagine), a meno che non vi siano costretti da una tempesta o da nemici. Qualora uno vi sia trasportato a forza, non gli sia permesso di comprare né prendere nulla tranne quanto gli occorre per riparare l'imbarcazione o per compiere sacrifici, e si allontani entro cinque giorni. A quelli che giungono per commercio non sia possibile portare a termine nessuna transazione se non in presenza di un araldo o di un cancelliere. Quanto sia venduto alla presenza di costoro, se venduto in Libia o in Sardegna sia dovuto al venditore sotto la garanzia dello stato. Qualora un Romano giunga in Sicilia, nella parte controllata dai Cartaginesi, siano uguali tutti i diritti dei Romani. I Cartaginesi non commettano torti ai danni degli abitanti di Ardea, Anzio, Laurento, Circei, Terracina, né di alcun altro dei Latini, quanti sono soggetti; nel caso che quelli non soggetti si tengano lontani dalle loro città: ciò che prendano, restituiscano ai Romani intatto. Non costruiscano fortezze nel Lazio. Qualora penetrino da nemici nella regione, non passino la notte nella regione».

Polibio, Storie

Per maggior precisione e in attesa di verifiche aggiungo che comunque occorre valutare bene i tempi.

1°- I bronzetti sono datati dal IX secolo a. C., periodo nel quale il Mediterraneo era abbondantemente colonizzato.
2° - La civiltà cretese entra in crisi nel XIII sec. a. C. 
Pare che nel 1100 a. C. i Fenici siano arrivati a Cadice in Spagna
Nel VII - VI  secolo gli Etruschi si aggiungono ai popoli navigatori
Forse il Mediterraneo poteva essere più accessibile tra il 1200 e il 1100 a.C., ed allora dobbiamo ipotizzare che i nuragici navigassero prima del predominio fenicio. Ma non ci sono arrivati bronzetti né modelli di navi ascrivibili a quel periodo.
3° - In assenza di documenti si possono fare tante ipotesi, ma purtroppo non si possono avere certezze.

Rileggendo l'opera di Ettore Pais, "La Sardegna preromana", trovo conferma dei miei dubbi. Egli infatti confuta l'ipotesi che i Popoli del Mare (tra i quali gli Shardana) che avevano aggredito l'Egitto dall'ovest nel XV - XVI secolo a.C. siano da identificare con i Sardi, i Siculi, i Tirreni, gli Achei e i Lici.
Trova molto improbabile che, in un periodo nel quale i Fenici "non avevano oltrepassato il secondo bacino del Mediterraneo" vi fossero già dei navigatori tanto arditi da navigare così frequentemente e così lontano dalla patria per incontrarsi al fine di formare una alleanza per assaltare l'Egitto. Intorno al 1000 pareva già un'impresa grandiosa la spedizione contro Troia che pure non era tanto lontana dalla Grecia.
Per quanto riguarda i Tirreni la più antica notizia delle loro azioni di pirateria risale all'VIII secolo*.

* Ettore Pais, La Sardegna preromana, Ed Trois, Cagliari, 1881, pp. 261-262


La navigazione in quegli antichi tempi era connessa al commercio. Che cosa commerciavano questi popoli sardi in tutto il Mediterraneo, e come è possibile che di questi traffici non sia rimasta alcuna memoria? 

Tutto è possibile, ma tutto deve avere una motivazione e una logica. 

INVASIONI DEI POPOLI DEL MARE
Intorno al 1200 a.C. alla fine della tarda Età del Bronzo si registra nel Mediterraneo la fine del clima pacifico che aveva favorito i liberi scambi. Nell'Egeo, nel Mediterraneo Centrale e in Anatolia si verificano condizioni instabili che causano gravi disordini. La conseguenza è un massiccio spostamento di popolazioni alla ricerca di migliori condizioni di vita nel Mediterraneo orientale. I rifugiati cercano dimora in varie regioni del Levante e a Cipro, talvolta pacificamente e in altri casi no. Sono le invasioni dei Popoli del mare che a più riprese portano scompiglio nel Mediterraneo nel XIII sec. a.C.
Alcuni profughi originari dell'Egeo trovano collocazione a Cipro dove si uniscono alla popolazione portando con sé il proprio vasellame da cucina e le proprie tecniche di tessitura. In Palestina si nota l'introduzione di elementi culturali micenei come vasellame, pesi da telaio, vasche da bagno, focolari centrali.
Tra i nuovi abitanti di Cipro ci sono gruppi provenienti da Creta e dal Mediterraneo occidentale.

