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sabato 21 aprile 2012

Sa die de sa Sardigna è una festa, non è una vacanza




Giorno di festa per la Sardegna. Si ricorda quello che fu forse l'unico momento storico nel quale l'Isola dominata dai Savoia avrebbe potuto ritrovare la sua autonomia.
I fatti: nel 1793 avevano efficacemente resistito 
alle truppe francesi che erano arrivate nei nostri mari per prendersi l'Isola che era sfuggita loro nel corso di una precedente spedizione alla quale aveva preso parte anche il futuro generale Napoleone Bonaparte. I Francesi intendevano diffondere in Europa  le idee della rivoluzione del 1789 e lo facevano invadendo i vari stati. In quell'occasione i Sardi presero consapevolezza della loro forza, si unirono per cacciare via i Francesi e si aspettavano che il loro re li avrebbe premiati per la lealtà e il coraggio dimostrato. Ma il re largì promozioni e commende al viceré e a molti ufficiali piemontesi mentre i Sardi premiati furono pochissimi e alcuni tra i più strenui difensori dell'Isola non ebbero alcun riconoscimento. Il messaggio era decisamente chiaro.
Allora i Sardi mandarono una delegazione a Torino con Cinque Domande, in pratica cinque richieste che, se accolte, avrebbero finalmente incluso i Sardi nella gestione del loro territorio. Tra l'altro si chiedeva l'attribuzione a Sardi di tutti gli impieghi civili e militari (esclusa quella di viceré), e le cattedre vescovili e arcivescovili. Inoltre si chiedeva la creazione di un Ministero degli Affari di Sardegna a Torino.
La deputazione sarda partì per Torino nel settembre 1793 ma fu ricevuta dal re solo tre mesi dopo. Vittorio Amedeo III non parlò delle richieste e le affidò ad una commissione di alti magistrati. La delegazione rimase lunghi mesi a Torino ma non fu mai convocata da questi "alti magistrati" Quando poi ci fu la risposta alle Cinque Domande questa fu trasmessa direttamente al viceré a Cagliari nell'aprile 1794. Già questo atto ci fa capire quale fosse la risposta: negativa per tutte le richieste.
Dopo il fallimento della missione sarda presso il re i funzionari piemontesi divennero ancora più sprezzanti verso i Sardi che al colmo della sopportazione dei loro dileggi e delle battute offensive decisero di ribellarsi. La sollevazione era prevista per il 4 maggio, in occasione della processione che riportava Sant'Efisio a Cagliari ma il viceré entrò in sospetto e fece arrestare due avvocati, Cabras e Pintor ritenuti i capi della rivolta. I familiari degli arrestati corsero allora per le via di Stampace e chiamarono a raccolta la popolazione perché si liberassero i prigionieri. Ne seguì un tumulto durante il quale furono incendiate le porte del Castello e fu ucciso il comandante di un reparto. Allora i soldati si ritirarono e il vicerè si rifugiò nel palazzo vescovile.
Si scatenò così la caccia al piemontese. Il 30 aprile,  514 piemontesi venivano accompagnati al porto per essere imbarcati con l'unica eccezione dell'arcivescovo Melano che fu lasciato al suo posto. In breve anche da altri centri della Sardegna i piemontesi furono rimandati in Piemonte.
In assenza del viceré il potere passò alla Reale Udienza.

Da "La Sardegna sabauda nel Settecento" di Carlino Sole - Ed. Chiarella - Sassari - 1984

Per la Sardegna era arrivato il momento di riprendere in mano i propri destini ma purtroppo i Sardi non riuscirono a cogliere i frutti di tanto lavoro.
Tuttavia questa giornata rimane come un momento di presa di coscienza da parte dei Sardi della propria forza e della capacità di affermare i propri diritti. Avevano finalmente capito che chi vuole ottenere ciò che gli spetta non può sperare che gli venga riconosciuto, ma deve lavorare sodo per conquistarlo.
Purtroppo il seguito della storia ci mostra come l'abitudine alla soggezione sia troppo difficile da eliminare. Il pensiero rimane incatenato a proibizioni, divieti, tabu impossibili da infrangere. Non si riesce a ragionare in termini di comunità e prevalgono piuttosto le invidie e le ambizioni personali. Quando una nazione non si comporta come un essere unico, teso al suo bene, ma ciascuno pensa al proprio tornaconto, accade inevitabilmente che nessuno poi ne trae vantaggio.
Questa riflessione può essere valida anche oggi per l'Italia che sta sprofondando nella soggezione verso l'esterno perché non vi è coesione al suo interno. Verremo colonizzati perché la nostra identità vacilla sotto i colpi di una classe dirigente che non abbiamo il coraggio di sostituire. La storia spazza via i popoli come il nostro che non hanno orgoglio di sé e che tirano solo a campare.

