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giovedì 22 febbraio 2018

I nuragici scrivevano?



 Ittireddu, interno del nuraghe Funtanas

In margine alla presentazione del libro sulla scrittura nuragica di Francesco Masia avvenuta ieri mercoledì 21 febbraio 2018 nella sede dell'Obra Cultural di Alghero vorrei fare delle osservazioni e  riflessioni.
L'archeologo Pietro Alfonso che introduceva l'argomento ha espresso le sue perplessità di fronte a un tema tanto importante quanto poco esplorato e conosciuto. Oltre a ciò è necessario aggiungere che l'autore è un medico prestato alla ricerca archeologico-storica e questo elemento pesa sicuramente nell'approccio con la sua opera. 
Gli accademici hanno deriso per anni Wegener, anche lui un quasi intruso, che aveva formulato la teoria della deriva dei continenti, e Darwin ha subito le aspre critiche di chi non accettava la teoria evoluzionistica (pressoché tutti i suoi contemporanei). Memore di ciò, pur molto scettica nei riguardi della scrittura nuragica, ho optato per un atteggiamento possibilista.
Da quel poco che so e che approfondirò in questi giorni, i sostenitori della scrittura nuragica affermano che l'antico popolo sardo riportava segni di scritture altrui su oggetti fittili. Si è parlato dalla navicella di Teti, ma credo che altri segni siano stati individuati su vasellame nuragico.

In mie antiche letture ho appreso che la scrittura è il prodotto ultimo di un processo millenario sviluppato da popolazioni urbanizzate e dedite fondamentalmente al commercio. Il sistema di notazione grafica era indispensabile per portare avanti la compravendita di oggetti o altro perché ben presto l'uomo si sarà accorto di quanto le parole volino, quando si tratta di interessi economici. Non a caso i simboli numerici hanno preceduto quelli linguistici. E, se è vero che anche nel Paleolitico l'uomo utilizzava dei segni concordati che presumibilmente avevano la funzione di trasmettere delle informazioni, si può comprendere quanto il processo sia stato lungo. Ciascun popolo lo ha risolto a modo suo, ciascun gruppo ha concordato un suo alfabeto anche se poi ha prevalso su tutti quello fenicio, che inizialmente si componeva di sole consonanti. Ciò significa che ancora mancavano dei passaggi per arrivare all'alfabeto che noi oggi usiamo. E che dire di popolazioni che non hanno mai pensato di basarsi sulla notazione dei suoni e hanno mantenuto una scrittura per ideogrammi? Altri hanno risolto con i nodi su cordicelle di vario colore (Incas) e gli Aztechi avevano messo a punto una scrittura pittografica che si sarebbe certamente evoluta se non fossero arrivati gli Spagnoli, per parlare soltanto dei più conosciuti.


Museo di Cabras, statue di Monti Pramma

Gli studi sul popolo nuragico hanno messo in evidenza che i loro insediamenti non avevano la connotazione di una città e la loro economia era basata soprattutto sulla pastorizia. La scrittura, come tutto ciò che l'uomo fa, è la risposta ad un bisogno. 
Credo che, ancor più che di un alfabeto,  i Nuragici avessero bisogno di disegni e di calcoli per le loro tante costruzioni in pietra. Niente esclude che abbiano realizzato i progetti delle costruzioni da erigere, e che abbiano trovato il sistema per effettuare i calcoli per le dimensioni e gli angoli, ma purtroppo non abbiamo trovato alcuna testimonianza di ciò. 
Una civiltà che ha ricoperto tutto il territorio di opere che hanno sfidato i secoli era certamente in grado di realizzare dei veri e propri progetti. Non si può pensare di costruire "a braccio" nuraghi, tombe di giganti, templi a pozzo, luoghi di culto. Certamente i modelli erano un importante supporto agli ingegneri e agli architetti nuragici, ma probabilmente c'era anche dell'altro.
Dopo questa riflessione, che continuerà nei prossimi giorni, posso concludere che è possibile che i segni individuati in reperti nuragici siano simboli alfabetici di popoli che commerciavano con l'Isola. Rimane da capire quale funzione avessero questi segni e quale fosse il loro significato, e non mancano studi ed ipotesi in proposito. Ben vengano gli studi, anche se non sono condotti in ambito accademico. Se superano il vaglio dei criteri scientifici possono comunque dare un apporto alla conoscenza e possono stimolare ricercatori più accreditati.




Alghero, nuraghe Flumenelongu*

Infine vorrei aggiungere che gli antichi sardi non si sono certo distinti per la loro produzione di scritti e la loro è stata una cultura orale per molti secoli.
I precoci contatti con i fenici non hanno stimolato la loro grafica, per non parlare della inesistente produzione in periodo cartaginese e romano. Eppure in quei tempi la scrittura era presente, e come!...
Per quanto ne so, i primi testi scritti arrivati fino a noi sono i Condaghes e la Carta de Logu, la prima descrizione geografica scritta da un sardo è del Fara, nel XVI secolo, mentre la storia dei giudicati è abbastanza difficile da ricostruire per carenza di documenti. Non c'erano o sono andati distrutti?
Pongo queste domande perché vado un po' a memoria. Se qualcuno è in grado di contraddirmi sarò ben felice di essermi sbagliata. E se avrò stimolato qualcuno a fare delle ricerche sull'antica storia sarda, meglio ancora!... 

 * Disegno tratto da "Il ripostiglio del nuraghe Flumenelongu" di Fulvia lo Schiavo - Dessì - Sassari - 1976

Interessanti approfondimenti sugli antecedenti della scrittura si trovano nell'articolo de "Le Scienze" al seguente indirizzo:
http://download.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1978_120_1.pdf

Per un approfondimento sulle ipotesi di scrittura nuragica consiglio il sito:
http://www.filologiasarda.eu/files/documenti/pubblicazioni_pdf/bss5/01zucca.pdf

Anche per dei semplici appassionati è sempre consigliabile cercare notizie in fonti sicure anziché in articoli di giornali che, per forza di cose, non possono essere né scientifici né completi.


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