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giovedì 3 dicembre 2020

Cognomi tedeschi ad Alghero



Si sta costituendo un gruppo per le ricerche genealogiche in Sardegna. Gli aderenti riceveranno documenti da centri sardi e in cambio daranno i documenti del proprio luogo di residenza. Sono personalmente disponibile ad inviare per e-mail le foto di documenti degli archivi di Alghero. Chi vuole partecipare agli scambi potrà inviare una e-mail a tilgio@virgilio.it

Nel 1714 la Spagna, suo malgrado, deve cedere la Sardegna all'Impero Austriaco. Ciò comporta che nell'Isola arrivino militari e funzionari dai territori dell'Impero. In particolare ad Alghero questi arrivi sono consistenti in quanto la città è una piazzaforte militare.
Nel 1720 la Sardegna viene assegnata ai Savoia. Sotto il loro dominio i militari presenti in città provengono da territori europei e italiani. 
Nei Quinque Libri della parrocchia di Santa Maria i cognomi germanici sono presenti nel 1700, aumentano nella seconda metà del secolo, ma nel 1800 si diradano e nella seconda metà  non si trovano più. Ciò significa che ben pochi sono rimasti in città una volta terminato il loro servizio e la permanenza si è limitata a pochi anni. 
Tra tutte le famiglie germaniche il cognome Roth è documentato con numerosi nuclei dal 1748 fino agli inizi del 1900.

Attraverso i Quinque Libri consultabili nell'Archivio Diocesano di Alghero cerchiamo di ricostruire la presenza di tedeschi nella nostra città. Preciso che, se non è facile leggere e interpretare i nomi e cognomi italiani, il problema si presenta molto più grave per i cognomi stranieri. Ho controllato i termini stranieri sul web per accertarmi della loro esistenza. Quelli non trovati sono evidenziati in corsivo.
Riporterò i nomi così come li ho letti. PP sta per padrini. Le parole o le date seguite da punto interrogativo sono di difficile interpretazione.


BATTESIMI

Il 6 agosto 1748 nasce Francesca Maria Giuseppa Roth di Giorgio Roth di Hermannstadt in Transilvania (Romania) e di Maria Agostina Caradonna. PP Giuseppe Albertas di Alessandria e Geltrude de Lilla di Licandorf.
Roth è un cognome ancora presente ad Hermannstadt dove Harald Roth è uno storico nato nel 1965.
La moglie di Giorgio Roth è algherese ma la sua famiglia è di provenienza meridionale (Puglia e Sicilia).

Il 22 aprile 1754 viene battezzato Giuseppe Antonio Felice Hasslegen?, di Sebastiano Hassleser?, tedesco, e di Maria Anna Fralender?, di Monaco di Baviera. PP Antonio Zasff?, e Maria Vittoria Vaitman, tedeschi. 
Maria Vittoria Vaitman è presente spesso come madrina, e questo ci fa pensare che fosse una persona molto stimata dagli algheresi. Viveva in città, qui formò la sua famiglia prima con Lorenzo Feys?, e in seconde nozze con il francese Andrea Valentin e qui concluse la sua esistenza. Nel 1792 abbiamo trovato anche Giovanni Vitman (probabilmente Vaitman). 

Il 26 febbraio 1758 nasce Maria Vittoria Roth figlia di Giorgio Roth di Hermannstadt in Transilvania (Romania) e di Maria Agostina Caradonna algherese. PP Giuseppe Massa di Marsiglia, e Maria Vittoria Vaitman di Ausyng?, in Germania.

Il 10 marzo 1759 viene battezzata Giovanna Maria Vittoria figlia di Paolo Detori e di Maddalena Sanna. PP  Andrea Valentin di Gagu in Gallia e sua moglie Maria Vittoria Vaitman di Germania.

IL 22 ottobre 1760 nasce Pietro Valentin di Andrea Valentin di Saint Firmin della Gallia e di Vittoria Vaitman della Germania. PP Orgias? Dunan?, della Gallia e Cecilia Fucj del Piemonte.

Il 13 gennaio 1761 nasce Carlo Giuseppe Marcholi figlio di Carlo Marchioli di Krisaim? nel Palatinato in Germania e di Ottavia Marta Marcholi di Villafranca dl Po in Piemonte. PP Giuseppe Fucardo e Anna Maria Freslin?

L'11 agosto 1775 viene battezzato Giacomo Baldassarre figlio di Giacomo Novara di Calasco in Piemonte e di Maddalena Rigola. PP Giuseppe Antonio Porchelare?, di Torino e Maria Vittoria Vaitman di Ausonia/Austria?, in Germania.

Il 30 maggio 1785 nasce Maria Giuseppa Enrico figlia di Giovanni Enrico di Berlino in Germania e di Maria Chiara Vicrel?, torinese. PP Giorgio Giacomo Perer?, e Maria Anna Sgrebel? Il battesimo è segnalato con due barre orizzontali e tre verticali che si sovrappongono, in maniera simile al cancelletto. # Potrebbe significare che la famiglia aveva una buona posizione. Il cognome è stato italianizzato.

Il 19 ottobre 1787 nasce Ignazio Giacinto Ruttenfussen figlio di Giovanni Henricus Ruttenfussen della Baviera e di Angela Maria Iszos? di Demont in Piemonte. PP Ignazio Knecht Julastad Anelkos e Giovanna Pietra Russseau di Orbetello.

Il 23 ottobre 1787 nasce Giovanni Antonio Alberto Masca figlio di Giovanni Masca di Therol in Germania e di Domenica Maria Bojo nata in Colero in Piemonte. PP Alberto Colphire Belforte in Gallia e Anna Maria Stefana Monjor.

Il 6 novembre 1788 nascono le gemelle  Rosa e Ursula figlie di Georgio Aen di Norbergen in Germania e di Elisabetta Lonfrons. PP Giacomo Vinisten e Maria Maddalena Costen. 

Il 25 novembre 1788 nasce Giovanni Giorgio figlio di Giovanni Enrico Rutten Fussen della Baviera e Angela Maria Cuarse/Coarse?, di Demonti in Piemonte. PP Giovanni Giorgio Bleim? Giovanni Vitelli e Giovanna Pietra Rousseau di Orbetello in Napoli (?).

Da una prima lettura si osserva che la provenienza dei padri è dalla Germania e che le madri non sono sarde ma tedesche o piemontesi.

CRESIME

Il 13 dicembre 1752 Maria Francesca Russella figlia di Gavino Russella (Rosella) e di Giuseppa Squinto viene cresimata. La sua madrina è Maria Vittoria Vaitman della Germania.

Il 13 dicembre 1752 si cresimano Maria Cecilia e Anna Maria di Lorenzo Figi/Feys?, e di Maria Vittoria Vaitman. La madrina è Susanna Ursula/Casula?


MATRIMONI

2 7mbre 1726

Fas feé Antoni Rurò cura, que comparegueren apres d las orassion de la nit en presencia de Baltasar Ruju axibé cura estant en sa casa Bernat Juseph Pligon fadrì natural de Ministro de Alemania soldat de Pastrozza? Piamontesa i nom de guerra Pecora, y Victoria Niolu fadrina de la present ciutat en presencia el qual, y dal D.r Agustì Dias, y e Andria Solìs testimonis donaren el mutuo concediment del sacrament de matrimoni en fee de lo quals

Ho riportato il documento nella lingua originale. Il 2 settembre 1726 Bernardo Giuseppe Pligon, soldato tedesco, si sposa a  casa con l'algherese Vittoria Niolu.