Scavi a Pyla-Kokki-Nocremos hanno fatto ritrovare un gran numero di vasi da stoccaggio di ceramica sarda, la handmade Burnished ware, i cui centri di produzione si trovano in Sicilia e in Sardegna. Tra i popoli del Mare vengono nominati gli Shekels (Siculi) e gli Shardana (Sardi).
Archeologia Viva n° 159 - maggio-giugno 2013, pag. 47

Ma non tutti sono d'accordo sull'identità dei Popoli del Mare. 
Secondo Paolo Matthiae, docente di Archeologia e storia dell'arte del Vicino Oriente Antico nell'Università di Roma "La Sapienza", i Peleset sono i Filistei stanziati lungo la costa meridionale del Levante, i Tjekel o Shekelesh noti come pirati sono attestati verso  il 1100 sulla costa centrale della Palestina, gli Sherden potrebbero aver abitato in parte la piana costiera e le valli della Palestina settentrionale, i Denen erano un elemento importante della popolazione della Cilicia  e infine nei Tersh alcuni riconoscono lo stesso nome nei Tirreni o Tirseni, cioè gli Etruschi. 
Evidentemente ancora mancano troppi tasselli per poter ricostruire la storia dei popoli del mare.

Paolo Matthiae, "Messaggi di civiltà dall'Oriente Antico", Archeologia Viva n° 74, Marzo-Aprile 1999, p 69.

Articolo sottoposto a verifiche.







AGGIORNAMENTO 27 GENNAIO 2019

Il 26 gennaio  nell'edificio chiamato "Museo Casa Manno" è stato presentato il libro "L'impero dei popoli del mare" di Valeria Putzu.
Nel corso dell'incontro la relatrice ha illustrato numerosi reperti che testimoniano un intenso traffico tra la Sardegna e la penisola Iberica. Tali contatti sono stati ascritti ufficialmente al 1200 a. C. ma secondo la Putzu in Catalogna si trova ossidiana del Monte Arci che risale al V-VI millennio a.C.
Questo fa supporre che già in quel periodo i Sardi  solcassero i mari per commerciare.

Posso aggiungere alcune mie riflessioni precisando che spesso, in tempi così antichi, il commercio si svolgeva per tappe. I mercanti Sardi giungevano alle Baleari con il loro prezioso carico che poi veniva trasportato nella penisola dai naviganti delle isole iberiche. Ciò non toglie che i Sardi siano anche sbarcati nella penisola Iberica in tempi tanto antichi. Non dimentichiamo che avevano raggiunto la Sardegna via mare già 6000 anni a.C., quindi possedevano imbarcazioni e conoscevano l'arte nautica.
Piuttosto può essere accaduto che la loro presenza nei mari sia stata limitata  e anche ostacolata nei periodi successivi dallo sviluppo di altre popolazioni che basavano la loro economia sui traffici marittimi, come i Fenici. Erano tempi duri per tutti, e la pirateria era praticata già da allora. Avere il predominio sul mare significava espandere i commerci e arricchirsi perché comunque si trattava di svolgere attività ad alto rischio e chi le praticava aveva importanti vantaggi economici.
Mettere in contatto le coste del Mare Mediterraneo, scambiare i prodotti di tutti i paesi che vi si affacciavano, diffondere allo stesso tempo culture, idee, tecnologie, è stato un elemento indispensabile per lo sviluppo della grande civiltà che poi Roma ha sintetizzato ed ulteriormente diffuso anche nell'entroterra.

Torniamo ora allo studio di Valeria Putzu che ha delineato inoltre  delle vie fluviali e terrestri che attraversavano la penisola Iberica fino a raggiungere, via Francia, la Gran Bretagna dove si trovava lo stagno indispensabile per ottenere il bronzo. Le sue deduzioni si basano sulla somiglianza di costruzioni, di graffiti, di reperti iberici e sardi, e anche sulla toponomastica. Credo che occorrano ulteriori studi e possibilmente simulazioni con i mezzi di trasporto dell'epoca, per ottenere una maggiore attendibilità. Oltre a ciò è bene ricordare che l'ossidiana sarda è stata trovata anche in altri siti non iberici. Quindi i Sardi si spostavano nel bacino del Tirreno raggiungendo diverse coste e questo implica altre ricerche.
E poi sorge spontanea la domanda: gli Iberici o i Balearici venivano in Sardegna?

Per quanto riguarda l'annoso problema (emerso nel corso della presentazione), della chiglia delle navi sarde, assente nei modelli, sembra che le navi nuragiche fossero effettivamente a fondo piatto.  Sarebbe interessante fare delle simulazioni per verificare il comportamento di una nave senza chiglia, munita di altri accorgimenti come degli stabilizzatori, in mare aperto.

4 luglio 2021
Sabato 3 luglio 2021 alle ore 18,30 nella Sala Mosaico del Museo Archeologico della città, l'egittologo Giacomo Caviller ha presentato il suo libro Shardana: navigatori e guerrieri nell'Egitto Ramesside - fonti, storia e mito.

Chi è interessato all'argomento può aprire il seguente sito:
https://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2021/05/12/news/cavillier-e-il-mistero-degli-shardana-1.40266186