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Equità




In piazza parlamentari, amministratori regionali, provinciali, comunali, alti funzionari, giornalisti  della televisione e molti altri per protestare contro il decreto preso dal comitato di salute pubblica che porta i loro compensi a 2,50 euro netti all'ora. Inoltre è previsto che non ci sia più alcun privilegio e che la pensione sia contributiva e arrivi dopo quarant'anni di servizio.  Il provvedimento è solo provvisorio. Infatti tutti i politici e gli amministratori a partire dal 2015 non avranno più alcuna retribuzione né pensione e potranno solo chiedere un rimborso spese per quanto effettivamente pagato per recarsi a svolgere il loro lavoro. Amministrare il paese sarà un onore per i cittadini che vorranno dedicarsi al bene pubblico. Per le altre categorie (giornalisti, alti funzionari, ecc.) la situazione migliorerà in quanto le retribuzioni saranno allineate a quelle dei lavoratori dipendenti ma in ogni caso non potranno superare 2.000 euro netti al mese. Chi non è d'accordo può lasciare il suo posto al primo della lunga fila d'attesa.
Nel generale riequilibrio dell'economia della nazione si sta cercando di ottenere il risultato di ottimizzare tutte le risorse umane e territoriali del paese per raggiungere l'obiettivo di dare a ciascuno la possibilità di provvedere a se stesso e di riuscire ad affrontare tutte le spese comuni indispensabili al funzionamento dello stato.

NON SVEGLIATEMI!

venerdì 20 aprile 2012

L'economia del paese


Prometeo incatenato - Marmo bianco di Nicolas-Sébastien Adam, Parigi, Louvre (Da Wikipedia)

Cerco di fare un ragionamento sull'economia del paese.
Punto 1° - Occorre far circolare il denaro. Per fare questo occorre che i soldi non vengano accumulati da pochi ma bisogna che vengano distribuiti al maggior numero di persone possibili. Un economista diceva che se do 100.000 euro al mese ad una sola persona questa difficilmente riesce a spendere tutto. Ma se do 1000 euro al mese a 100 persone posso star sicuro che il denaro ritorna subito in circolazione.
Punto 2° - Per far sì che il lavoro si distribuisca tra la popolazione occorre immediatamente togliere le protezioni a farmacisti, tassisti, notai, e a tutte quelle categorie che impediscono l'accesso libero al lavoro. Chi ha i requisiti per svolgere un'attività deve essere libero di farlo nei limiti di un'accertamento dei titoli di studio, delle competenze, dei requisiti e di tutto ciò che è necessario perché il lavoro venga svolto con competenza in un regime di libera concorrenza.
Punto 3° - Occorre far di tutto perché il denaro non si accumuli in mano a poche persone o a poche famiglie. L'accumulo è all'origine della scomparsa dei soldi dalla nazione, dell'evasione fiscale, della corruzione, dello strapotere.
Punto 4° - Se si riesce a favorire la distribuzione del lavoro autonomo tra i cittadini si ottiene il risultato di dare alle persone la possibilità di far fronte al proprio mantenimento alleggerendo lo stato della necessità di distribuire aiuti e quant'altro, e si apre la possibilità di ottenere un gettito fiscale più regolare.
Punto 5° - Altro pilastro di una sana economia è la lotta senza quartiere agli sprechi, alla corruzione, al malaffare. Occorre dunque che le scelte politiche siano fatte da cittadini che, a titolo volontario, si offrono per una sola legislatura a  valutare le necessità del paese e a decidere le priorità da finanziare. Internet dà un fondamentale aiuto per fare tali valutazioni. Non c'è asino oggi che non capisca di che cosa ha bisogno l'Italia, ma non c'è peggior sordo di questi malfattori che sono attualmente in parlamento, capaci solo di dire che i soldi del finanziamento sono irrinunciabili (Bersani & Co.) e che i soldi delle tessere dei loro iscritti si possono anche buttare dalla finestra (Bossi).
Punto 5° - Siccome il denaro pubblico e il potere creano forti dipendenze e sono più micidiali di una droga non dobbiamo aspettare che siano questi mentecatti ad andarsene o, meglio ancora, a cambiare. Dobbiamo buttarli fuori noi, con il solo mezzo che abbiamo: Non andando a votare per niente, neanche per Grillo o per Di Pietro. I voti dati, anche se per persone che se li meritano, alla fine alzano la percentuale e noi ci ritroveremmo con questi avvoltoi che ci mangiano vivi ogni giorno, come accadeva a Prometeo. Noi Italiani oggi siamo come Prometeo incatenati a una rupe e ogni giorno le aquile ci mangiano il fegato. Ma noi possiamo cacciare via questi avvoltoi. Che cosa aspettiamo? (Le aquile sono troppo nobili per paragonarli a queste sanguisughe)