Il 30 gennaio 1748 Giuseppe Sambrin di Francoforte si sposa con Anna Maria Pinna di Alghero. Testi Avvocato  Francesco Solinas di Alghero e Pietro Haster di Colonia.

Il 25 maggio 1760 Giovanni Maria Vonadi (Von Haden?) proveniente da Kensispergen?, in Suavia (Svevia) si sposa con Agata Cadeddu algherese. Testi Giuseppe Murru e Raimondo Crasta.

Il 17 aprile 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Lazaro? Puk di Herlingen in Alemania si sposa in cattedrale con Margherita Croncain di Salvi?, in Alsazia. Testi R.do Francesco Sanna di Ozieri e Lorenzo Boneta piemontese.

Il 24 maggio 1761 Tobia Jrel soldato nel Regimine Wangenheim della città di Thuibingen (Tubinga) della Svevia Wurtenberg si sposa in cattedrale con Caterina Simone di Nomsheim della Svizzera. Testi Salvatore Espanu e Antonio Usai.

Il 27 maggio 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Giovanni Kolb soldato nel Regimine Wangenheim proveniente da Hargand in Pomerania si sposa con Maria Teresa Schmit di Cuneo in Piemonte. Testi Giuseppe Casano e Sebastiano Galibardi.

Il 31 maggio 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Andrea Teur soldato nel Regimine Wangenheim proveniente da Traselingen in Baviera si sposa con la vedova Antonia Chanj  di Cherasco in Piemonte. Testi Rev.do Francesco Sanna di Ozieri e Giovanni Andrea Pasqual di Tortona.

Il 26 luglio 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Pietro Mayer soldato nel Regimine Wangeheim proveniente da Thirne in Wustenberg in Germania si sposa in cattedrale con Anna Caterina Weber di Lucenberg nel Prebando in Germania. Testi Sebastiano Quiqui e Giuseppe Galibardu.

Il 28 luglio 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Nicola Ciart soldato nel Regimine Wangeheim proveniente da Poling in Lotaringia si sposa con Barbara Colorent di Scafausen in Svevia. Testi Luigi Mutier di Poling e Giacomo Masson di Sabia?.

Il 12 agosto 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Antonio Frech proveniente da Sotstael in Svevia si sposa in cattedrale con Anna Cristina Schmidin di Santa Margherita in Piemonte (?). Testi Bonifacio Frisxer e Carlo Marcholi della Germania.

Il 22 settembre 1761, dispensate le pubblicazioni per giusta causa, Firmu Prudel proveniente da Neiverach in Svevia si sposa con la vedova Luisa Margherita Boscio/Bosico di Camorano in Piemonte. Rev.do Francesco Sanna di Ozieri e Michele Espanu. 

Il 23 ottobre 1769 Giovanni Cristiano Orn vedovo di Laben?, soldato nella legione Spridu?, si sposa con Maria Antonia Roth (di Giorgio Roth e Maria Agostina Caradonna). Testi Enrico? Scosenberch? e Lorenzo Stob?

Il 27 maggio 1792 Francesco Ambeyeoner di Vesprisaah si sposa con la vedova Maria Antonia Zanattor di Alessandria. Testimoni Luigi Soler di Verinbere della Germania e Giovanni For?, di Falconia in Germania.

L'11 novembre 1792 in una messa solenne Samuele Blochal di Eremelmostier? (forse Munster) si sposa con  Elisabetta Nolzi di Alessandria. Testi  Enrico Olarie e Giovanni Vitman (forse Vaitman) di Lorie in Baviera.

DECESSI

Il 5 maggio 1752 muore Giovanni Giorgio Fister?, di Vitemberg in Germania, di 39 anni, e viene seppellito nel fossario. I soldati non venivano inumati nelle chiese ma avevano un loro spazio di sepoltura denominato fossario.

Il 25 ottobre 1755 muore Sebastiano figlio di Lorenzo Fucs e di Vittoria Fucs provenienti dalla Germania, di un anno e sei mesi, sepolto in cattedrale.

Il 21 novembre 1755 muore Giovanni Hillesang? soldato di 21 anni, sepolto nel loro cimitero.

Il 22 novembre 1755 muore Giacomo Braunn di Albinger in Germania soldato in Regiminis Rhetenssis de Sprechen, sepolto nel loro cimitero.

Il 26 novembre 1755 muore Giovanni Gaspare Reichel di Staclen in Silesia di 25 anni, era soldato in Regimine Sprechen.

L'8 ottobre 1757 muore Maria Giuseppa figlia di Antonio Machile dalla Germania e di Angela Delogu, di 3 anni,. La bambina viene sepolta in cattedrale. Il cognome Machile è scritto in modo chiaro ma non ha riscontro nel web.

Il 4 giugno 1760 muore Maria Luisa figlia di Andrea Valentin della Gallia e di Vittoria Vaitman della Germania, di un anno e undici mesi. Viene sepolta in cattedrale.

Il 24 settembre 1761 muore Francesco Giuseppe figlio di Cristoforo Gast?, di Menk in Germania, di 40 anni, soldato nel Regimine (Comando) Urano? Viene sepolto nel cimitero dei soldati.

Il 27 luglio 1762 muore Melchiorre Wurth di 22 anni, soldato in Regimine Wangenheim nato a Bregenz (comune austriaco) in Schuaban. Viene sepolto nel loro cimitero.

Il 12 agosto 1762 muore Andreas Heidinger del Regimine Wangenheim, dalla Suabia (regione storica della Germania), di 63 anni, viene inumato nel sepolcro comune. L'età è chiaramente leggibile nel documento e può meravigliare che ci fossero soldati così avanti negli anni.

Il 24 novembre 1762 muore Michele Branfort di 27 anni circa, della città di Balsen in Suavia, soldato nel Regimine Wangenheim. E' sepolto nel loro cimitero.

Il 24 marzo 1763 muore Giovanni Martino Negile?, soldato del Regimine Wangenheim della città di Stipz Kamburch (Amburgo?) in Franconia in Germania di 33 anni, inumato nel loro cimitero s.e.c.

Il 26 marzo 1763 muore Pietro Allison soldato nel Regimine Wangenheim della città di Verai? in Svizzera, di 49 anni, è sepolto nel loro cimitero. 

Il 20 maggio 1763 muore Margherita Neessin di Tisteldong? in Colonia di 35 anni, e viene sepolta nel loro cimitero. Probabilmente Margherita era moglie di un soldato ed è stata inumata nello spazio dedicato alle sepolture dei militari.

Il 30 giugno 1763 muore Paolo Jacob soldato del Regimine Wangenheim proveniente dalla città di Appenzel in Svizzera, di 50 anni, sepolto nel loro cimitero.

Il 13 luglio 1763 muore Giorgio Melzlen soldato del Regimine Wangenheim della cohorte Pasen/Basen di MysKuch in Suabia, di 45 anni, sepolto nel loro cimitero.

Il 16 luglio 1763 muore Cristoforo Solly di Gaspare soldato del Regimine Wangenheim  tenente della cohorte Loum?, proveniente dalla città di Imponiali-Noelthauren? in Sassonia di 60 anni, inumato nel loro cimitero.


COGNOMI PSEUDO TEDESCHI DI ALGHERO

Ad Alghero si trovano alcuni cognomi che sembrano tedeschi ma in realtà sono il frutto di errate trascrizioni. Ecco di seguito quelli che ho esaminato.

