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martedì 9 settembre 2014

Alghero pulita




Piccola gradinata che unisce il Lungomare Dante alla via Gramsci. A chi spetta la sua manutenzione?
(Foto del 9 maggio 2014)

CITTÀ PULITA.

Non vi è nulla di più efficace che lo spirito di emulazione. Perché non si fa la giornata di Alghero pulita e non si fa vincere il rione più pulito? Che cosa si vince? Si vince il diploma di rione più pulito. Chi stabilisce il vincitore? Un filmato che mostra come le strade sono pulite, prive di bisogni e di pipì di cani e di cartacce e con le auto parcheggiate secondo norme e regole. Chi filma? Un piccolo gruppo di abitanti volontari incaricati di farlo. Chi vede i filmati? Un gruppo di volontari che si incarica di visionarli. Chi li incarica? L'assessore al verde pubblico, se c'è ancora, o comunque l'assessore che si occupa della pulizia e decoro della città.
Se l'operazione è un po' troppo complicata si può operare con un rione per volta e poi fare il confronto tra le varie zone.
Naturalmente la giornata non dovrebbe essere un episodio sporadico ma dovrebbe ripetersi almeno ogni quindici giorni. Il tutto potrebbe essere a costo quasi zero se si esclude la ricarica elettrica dei cellulari per effettuare i filmati e del PC occorrente per visionarli e il foglio per la stampa del diploma. Si trovano i volontari? Soltanto se si prova lo si può sapere. Ma dai tanti cartelli che si moltiplicano sui muri delle case o sui tronchi degli alberi credo proprio che qualcuno ci sia.

Chi dovrebbe tenere pulite le strade? Un attimo! Diciamo prima chi non dovrebbe sporcarle, e guardiamoci tutti allo specchio. Per pulirle paghiamo già tanti soldi e, fatto salvo il principio che le strade non si sporcano, qualcuno è pagato per tenerle pulite.

Parliamo adesso delle spiagge. Penso che la spiaggetta più sporca in assoluto sia quella conosciuta come "prima del Conte". Infatti, data la sua posizione, è frequentata di sera e di notte da cittadini/e in emergenza pipì ed altro, o da ragazzi in cerca di un luogo dove “evadere dalla quotidianità”. Ecco allora fazzolettini di carta, bicchieri di vetro rotti e interi, bottiglie di vetro e di plastica e quant'altro, per non parlare della miriade di cicche. Alcune bagnanti che vogliono godersi il mare in uno spazio decente portano con sé una busta di plastica e prima di accomodarsi sulla sabbia fanno una pulizia dello spazio intorno. Più si cerca, più spuntano rifiuti di ogni genere. In effetti occorre operare con i guanti perché non sai mai cosa puoi trovare.
Nelle altre spiagge primeggiano le cicche. Naturalmente in pineta non mancano fazzolettini di carta nei luoghi più appartati.
Anche per le spiagge si potrebbe stabilire qual è la più pulita.

Vogliamo poi dire qualcosa della vegetazione spontanea che orna marciapiedi e angoli dei fabbricati? Aspettiamo che faccia il tronco e che faccia saltare le già precarie mattonelle dei marciapiedi? A chi spetta questa pulizia?

Una città è l'immagine dei suoi abitanti. Sinceramente non è gratificante riconoscersi nella attuale Alghero. È possibile che non si possa avere un ritratto più consono al sentire della stragrande maggioranza dei cittadini?




Erbe spontanee sul marciapiede di via Tarragona. (foto del 31 luglio 2014)