mercoledì 18 aprile 2012

Il TG dei sogni




Cari Italiani scusateci per l'equivoco. Quando siete andati a votare voi pensavate che quelle fossero liste politiche, ma per un imperdonabile errore erano invece elenchi di mafiosi, malavitosi, truffatori, ladri (soprattutto quelli in cima) preparati per sottoporre i malviventi al giudizio della magistratura.
Adesso siamo pronti a riparare all'errore. Alle prossime votazioni troverete liste di sconosciuti, persone per bene, giovani pieni di ideali e di buona volontà che, senza stipendio, senza finanziamenti, con il solo rimborso delle spese sostenute per svolgere il loro incarico documentate da fatture e scontrini, si dedicheranno per una sola legislatura (senza possibilità di rielezione, a qualsiasi livello) a trovare il modo più equo e giusto di spendere i soldi pubblici.
Noi prenderemo le barche degli extracomunitari (così non torneranno vuote) e ce ne andremo per sempre, ci disperderemo per il mondo, come è giusto che sia, e non correremo il rischio di farci rivedere mai più da voi. (Tanto i nostri soldi sono già all'estero, dove abbondano anche nostre proprietà, tutto rubato a suo tempo).

lunedì 16 aprile 2012

Votazioni ad Alghero 2012




VOTAZIONI AD ALGHERO 2012



16 aprile 2012


Ad Alghero ci saranno a giugno le elezioni comunali. Tenendo conto della situazione della Sardegna e dell'Italia mi sento di fare alcune considerazioni.

Chi vota firma la sua condanna e quella dell'Italia. In questa situazione, con questa legge elettorale, il voto ha valore di complicità con l'oligarchia che si è instaurata al potere. L'Italia non è più una repubblica democratica fondata sul lavoro, ma è diventata una oligarchia fondata sulle truffe.
Gli analfabeti firmavano con una croce. Quella croce che l'elettore va a tracciare sulla scheda sarà la firma per la sua condanna e di conseguenza sarà l'avallo della consegna del paese ai malfattori. Il governo tecnico non è riuscito a dare una sterzata che ci allontanasse dal baratro. Se non ci aiutiamo noi con l'unico modo che abbiamo per farci sentire, non possiamo più sperare in niente.
So benissimo che gli italiani, coscienti o incoscienti dei danni futuri, andranno al macello perché prevarrà come sempre l'individualità e ciascuno farà ciò che pensa vantaggioso per sé. Il favore dell'amico, del parente, non si sa mai nella vita ... Forse un giorno capirà che con il suo voto è stato complice della casta che vuole solo una cosa: mantenere il predominio su una massa di sottoposti da strizzare fino al'ultimo goccio, per gestire le risorse del paese a proprio esclusivo e totale vantaggio.

Se vogliamo bene a noi stessi, ad Alghero, alla Sardegna e all'Italia, dobbiamo astenerci dal voto. Anche votare Grillo o di Pietro è nocivo perché dobbiamo cambiare le regole, non dare forza alla protesta pura e semplice. Dobbiamo ottenere politici non stipendiati (con rimborso delle spese scontrinate e fatturate) che rimangano in carica il meno possibile e non superino i cinque anni di mandato e mai più rieleggibili. Dobbiamo ottenere politici responsabili delle loro azioni penalmente e civilmente, come un qualsiasi cittadino. In parole povere dobbiamo rifare le regole e occorre prima di tutto che ci liberiamo da questa angosciante zavorra che ci sta portando a fondo in maniera del tutto consapevole. Il potere appartiene al popolo. Riprendiamoci questo potere e chiediamo innanzitutto che venga scritta una nuova Costituzione in linea con i tempi. Che cosa aspettiamo a fare il bene del paese? 

LA CRISI DEL SISTEMA

Analizzando più a fondo la situazione osservo che ci sono due cause della profonda e irresolvibile crisi: il fattore esterno che dipende dalle speculazioni finanziarie di chi si arricchisce sui nostri debiti, e il fattore interno che è dato da una classe politica che, vista la mala parata, sta pensando a ramazzare tutto il possibile prima che non ce ne sia più per nessuno.
Noi non possiamo controllare la finanza internazionale ma possiamo esigere che il peso del debito pubblico (fatto dai "padri della patria") ricada su tutti e non solo sui ceti medi e medio-bassi. e siccome i politici non hanno mollato un solo emolumento, né un solo privilegio e stanno dando ampia prova di mala fede, abbiamo il preciso dovere di stopparli, di cacciarli e di scrivere nuove regole che affidino il potere a cittadini/e (uomini e donne in ugual numero) che, per breve tempo, in pieno volontariato, lo esercitino come servizio sociale. Anche se ruberanno, lo faranno per poco tempo e non avranno modo di acquisire tutte le tecniche del furto dei nostri soldi. Fare l'amministratore pubblico o il legislatore non è un posto di lavoro, è un onorevole servizio reso alla comunità
Sono sicura che ci sarebbe la fila di volontari/ie per tale servizio. Perché, e lo dico con seria convinzione, in Italia ci sono milioni di persone oneste, capaci, responsabili, in grado di prendere decisioni, molto più di questa massa di malfattori che hanno trovato tutte le strategia per non mollare più la sedia che vanno a scaldare in parlamento (vedi legge elettorale porcellum). 


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