COL - Il cognome Col non è il Khol germanico. Inizialmente era Colli, è originario della Lombardia e oggi è particolarmente diffuso in Piemonte;

FRANK - Il cognome Frank che troviamo ad Alghero è forse di antica origine germanica ed è attestato in Catalogna da alcune generazioni. Giuseppe Giovanni Frank, nato ad Alghero nel 1830 era uno stimato insegnante che fu particolarmente attivo nel recupero dei rapporti tra Alghero e la Catalogna diventando un valido collaboratore di Eduard Toda.

UDANC - Il cognome Udanc/Udanch/Udank sembra originario della Germania ma il capostipite è Giovanni Secondo Tommaso Audan, proveniente da Asti. Nei documenti è diventato Audanc e infine Udanc. Altre modifiche si sono presentate nell'Ottocento: Udran, Uldanc, Uddanch. Nel Novecento la pronuncia si è stabilizzata in Udanc mentre la trascrizione può avere differenti finali: c, ch,ck, k.

ARTISSUNC - Artissunc inizialmente è Ardisson, ed è un cognome proveniente dalla Liguria e dal Piemonte. Trae origine dal nome personale germanico ardicionus, forte, valorosoIn un documento del 10 gennaio 1658 troviamo Giovanni Battista Ardisun di Diano (Marina). Già da allora il cognome Ardisson aveva subito una prima trasformazione. Nel corso del 1800 il cognome si stabilizza in Artissunc/Artissunch.

SUNCH

Il cognome Sunch compare più tardi e al momento la più antica citazione è del 12 agosto 1832 quando troviamo la madrina di cresima Teresa Sunc. Il 22 settembre 1845 viene battezzato Antonio Pasquale Sunch figlio di Gavino Sunch e di Barbara Meloni. Il 17 novembre 1842 si cresima Efisio figlio di Raffaele Piras e di Francesca Sunc. Pare che Sunc sia un cognome prettamente algherese e ancora oggi è molto diffuso.

Dopo aver parlato dei cognomi non posso fare a meno di ricordare che nella parlata algherese si tende a dare il finale ch a molte parole. Faccio degli esempi. Giuseppino diventa Giusepinch e Santino è Santinch; troviamo la località di Barranch, il soprannome Putranch. Carrion, cognome di una famiglia nobile di Alghero, diventa Carrionch in un modo di dire. 

Nei cognomi esaminati le finali an, son, un, hanno preso il ch e la trasformazione è evidente nei documenti della parrocchia di Santa Maria.

C'è la certezza di un solo cognome tedesco rimasto ad Alghero fino ai primi anni del 1900, ed è Roth.






venerdì 13 novembre 2020

Ancora sulle epidemie

Stamattina riflettevo su alcune conseguenze del blocco attuato in occasione della pandemia che, per la prima volta nella storia dell'uomo, ha costretto contemporaneamente gran parte delle persone di diversi continenti ad uno stile di vita imposto per motivi che non si discutono. Naturalmente molto dipende dalla durata delle restrizioni e noi tutti ci auguriamo di tornare al più presto alla normalità.
Scriverò questo post in più tempi, senza seguire un ordine logico ma in base a ciò che mi verrà in mente. Tratterò anche argomenti molto tragici per cercarne i risvolti pratici anche se questo potrà sembrare segno di insensibilità. Tutti noi sappiamo, per aver sentito dire, che l'esistenza si è sempre snodata tra tali e tante catastrofi che, una volta superate, sono state assimilate e anche dimenticate. 
Le mie ricerche negli Archivi mi hanno fatto vedere come, dopo periodi di pestilenze ed epidemie, si contraeva una grande quantità di matrimoni tra vedovi.



L'epidemia di colera del 1855 aveva causato ad Alghero circa 600 decessi. Già alla fine dell'anno iniziano a celebrarsi matrimoni tra vedovi. Il documento ci mostra due atti di matrimonio registrati nel 1858: il primo tra Pasquale Dessenas celibe e Maddalena Ballone, vedova; il secondo tra Giovanni Peana e Gerolama Peana, entrambi vedovi

La società veniva sconvolta, alcune proprietà si trovavano senza un legittimo intestatario e venivano divise tra lontani parenti o passavano allo stato, gli immobili venivano trascurati e decadevano, si generavano comunque momentanea confusione e sconcerto tra i sopravvissuti. Fortunatamente non siamo a quei livelli di mortalità, ma certamente avremo, anche se in misura ridotta, delle ripercussioni che avvantaggeranno alcuni mentre recheranno danni ad altri.

Vediamo dunque alcuni aspetti che si stanno già presentando. 

1. Circolano pochissimi mezzi di trasporto per cui credo che sia altamente improbabile che accadano incidenti. Nel frattempo le Assicurazioni riscuotono i soldi come se nulla fosse cambiato.

2. Purtroppo stanno venendo a mancare tante persone anziane e questo fa sì che molte pensioni decadranno con svantaggio per le famiglie e vantaggio per lo Stato.

3. Anche senza una nostra consapevolezza, si modificherà il nostro mondo dei valori. Ciò che abbiamo sempre dato per scontato acquista oggi un maggior valore. Il fatto di trascorrere tutto il tempo dentro casa ci porta a curarla con maggiore attenzione e a renderla più comoda e confortevole. 

4. Non voglio neppure pensare a coloro che, avendo un'attività lavorativa autonoma, sono adesso impediti di lavorare. Per loro il danno è incalcolabile e possiamo solo sperare che, una volta conclusa questa forzata chiusura, si trovi il modo di recuperare ciò che si è perso.


12 GENNAIO 2022

Dalla mia isolata Sardegna assisto impotente al delirio che continua a sconvolgere le fondamenta del nostro vivere. E' proprio vero che finalmente si intravvede il tunnel in fondo al tunnel? Siamo davvero entrati in un sistema che appiattirà tutte le esistenze in un amalgama sempre più indefinito, acquiescente e soporifero? Si è davvero messo in funzione il silenziatore dell'autocoscienza, si è proprio iniziato il processo per la costruzione di una massa omologata al nulla, schiacciata da un anonimo e sconosciuto ultrapotere?
A momenti sembra che qualcuno stia per risvegliarsi da questo sonno del cervello ma sono soltanto sprazzi di luce soffocati da interminabili fasci di buio assoluto. 
Che cosa possono toglierci ancora?





giovedì 5 novembre 2020

Signore, perdona loro

 


Signore, perdona loro perché non sanno quello che fanno.

E' il solo commento che mi sento di fare alla notizia dei provvedimenti presi in questa circostanza che da tragica rischia di diventare ridicola. Hanno dato colori differenti alle regioni e le restrizioni prese per ciascuna di loro hanno solo leggere sfumature. In Sardegna, inizialmente verde, poi tenuemente gialla (per non discostarsi troppo dalla rossa Lombardia), sono interdetti archivi e  biblioteche, luoghi notoriamente affollati in ogni ora della giornata, soprattutto adesso che in biblioteca si può solo andare a prendere o rendere libri e in archivio si va al massimo a due per volta per appuntamento.

I drogati del potere (e non solo) cercano in tutti i modi di affermare e consolidare la loro posizione a prescindere dagli effetti che le loro decisioni avranno sui sottoposti. La gente ha paura, bisogna mantenere questo prezioso sentimento che permette al potere di delirare e di godere ogni momento di tale delirio.

Basta manipolare i numeri e non è poi tanto difficile. E se sono proprio tanto bassi, si possono sempre alterare leggermente le cause di morte, tanto niente vieta di essere positivi al covid, anche se la causa di morte è tutt'altra.