giovedì 14 agosto 2014

L'alguerese, una nuova lingua





Ieri passavo per la via Carlo Alberto e  ho sentito la frase: - Siamo stati alla Dragonada. 
La cosa mi ha fatto sorridere e ho pensato che è nata una nuova lingua, l'alguerese. In effetti il nome della località, in algherese, è la Dragunara, ma siccome i cultori della lingua hanno deciso che per scrivere la parlata locale si deve usare la grafia catalana assistiamo ogni giorno alla storpiatura di tante parole. Ecco di seguito alcuni esempi.
A fine dicembre ci tocca sentire in TV che ad Alghero si festeggia il cap d'any, anziché il cà de an.
Anche noi algheresi siamo convinti che ci sia la via Cravellet (la scrittura catalana è in realtà Clavellet, se vogliamo essere precisi), anziché la via Cravagliet, la zona Taulera anziché la zona Taurera, la via Mont Dolla anziché la via Muntiroglia, la via Tcsu Terrat anziché la via Ciù Tarrat. Ancora ci salviamo dal credere che ci sia il Cap de la Caca, cioè il Cap de ra Cassa ( ma anche gli algheresiparlanti lo chiamano Capo Caccia) e lo Quarter lo pronunciamo ancora lu Qualté.
Con alcuni cognomi è successa la stessa cosa. Nell'Ottocento nei documenti dell'archivio diocesano è riportato il cognome Caneglias che in seguito ha ritrovato la corretta grafia Canelles ma ha perso la corretta pronuncia.
La questione è veramente di poco conto, se pensiamo che l'antica lingua madre della città, volenti o nolenti, è costretta a finire nel dimenticatoio visto che nelle famiglie la percentuale di bambini che parlano l'algherese è veramente irrisoria. Ma almeno per salvare il salvabile sarebbe necessario dare un piccolo aiuto a residenti e turisti scrivendo sulle targhe anche la pronuncia dei termini usati nella toponomastica. Se non riusciamo a salvare la lingua, proteggiamone almeno la dignità e non facciamola cadere nel ridicolo.
Da un'indagine sull'uso ad Alghero delle lingue minoritarie algherese e sardo svolta nel 2002 presso gli alunni/studenti delle scuole algheresi si è evidenziato che la capacità nella lettura della lingua è la più bassa fra le tre competenze linguistiche: capire, parlare e leggere. Sono stai esaminati 1020 questionari che hanno riportato la condizione linguistica di 6819 residenti rappresentati da nonni, genitori e alunni/studenti. Per brevità riporto la situazione delle ultime generazioni. Il 25% degli alunni/studenti ha affermato di capire molto l'algherese, il 5% lo parla bene, e il 4% lo sa leggere. Non è stata analizzata la competenza nella scrittura e si può immaginare che le percentuali sarebbero state le più basse in assoluto.
In conclusione posso dire che se fa male veder morire un pezzo così importante del passato, non fa neppure bene vederlo ridotto a strafalcione.

In margine annoto una mia osservazione che ha necessità di verifica. Ho l'impressione che le parole catalane non cambino tanto la pronuncia rispetto alla scrittura quanto i vocaboli algheresi. Ciò significa che tra la lingua parlata algherese e la grafia catalana vi è una variazione molto marcata, tanto che una gran parte dei termini sono molto difficili da riconoscere da chi non ha una specifica preparazione. Ciò non accade nella lingua catalana di Barcellona, che secondo la mia impressione non varia tanto la pronuncia rispetto alla scrittura.

Piccoli esempi di pronuncia algherese e catalana: escola in algh. è ascora, in cat. è escola; quarter in algh. è qualté, in cat. è quarter,  passejada in algh. è passagiara, in cat è passejada, canonge in algh è canongia, in cat. canonge, ploma  in algh. è proma, in cat. ploma, clavell in algh. cravell, in cat. clavell. Queste ultime sono affermazioni da verificare