Non voglio sminuire la pericolosità del covid, anche perché non ho le competenze per farlo, ma mi guardo intorno e fortunatamente non vedo situazioni da epidemia.

Ci siamo cautelati in tutti i modi per evitare il contagio, abbiamo ubbidito a tutte le raccomandazioni. Noi ad Alghero possiamo dire di non sapere neanche che cosa sia questa pandemia (si parla di pandemia quando i numeri sono ben altri) e nonostante ciò ci si impedisce di svolgere le normali attività, pur con tutta la prudenza possibile. Ma veramente, in mani a chi siamo?

Alghero ha avuto diverse epidemie: alcune di peste, molto molto virulente, con, sembra, migliaia di morti; una di colera nel 1855 con 600 morti in due mesi; una di spagnola con 100/120 morti da agosto a novembre 1918; paragonate ad altre località il tributo pagato da Alghero è stato comunque limitato sia per il colera che per la spagnola. Ma si vede che i numeri sono ben diversi.

Assistiamo invece ad una vera ecatombe di negozianti, imprenditori, artisti. In un territorio privo di strutture produttive che si basa su turismo, ristorazione, eventi, l'economia è stata messa a dura prova e purtroppo ci sono già delle vittime. Per non parlare di altre gravissime patologie che purtroppo non vengono prese nella dovuta considerazione come si dovrebbe. 

Ho il sospetto che questo clima di terrore che favorisce i poteri locali e mondiali, non finirà tanto facilmente. Ho l'impressione che si cercherà in tutti i modi di prolungarlo, magari sostituendo il covid con qualcos'altro, quando questo virus non sarà più fruibile. 

Chissà ...

giovedì 24 settembre 2020

Spagnola in tempo di Covid

 


Parlando di Spagnola al tempo del Covid


Mercoledì 23 settembre 2020 nella Sala delle Conferenze del Qualté di Alghero nell'ambito del Sant Miquel Festival si è tenuta la conferenza di Eugenia Tognotti, Professore Ordinario di Storia della Medicina e Scienze Umane dell'Università di Sassari, su un argomento di grande attualità: la pandemia di Spagnola del 1918 e quella di Covid. L'incontro, inizialmente previsto nel giardino della Villa Costantino, è stato spostato al Qualté a causa del tempo inclemente, che quest'anno purtroppo ha fatto annullare o rinviare le manifestazioni all'aperto del Sant Miquel Festival dedicato al patrono di Alghero che si festeggia il 29 settembre. Per il convegno la Fondazione Alghero ha concesso la Sala e il Comune di Alghero ha dato il suo patrocinio.

L'evento è stato organizzato dall'Associazione Vetera et Nova che ha avuto l'indispensabile collaborazione dell'Associazione Tholos con il presidente Franco Sanna, di L'A Edicions de l'Alguer nella persona di Salvatore Izza, infaticabile organizzatore di numerose riunioni a carattere culturale e musicale dell'estate 2020, e del sito storiedialghero.it creato da Carmelo Murgia e Nino Monti che è stato l'ispiratore del tema in quanto si è occupato della Spagnola fin dalla ricorrenza del centenario della pandemia nell'autunno 2018.

In apertura il pianista M° Adriano Murgia ha eseguito un brano di Beethoven, quindi Salvatore Izza ha presentato la relatrice già nota al pubblico per le numerose pubblicazioni sulle epidemie che si sono succedute nel corso del tempo e in particolare per il volume La Spagnola in Italia. La presidente dell'Associazione Vetera et Nova, Giuliana Ceravola, ha rivolto brevi parole di saluto al pubblico, quindi l'attore Ignazio Chessa ha letto, accompagnato da un appropriato sottofondo musicale, alcune lettere che i testimoni delle stragi operate dalla Spagnola inviavano a familiari che erano emigrati in America. Siccome in quel periodo vi era la censura di guerra e non si potevano diffondere notizie così terribili, la corrispondenza è stata intercettata e conservata nel Reparto censura militare posta estera. Questo materiale si è rivelato un prezioso strumento d'indagine per la prof. Tognotti che ha potuto cogliere le parole di chi stava subendo incredibili e angoscianti situazioni che andavano a toccare nel profondo i sentimenti più radicati dell'animo umano come la pietas verso i defunti, e che a distanza di un secolo riescono ancora a farci provare forti emozioni.

Eugenia Tognotti ha esposto il risultato della sua ricerca condotta principalmente sugli articoli dei quotidiani, delle riviste mediche e su documenti ufficiali delle prefetture e del governo e ha messo in rilievo la scarsità di studi sull'argomento dovuti soprattutto all'oblio di coloro che hanno vissuto quella terribile esperienza.

Tale velo era stato steso da chi, appena uscito da quell'orrendo periodo di guerra e di malattia, desiderava soltanto dimenticare le sofferenze e i lutti subiti fino ai limiti estremi dell'umana sopportazione. Le immagini dei giovani malati che lottavano contro l'invisibile virus che in pochi giorni li portava via, l'agghiacciante ricordo del trasporto frettoloso delle salme che non avevano neppure avuto l'estremo saluto dei familiari, i sensi di colpa per aver assistito impotenti alle tragedie che si compivano inesorabili al loro cospetto, erano troppo difficili da rievocare per i superstiti.

La prof. Tognotti ha dunque dovuto cercare le testimonianze nei trafiletti dei giornali, nei necrologi che diventavano sempre più numerosi di giorno in giorno, nei provvedimenti imposti da sindaci, prefetti e ministri. A scorrerli, ci si accorge che è proprio vero che la storia si ripete. Infatti le raccomandazioni più frequenti riguardavano l'igiene personale, soprattutto delle mani, il distanziamento sociale, la scrupolosa pulizia degli ambienti pubblici. Naturalmente le scuole furono aperte soltanto dopo aver acquisito la certezza che la malattia andava ad esaurirsi e ciò accadde a fine novembre.

Il bilancio della pandemia fu veramente pesante e in Sardegna eguagliò quello della guerra che in quei giorni ebbe il suo epilogo forse anche a causa dell'influenza, dato che la Spagnola aveva colpito gravemente gli eserciti.


Voglio qui rimarcare che la serata, nonostante le avversità meteorologiche e le regole imposte dalla pandemia di Covid che non hanno consentito la partecipazione di tutti coloro che avevano inviato la richiesta, ha avuto un pubblico attento e interessato alla relazione presentata dalla prof. Tognotti con un linguaggio competente e chiaro, corredata da numerose diapositive, e che ha mostrato di apprezzare gli interventi musicali del valente pianista Adriano Murgia e la lettura molto coinvolgente di Ignazio Chessa.

L'incontro è stato filmato e a breve sarà inserito tra le proposte del sito storiedi alghero.it.








venerdì 3 aprile 2020

Epidemie ad Alghero: Spagnola e Covid 19


1918 Spagnola - 2020 Coronavirus



E fu il deserto ...
5 aprile 2020. Piazza Sventramento dalla finestra di Angela


L'attualità di un'emergenza improvvisa quanto imprevista ci ha messo di fronte a eventi che credevamo appartenere soltanto a un lontanissimo passato, dei quali peraltro si è raccontato sempre molto poco. Tra i ricordi familiari talvolta erano comprese le guerre, i libri di storia si sono sempre occupati dei momenti epocali della nazione, e solo ultimamente qualcuno ha iniziato a ricercare, in documenti d'Archivio fino ad ora mai consultati, come vivevano quei milioni di persone senza volto e senza nome che quotidianamente tribolavano la giornata per cercare di sopravvivere alla natura e ai potenti di turno. Crediamo di conoscere la storia ma in realtà abbiamo soltanto memorizzato nomi, date, eventi che sono l' effetto della volontà di pochi e che non rispecchiano certamente la grande varietà di situazioni, accadimenti, stati d'animo che hanno dato una fisionomia reale e concreta al nostro passato e che permeano il nostro presente.

1918 – La pandemia di Spagnola

Nei primi mesi dell'autunno 1918 la popolazione si è trovata soverchiata da due elementi contro i quali non aveva alcuna difesa. Infatti alla guerra, decisa dai gruppi di potere, che aveva stremato le famiglie per più di tre anni, si è aggiunta la forza della natura che ha scatenato contro l'umanità un micidiale nuovo virus dell'influenza.
Il termine “Spagnola” evoca un'epidemia della quale però conosciamo solo il nome. Eppure in questi giorni stiamo vivendo un'esperienza che, per alcuni aspetti, si presenta molto simile a quella vissuta un secolo fa dai nostri avi. Anche allora il nemico è arrivato in silenzio, non si è fatto riconoscere subito, ma con il passare dei giorni ci si è accorti che non si trattava di una normale influenza perché tanti, troppi contagiati morivano per le sue complicazioni: tracheobronchiti, bronchiti acute, catarri soffocanti, edema polmonari e polmoniti che, in assenza assoluta di farmaci adeguati, conducevano rapidamente alla morte. L'unica raccomandazione dei medici era di evitare il contagio e di curare in particolare la pulizia delle mani, delle cavità nasali e della bocca. Alcuni consigliavano di introdurre vaselina nelle narici per impedire l'accesso ai microbi oltre ad effettuare polverizzazioni nel naso con olio mentolato.
Le cure praticate erano costituite principalmente da analgesici, antisettici e disinfettanti. Negli ospedali si praticavano iniezioni a base di canfora utili per le congestioni delle vie aeree superiori e inferiori specialmente in presenza di tosse, siero antipneumococcico per ridurre il rischio di polmoniti, e inoltre si somministravano fenolo (antisettico) e mentolo per alleviare le irritazioni delle vie aeree.
La popolazione si riforniva di chinino nonostante i medici avessero chiarito che il farmaco non aveva alcuna efficacia in caso di influenza. Presto le scorte di chinino scarseggiarono a danno dei malati di malaria nelle campagne e nelle zone di guerra. Nelle farmacie si acquistavano espettoranti, e molti ricorrevano ai vecchi rimedi di medicina popolare per i brividi di freddo e per la febbre come fumigazioni, decotti, sciroppi, applicazione di tegole o mattoni caldi.
Le persone più colpite erano i ragazzi e i giovani adulti. In tutto il mondo il tasso più elevato di mortalità si è riscontrato negli individui con un'età compresa tra i quindici e i quarant'anni. Pare infatti che gli anziani fossero più resistenti al contagio in quanto già colpiti dall'influenza del 1889 e quindi immunizzati.
La stampa tranquillizzava la popolazione ma in contrasto con tali rassicurazioni si prendevano subito drastici provvedimenti: veniva rinviata l'apertura delle scuole elementari ed erano proibiti gli assembramenti. Si vietarono le visite in ospedale dove i contagiati, se era possibile, venivano isolati.
Si raccomandava particolare attenzione nella pulizia e disinfezione di case, uffici, chiese dove si chiedeva che venissero disinfettati con cura i banchi e i confessionali. Si sospesero le feste patronali e si consigliava di ridurre al minimo la frequentazione di teatri e locali cinematografici Col passare dei giorni, nonostante i giornali continuassero a rassicurare sul decrescere dell'influenza, si attuarono ulteriori restrizioni che modificavano anche i rapporti sociali: vietato visitare gli ammalati, porgere le condoglianze, partecipare ai funerali. Anche gli abbracci, i baci e le strette di mano erano messi al bando. Mussolini scriveva sul “Popolo d'Italia” che se la sudicia abitudine di stringere la mano fosse stata vietata, la spagnola sarebbe scomparsa nel corso di una notte.
Finalmente intorno alla metà di novembre la malattia iniziò a regredire, per cessare alla fine del febbraio successivo.
Una stima fornisce la cifra di 12 mila decessi nell'Isola e la fascia di età più colpita è quella tra i venti e i quarant'anni. Dal 1915 al 1918 erano morti in guerra 13.602 soldati sardi.

2020 – La pandemia di Coronavirus

In questi giorni il nostro pensiero è andato a epoche lontane, delle quali abbiamo letto nei libri di storia e nei romanzi, che parlano di terribili epidemie, di lazzaretti, di fosse comuni, e di quanto di più tragico hanno dovuto subire le popolazioni nei secoli passati.
Inizialmente molto increduli, ci siamo trovati nel bel mezzo di una pandemia così, all'improvviso, e c'è voluto un po' di tempo per capire che cosa stava accadendo proprio a noi, superprotetti da vaccini e medicine, da un'organizzazione sanitaria capillare, da una scienza medica che ritenevamo perfettamente in grado di padroneggiare una semplice influenza.
Non potevamo neppure immaginare lo scenario che si presenta quando contemporaneamente si ammala un numero di persone fuori controllo, provocando un affollamento insostenibile nelle strutture sanitarie e costringendo talvolta i medici a fare delle scelte angoscianti.
Ogni influenza ha le sue vittime prescelte. La spagnola colpiva soprattutto i giovani e gli adulti fino ai 40 anni, mentre il coronavirus preferisce gli anziani, in prevalenza uomini, i quali spesso hanno altre patologie che si aggravano rendendo inutile ogni cura.
Ancora siamo nel bel mezzo dell'accadimento, ancora non possiamo capirne gli sviluppi, ma certamente abbiamo già fatto le nostre riflessioni.
Questo clima di segregazione, di chiusura, di abbandono delle attività è percepito in maniera differente in ragione dell'impatto economico che comporta per ciascuno di noi e anche in relazione all'età. Non possiamo fare delle previsioni sulle conseguenze anche perché molto dipende da quanto sarà lungo il periodo di restrizioni e dal bilancio finale che si sta già presentando molto pesante. Se dobbiamo riferirci alla Spagnola possiamo dire che nel 1918 guerra e pandemia hanno dato un colpo durissimo a tanti popoli, ma stiamo anche parlando di numeri decisamente superiori su una popolazione mondiale che non raggiungeva i due miliardi di persone. Un miliardo era stato contagiato e il bilancio finale è stato di 50 milioni di decessi.

Cosa fare?

In conclusione, ricordiamo che una situazione avversa può essere trasformata in opportunità. Possiamo trascorrere questo momento di pausa in attività di lettura, di ricerca, di creazione artistica, di revisione dei nostri personali archivi stivati nei cassetti o dentro sportelli negletti da anni, e nella concretizzazione di tutto ciò che abbiamo sempre rimandato e non abbiamo mai avuto il tempo di realizzare.
Se vogliamo trovare qualcosa di positivo nella nostra attuale vicenda possiamo pensare che forse questa esperienza servirà a farci capire che la natura, per quanto noi cerchiamo di sottometterla, è sempre in grado di riprendersi i suoi spazi come hanno dimostrato le immagini dei delfini sotto costa, dei cigni in città, dell'aria senza smog e delle acque trasparenti. Forse qualcuno ci sta dicendo che per una migliore qualità della vita si può anche fare qualche rinuncia senza perciò sentirci diminuiti nelle nostre prerogative di signori del creato.

La parte relativa all'influenza Spagnola è tratta dallo studio di Eugenia Tognotti pubblicato nel volume Dal mondo antico all'età contemporanea, Studi in onore di Manlio Brigaglia, Guerra ed epidemia, la “Spagnola” in Sardegna, Carocci, 2001.



giovedì 26 marzo 2020

Coronavirus - Conseguenze

Vista l'emergenza Corona Virus propongo gruppi di lettura on line sull'epidemia di Spagnola ad Alghero. 

Chi è interessato può contattare la e-mail tilgio@virgilio.it per ricevere notizie sull'argomento.

Stamattina riflettevo su alcune conseguenze del blocco attuato in occasione della pandemia che, per la prima volta nella storia dell'uomo, ha costretto contemporaneamente gran parte delle persone di diversi continenti ad uno stile di vita imposto per motivi che non si discutono. Naturalmente molto dipende dalla durata delle restrizioni e noi tutti ci auguriamo di tornare al più presto alla normalità.
Scriverò questo post in più tempi, senza seguire un ordine logico ma in base a ciò che mi verrà in mente.


1. Circolano pochissimi mezzi di trasporto per cui credo che sia altamente improbabile che accadano incidenti. Nel frattempo le Assicurazioni riscuotono i soldi come se nulla fosse cambiato.

2. Purtroppo stanno venendo a mancare tante persone anziane e questo fa sì che molte pensioni decadranno con svantaggio per le famiglie e vantaggio per lo Stato.

3. Anche senza una nostra consapevolezza, si modificherà il nostro mondo dei valori. Ciò che abbiamo sempre dato per scontato acquista oggi un maggiore pregio. Il fatto di trascorrere tutto il tempo dentro casa ci porta a curarla con maggiore attenzione e a renderla più comoda e confortevole. 

4. Non voglio neppure pensare a coloro che, avendo un'attività lavorativa autonoma, sono adesso impediti di lavorare. Per loro il danno è incalcolabile e possiamo solo sperare che, una volta conclusa questa forzata chiusura, si trovi il modo di ripartire e di recuperare ciò che si è perso.

5. Come hanno fatto vedere alcuni filmati, il mare nei pressi delle coste è pulito, nell'aria non c'è smog, e la natura ringrazia.

6. Sta a cquistando sempre più importanza la comunicazione tramite internet: lavoro, studio, amicizie, viaggiano su internet mantenendo vivi l'impegno e i rapporti sociali.

7. Rimane il sospetto che, pur non togliendo nulla alla gravità della situazione, l'isolamento forzato non dispiaccia al potere. Sembra quasi di vivere nelle atmosfere di 1984 di Orwell con cittadini  controllati e sorvegliati nei loro spostamenti anche se nel romanzo gli scopi erano politici e non sanitari. 


Continua ...

domenica 8 marzo 2020

La "spagnola" ad Alghero - 1918

Vista l'emergenza Corona Virus propongo gruppi di lettura on line sull'epidemia di Spagnola ad Alghero. 

Chi è interessato può contattare la e-mail tilgio@virgilio per ricevere notizie sull'argomento.


         CENTO ANNI FA LA “SPAGNOLA” - 1918-2018


In Italia, il primo allarme venne lanciato a  Sossano (Vicenza) nel settembre del 1918, quando il capitano medico dirigente del Servizio sanitario del secondo gruppo reparti d'assalto invitò il sindaco a chiudere le scuole per una sospetta epidemia di tifo

Nell'immaginario collettivo l'idea di strage nel 1900 è associata alle guerre ma l'impressione è fuorviante. Se è vero che nella prima guerra mondiale sono morte 16 milioni persone e nella seconda 68 milioni, c'è stato un altro killer silenzioso e subdolo che ha provocato circa 50 milioni di vittime in tutto il mondo nell'arco di pochi mesi a cavallo tra il 1918 e il 1919.
Il virus della “spagnola” raggiunge l' Europa nella primavera 1918 portato dalle truppe statunitensi che partecipano alla Grande Guerra. La notizia della terribile epidemia viene censurata dalla stampa e ne parlano per primi i giornali spagnoli visto che la Spagna, non coinvolta nel conflitto, non pratica la censura di guerra. Per questo motivo la pandemia è conosciuta come “spagnola”.
Non esistono dei dati certi, ma alcuni parlano di un miliardo di persone contagiate e almeno 50 milioni decedute nel mondo. Per l'Italia è accreditato il dato di 375 mila decessi a causa dell'influenza ma in realtà non è stato mai possibile quantificare con esattezza il numero dei morti per il contagio.



La spagnola in Sardegna



Vediamo ora in particolare qual è stato l'impatto di questo terribile morbo nei nostri territori.
In Sardegna “Il peggio venne nell'autunno del 1918, proprio quando la guerra era prossima alla conclusione. Fra il settembre e l'ottobre giunse in Sardegna un'epidemia influenzale di estrema gravità, che aveva esito mortale in un altissimo numero di casi; era quella che si chiamò “febbre spagnola”, sebbene non dalla Spagna venisse, ma dall'Asia, probabilmente dalla Cina, e che già dilagava in buona parte dell'Europa e nel resto dell'Italia. Le conseguenze furono di gravità straordinaria. In Sardegna, soltanto negli ultimi mesi del 1918, morirono poco meno di diecimila persone, e ne morirono altre tremila nei due anni successivi. In Italia i casi mortali accertati furono 274 mila nel 1918, 32 mila nel 1919, 24 mila nel 1920 per un totale di 330 mila; In Europa, nell'arco di tre anni, non meno di dieci milioni1”.
Un grave ostacolo alla ricostruzione dell'evento è dato da “un vuoto desolante di documenti”2 pubblici e privati (memorie, epistolari, diari). La morte di tanti giovani deceduti per l'epidemia è stata cancellata dalla memoria, quasi per fare spazio al sacrificio di altri giovani, gli eroi caduti per la Patria.
Per definire i contorni di questo spaventoso periodo di malattia e morte, Eugenia Tognotti si serve delle cronache locali di quotidiani, dei provvedimenti delle autorità sanitarie e di altri scarsi documenti ufficiali.
L'epidemia arriva a Cagliari nella primavera 1918 ma inizialmente non provoca vittime. Verso la metà di settembre i prefetti di Cagliari e Sassari rendono obbligatoria la denuncia dei casi di influenza che si manifesta con “complicanze anche letali”3



1 100 anni della nostra storia, 1915/1925 Dai Campi alla trincea di Angelo De Murtas La Nuova Sardegna, 1991, E la “febbre spagnola” miete diecimila vittime in pochi mesi, p. 29,

2 Eugenia Tognotti, Dal mondo antico all'età contemporanea, Studi in onore di Manlio Brigaglia, Guerra ed epidemia, la “Spagnola” in Sardegna, p. 774

3Ibidem, p. 777


                          La febbre dei tre giorni



L'influenza ha un decorso breve e per questo è stata denominata “febbre dei tre giorni” ma purtroppo è a volte seguita da complicanze dell'apparato respiratorio: tracheobronchiti, bronchiti acute, catarri soffocanti, polmoniti, edema polmonari che sono causa di morte, non essendosi ancora trovati farmaci idonei a contrastarle. L'unica raccomandazione che fanno i medici è di evitare il contagio e di curare in particolare la pulizia delle mani, delle cavità nasali e della bocca. Alcuni consigliano di introdurre vaselina nelle narici per impedire l'accesso ai microbi oltre ad effettuare polverizzazioni nel naso con olio mentolato1.
Le cure praticate sono a base di tintura d'oppio canforato (analgesico), di acido fenico (antisettico e disinfettante), di percloruro di mercurio (disinfettante). Negli ospedali si praticano iniezioni a base di canfora utili per le congestioni delle vie aeree superiori e inferiori specialmente in presenza di tosse, siero antipneumococcico per ridurre il rischio di polmoniti, e inoltre si somministrano fenolo (antisettico) e mentolo per alleviare le irritazioni delle vie aeree.
Nei giorni dell'epidemia si assiste a un vero e proprio assalto al chinino, nonostante i medici abbiano chiarito che il farmaco non ha alcuna efficacia in caso di influenza. Presto le scorte di chinino scarseggiano a danno dei malati di malaria nelle campagne e nelle zone di guerra. Nelle farmacie si acquistano espettoranti, e molti ricorrono ai vecchi rimedi di medicina popolare per i brividi di freddo e per la febbre come fumigazioni, decotti, sciroppi, applicazione di tegole o mattoni caldi2.
A fine settembre La Nuova Sardegna pubblica alcuni “Consigli popolari per la difesa individuale contro l'influenza” forniti da una commissione formata da un gruppo di medici. Naturalmente non si fa mai cenno alle complicazioni dell'influenza e neppure alla sua vasta diffusione. Nei giorni successivi nascono numerosi comitati formati da medici militari, studenti di medicina, infermieri, militi della Croce Rossa, preti e maestri, che cercano di colmare i vuoti lasciati dai medici impegnati nelle zone di guerra. Anche le donne si impegnano nella ricerca di fondi e nella distribuzione dei generi alimentari agli ammalati bisognosi.
Le persone più colpite sono i ragazzi e i giovani adulti. In tutto il mondo il tasso più elevato di mortalità si riscontra negli individui con un'età compresa tra i quindici e i quarant'anni. Pare infatti che gli anziani siano più resistenti al contagio in quanto già colpiti dall'influenza del 1889 e quindi immunizzati.
I giornali smentiscono le voci di una grave epidemia diffusa in tutta l'Europa, ma nel contempo viene rinviata l'apertura delle scuole elementari e vengono proibiti gli assembramenti. Si vietano le visite in ospedale dove i contagiati, se è possibile, vengono isolati.
Si raccomanda particolare attenzione nella pulizia e disinfezione di case, uffici, chiese dove si chiede che vengano disinfettati con cura i banchi e i confessionali. Si sospendono le feste patronali e si consiglia di ridurre al minimo la frequentazione di teatri e locali cinematografici Col passare dei giorni, nonostante i giornali rassicurino sul decrescere dell'influenza, si attuano ulteriori restrizioni che modificano anche i rapporti sociali: vietato visitare gli ammalati, porgere le condoglianze, partecipare ai funerali. Anche gli abbracci, i baci e le strette di mano sono messi al bando. Mussolini scrive sul “Popolo d'Italia” che se la sudicia abitudine di stringere la mano fosse stata vietata, la spagnola sarebbe scomparsa nel corso di una notte3


4Ibidem, p.779
5Ibidem, p.780
6Ibidem, p. 788

                               Scenari terrificanti


A scorrere le cronache di Nuoro, de La Maddalena e dei tanti paesi della Sardegna appare uno scenario terrificante. Per sostenere famiglie in difficoltà vengono organizzate squadre di volontari che forniscono assistenza, medicine e alimenti. La mortalità è molto alta e talvolta colpisce interi gruppi familiari. A Tula il prete e il medico non possono svolgere le loro funzioni in quanto anche loro malati, si ricorre alla Croce Rossa per la disinfezione delle abitazioni e per il trasporto dei cadaveri (alla pietosa incombenza vengono adibiti anche militari in convalescenza) e lo scenario appare veramente apocalittico7.

Finalmente intorno alla metà di novembre la malattia inizia a regredire, per cessare alla fine del febbraio successivo. Una stima fornisce per il 1918 la cifra di 12 mila decessi nell'Isola e la fascia di età più colpita è quella tra i venti e i quarant'anni. In tre anni di guerra erano morti 13.602 soldati sardi8.
A Cagliari si dispone l'apertura delle scuole di ogni ordine e grado per il 21 novembre. A Sassari gli istituti scolastici aprono il 2 dicembre e a Nuoro il 9 dicembre. Nei caseggiati si procede a una rigorosa pulizia e disinfezione di tutti i locali e gli alunni vengono sottoposti a una visita medica prima di essere ammessi alla frequenza.


                        Fine della Grande Guerra


Nel periodo di maggior impatto della malattia l'Italia festeggia la vittoria finale della guerra nei campi di battaglia.
Martedì 12 novembre giunge al prefetto di Sassari un telegramma del generalissimo Diaz con la notizia che il tricolore sventola sulla torre del Buon Consiglio e sulla torre di san Giusto. Dopo mezzogiorno si diffonde ad Alghero la notizia dell'armistizio e, «in segno di festa e di esultanza, mons. Vescovo fece suonare tutte le campane, e subito si formò un lungo corteo, che con la bandiera spiegata e musica percorse le vie della città. Non mancarono i discorsi patriottici».
Nonostante le raccomandazioni ad evitare gli affollamenti e i contatti tra le persone, «ad iniziativa dell'Unione popolare cattolica alla quale ha ben volentieri aderito Mons. Vescovo ed il Rev.mo Capitolo, la sera della domenica 17 novembre 1918 per la cessazione delle ostilità e la vittoria delle nostre armi si tenne nella Cattedrale funzione solenne di ringraziamento. Parato l'altare maggiore come nelle maggiori feste, con sfarzo di cera a spese del Capitolo, e con palme simboliche, non fecero difetto la bandiera nazionale e le epigrafi alla porta di chiesa, ai due lati della balaustra e delle due colonne, [...] Intervennero alla funzione le autorità appositamente invitate, la Società, i Gremi e le associazioni maschili e femminili con i rispettivi stendardi, e molto popolo. Il discorso di circostanza fu tenuto da monsignor Vescovo e, lui celebrante, si cantò il “Te Deum” col Santissimo esposto e si terminò con la prima benedizione eucaristica.
La domenica successiva, 24 novembre, con a capo mons. Vescovo si andò in pellegrinaggio a Valverde per ringraziare la Vergine Benedetta della grazia ottenuta»9.


Bisogna comunque aggiungere che, a differenza di altri centri dell'isola, la spagnola non è stata particolarmente letale ad Alghero. Forse in quei giorni non si ha la percezione esatta della pericolosità del morbo per cui non lo si ritiene un motivo valido per rinunciare ai festeggiamenti di un evento così felice come la fine di un incubo.

Il 15 novembre il rettore dell'Università di Sassari inaugurando l'anno accademico legge i nomi degli studenti caduti in guerra ma non fa alcun cenno ai tanti studenti morti pochi giorni prima a causa dell'epidemia1.

7Ibidem, p. 794
8Ibidem, p. 795
9Archivio Storico Diocesano di Alghero
1Ibidem, p. 795



                       
      Condizioni igieniche di Alghero  e sanità pubblica

Fatta questa necessaria premessa per capire l'impatto del contagio che in quegli anni ha contribuito, insieme alla guerra, a provocare un grave danno demografico, economico e sociale nella nostra Isola, vediamo ora nello specifico come l'epidemia si è presentata nella nostra città.

Iniziamo ad esaminare un documento molto importante dell'aprile 1919.
Il peggio dell'epidemia di spagnola è ormai alle spalle e il 2 aprile 1919 il sindaco riceve dal sottoprefetto la seguente comunicazione:
Risultami che l'ufficiale sanitario dott. Pisano ha scritto alla S.V.I. la seguente lettera «Di fronte alle deplorevoli condizioni igieniche dell'abitato di Alghero, potendo essere questo causa di gravi inconvenienti in rapporto alla sanità pubblica, prego la S.V.I. affinché ciò considerando, voglia prendere i più rigorosi provvedimenti:
Intensificare la vigilanza, e la nettezza pubblica aumentando il numero dei carri e del personale adibito a tale servizio.
Proibire assolutamente l'allevamento delle galline in città
Provvedere a liberare la città dal numero di cani vaganti i quali possono essere causa dii contagi di malattie all'uomo: rabbia, tenia, echinococco, cimurro, ecc. Si deve rimettere in onore l'accalappiacani e i bocconi di stricnina.
Proibire rigorosamente, comminando pene severe, Il gettito di immondizie, rifiuti e acque luride dalle finestre e dalle porte delle case nella pubblica via.
Raccomandare la massima vigilanza agli agenti municipali i quali, anche quotidianamente dovranno sorvegliare le stalle e i cortili interni delle case che servono spesso da depositi d immondizie e da vivaio alle mosche veicoli di malattie infettive».
Nell'interesse dell'igiene e della salute pubblica prego dare energiche disposizioni perché i provvedimenti consigliati dall'Ufficiale sanitario siano prontamente attuati”.


                             La risposta del sindaco

La risposta del sindaco Carmine Dupré2 non si fa attendere e il 4 marzo egli scrive all'Ufficiale Sanitario:
«Ill.mo Sign. Ufficiale Sanitario
Alghero
Da professore (?)3 veramente devo dirle che le condizioni attuali dell'igiene della nostra città non sono così deplorevoli com'Ella afferma, tanto è vero che durante il periodo che infieriva l'influenza spagnuola si ebbero a verificare solamente 58 decessi su 12.000 abitanti mentre in Olmedo a 12 Km da Alghero si verificò lo stesso numero di decessi su 600 abitanti presenti.
Lo stesso dicasi delle febbri maltesi che in seguito alla mia ordinanza che vietava la vendita del latte nelle case dei produttori è diminuito di gran lunga il numero dei casi che per il passato infieriva grandemente.
Non mi consta che ci siano attualmente altre malattie, e se ce ne fossero certamente la S.V. ne avrebbe avvisato.
In quanto ai provvedimenti indicatimi per provvedere al miglioramento delle deplorevoli condizioni igieniche della città devo significarle:
che fin dal 22 marzo u.s. i carri adibiti ala nettezza pubblica sono due, e il numero degli spazzini venne portato a cinque e che in seguito a tale provvedimento si è avuto un enorme miglioramento tanto è vero che oggi stesso da persone autorevoli mi son sentito fare i complimenti per la nettezza della città.
Che per provvedere all'allontanamento dall'abitato delle galline, vi osta un decreto deroga tenenziale che per migliorare le condizioni annonarie della popolazione fa obbligo di permettere l'allevamento delle galline nella città.
Sforzi enormi si sono fatti per liberare la città dai cani vaganti e prova ne sia gli acquisti di vari lacci e la riparazione alla carretta adibita al trasporto dei cani, eseguita fin dal dicembre u.s. Non mi è riuscito fino ad ora trovare la persona disposta a fare l'odioso mestiere di accalappiatura. Ora spero che mi sarà possibile in seguito all'imminente licenziamento dalle armi dell'ex-accalappiatore.
Per provvedere al 4° rimedio da lei indicatomi domenica scorsa ho compilato personalmente 100 contravvenzioni riguardanti all'inconveniente da lei lamentato.
Come ben vede già da tempo si è provveduto ai tanti inconvenienti da Lei esposti.
La prego per l'avvenire di essermi largo di consigli in antecipo perché così con la comune cooperazione si potrà ottenere nella maniera più efficace il miglior utile pubblico».

Il tono della risposta appare decisamente piccato dato che il sindaco ritiene di aver adempiuto ai suoi doveri e non accetta di essere ripreso in un settore che, a quanto dice, non ha trascurato affatto. A maggior riprova della sua attenzione per le condizioni igieniche della città porta un dato che per noi è di estremo interesse: su 12 mila abitanti soltanto 58 sono deceduti per l'influenza che ha fatto strage in tante altre località, come ad esempio Olmedo.
Naturalmente questo suo dato va controllato anche perché effettivamente ci pare molto basso.

2 Carmine Dupré fu sindaco dal 1915 al 1920. Dopo di lui Alghero fu amministrata fino al 1930 dal podestà Paolo Enrico.
3 Non è chiara l'allusione al fatto che il sindaco parla da professore. Forse intende rafforzare le sue parole con la qualifica professionale.



        Dati sulla mortalità ad Alghero dal 1910 al 1923



Per poter valutare la rilevanza dell'epidemia in città si è proceduto a rilevare il numero dei decessi ad Alghero nei registri degli atti di morte dell'Archivio Storico del Comune di Alghero e in quelli dell'Archivio Storico Diocesano negli anni dal 1910 al 1923.


La tabella riporta i dati divisi tra i deceduti in casa, all'ospedale e in carcere. Il carcere di Alghero aveva al suo interno una struttura sanitaria definita “ospedale” che offriva assistenza medica ai detenuti. Scorrendo i numeri si vede che nel 1918 si conta il maggior numero di morti nelle tre situazioni.
I dati dei registri della Curia non distinguono i luoghi del decesso e, come si nota, non coincidono con quelli comunali.
Difficile spiegare questo scarto che si presenta per ogni anno. Può essere comprensibile che i carcerati vengano seppelliti nel loro luogo di provenienza, e in generale ho osservato che ben pochi dei deceduti in ospedale figurano in diocesi, per motivi che non conosco. 



Procediamo ora con l'analisi della tabella e del grafico.

Calcolando la media sui dati comunali abbiamo 299 decessi all'anno nei 14 anni considerati, mentre nei quattro anni del conflitto la media è di 354 (+ 55). Nel 1918 contiamo + 36 rispetto al 1917 e + 172 rispetto al 1919. Nel 1918 vi è un consistente aumento dei deceduti in ospedale dovuto anche alla presenza di prigionieri di guerra (11) e di militari (8).

Un dato significativo è l'aumento dei decessi negli anni dal 1915 al 1918. Nonostante la nostra Isola non sia stata coinvolta direttamente nel conflitto, ha subito il razionamento del cibo4 per cui occorreva fare le file per gli approvvigionamenti degli alimenti che rincaravano e diventavano più rari come le uova e lo zucchero5. La penuria di generi alimentari era dovuta principalmente alla scarsità di addetti alla pastorizia e all'agricoltura, impegnati nelle operazioni di guerra. Negli anni del conflitto notiamo che il numero dei decessi si mantiene sempre piuttosto alto, fino ad arrivare alle 422 unità del 1918.
Per verificare il dato dei 58 morti per l'influenza di cui parla il sindaco Dupré ho allestito una tabella e un  grafico con il numero dei deceduti in ogni mese del 1918 a casa e in ospedale. Manca il carcere che rappresenta una realtà separata dal contesto cittadino.





Considerando la normale mortalità dl periodo autunnale non possiamo prendere per buono il dato di 58 morti per influenza che potrebbero invece aver raggiunto e superato il centinaio.


4 Ibidem, p. 787
5 Ibidem, p. 791