martedì 15 luglio 2014

Mercatino estivo ad Alghero





MERCATINO ESTIVO AD ALGHERO


2014 Ciò che emerge è il mancato mercatino estivo ad Alghero. Non a San Giovanni, non in luglio al Balaguer, e poi si vedrà. Ma se vogliamo guardare un po' più in fondo vediamo una amministrazione lontana le mille miglia dalle preoccupazioni dei cittadini, dalla loro quotidiana lotta per  sopravvivere alle continue richieste di denaro dello Stato, della Regione, del Comune. Tutti vogliono soldi da quegli incauti che si arrischiano a intraprendere una qualsiasi iniziativa o da quei risparmiatori che hanno voluto investire i propri soldi in un immobile. Chi ha stipendi e pensioni (e i "politici" in gran parte sono tra questi) non ha la più pallida idea di cosa voglia dire cercare di mettere insieme il denaro necessario ad affrontare dignitosamente l'esistenza con una attività autonoma. In gran parte i "politici" sono i primi che credono che i cittadini si arricchiscano in maniera spropositata con il loro lavoro utilizzando le risorse comuni. Infatti in città il benessere si taglia a fette, si nota ad ogni piè sospinto. Ne sono testimonianza le serrande arrugginite abbassate che aumentano di giorno in giorno e i cartelli AFFITTASI e VENDESI  che si moltiplicano sugli immobili ... 
E' arrivato il momento di cambiare sistema. E' evidente che la strutturazione dell'amministrazione cittadina non è più funzionale ad un mondo che è cambiato. Occorrono persone più attente ai bisogni concreti del cittadino e soprattutto occorre che chi si offre per operare delle scelte non abbia nessun interesse diretto e che venga cambiato il più spesso possibile. 
Chi ci sta amministrando è in maggioranza il frutto di un mondo vecchio, inacidito e ammuffito. E' intriso di pregiudizi che gli fanno ritenere giusto che un amministratore debba godere di privilegi e che possa prendere delle decisioni in base a quanto personalmente gli conviene. Non è colpa sua, è solo frutto di una società che, arrivata al massimo del benessere, adesso sta rapidamente precipitando verso un più equilibrato livellamento mondiale. Questa dinamica è nella natura dello sviluppo storico e anche se a noi non fa piacere conoscere il declino, possiamo anche dire di essere stati testimoni della crescita. Ma in questa fase di mutamenti economici rapidi e inarrestabili l'accanimento degli amministratori sui cittadini è oltremodo deleterio. In questo periodo sarebbe opportuno invece lasciare libertà di intraprendere a chi ne ha il desiderio. Il meccanismo per continuare a sostenere le spese comuni deve essere rivisto e deve soprattutto contemplare il massimo rigore nell'eliminare ogni tipo di spreco. Una saggia amministrazione inizia con il tagliare le spese superflue, con l'utilizzare in sommo grado le risorse umane a disposizione, con il valorizzare al meglio le risorse naturali e questo si può fare solo concedendo il più alto livello di libertà possibile a coloro che intendono intraprendere un'attività produttiva. 
Ma niente si può fare quando il pensiero è occupato da altro, quando ogni energia è spesa per mantenersi sulla poltrona, e quando sono tante le persone alle quali si devono dare delle risposte. Non mi riferisco a nessuno in particolare, ma posso tranquillamente dire che gli amministratori pubblici sono retaggio di un mondo che non c'è più, di un sistema che è cambiato, che non ha più bisogno di individui che si illudono di fare il bene della città solo perché ne decidono le sorti.  La città va in declino anche senza di loro, non ne ha bisogno. Se n'è accorta la metà degli algheresi che non ha partecipato alle elezioni. Erano tutti al mare?
La società richiede ormai un totale rinnovamento nelle regole. Credo che la popolazione abbia i mezzi per far sentire le proprie necessità e per esigere che le strutture pubbliche siano al suo servizio. Chi è temporaneamente investito di una carica che gli consente di fare delle scelte deve fare di tutto perché i residenti siano messi nelle condizioni ottimali per mettere a frutto le proprie capacità e le ricchezze del territorio. Occorrono tanta buona volontà e tanta umiltà per mettersi veramente al servizio di una comunità che chiede di poter vivere del proprio lavoro e dei propri talenti. Con il patrimonio umano, culturale ed ambientale di Alghero non dovrebbe essere difficile realizzare questo sogno. Però bisogna essere in grado di vedere chiaro davanti a sé e di ascoltare la voce della città, che grida con tanta forza che anche un sordo sarebbe in grado di sentirla. 

Voglio concludere con una citazione da "I Malavoglia" di Giovanni Verga  anche per notare che in realtà non vi è niente di nuovo sotto il sole.
Lo speziale don Franco predica la rivoluzione e qui parla con il parroco e con il segretario comunale.
" - Gente vecchia!  - conchiudeva don Franco colla barba in aria. - Gente buona pel tempo della camarilla. Al giorno d'oggi ci vogliono uomini nuovi.
- Adesso manderemo dal fornaciaio per farli fare apposta, - rispondeva don Giammaria (il parroco)
_ Se le cose andassero come dovrebbero andare si nuoterebbe nell'oro! - diceva don Silvestro (segretario comunale)  ...
- Brava gente che sarebbe! borbottava don Giammaria. - A Favignana, o nelle altre galere, ne trovate quanti ne volete, senza mandare dal fornaciaio."

Fa sempre bene rileggere vecchi libri, per ritrovarvi i nostri pensieri.


giovedì 3 luglio 2014

Alghero, città confusa



Il Qualté in fase finale di ristrutturazione (25 marzo 2013)

Ci sono città che nella loro naturale trasformazione hanno avuto la fortuna di conservare le tracce più significative che il passare del tempo vi ha impresso. Ormai è acquisito che il centro storico di ogni luogo abitato debba mantenere le antiche caratteristiche nelle forme e nei materiali usati. Possiamo pensare che tutto ciò abbia uno scopo turistico, ma possiamo anche credere che per un cittadino sia fonte di conoscenza storica poter acquisire la stratificazione di architetture ed usi dei luoghi a lui familiari.
Alghero è una città che da diversi anni mostra di avere le idee confuse su ciò che è la propria storia. In particolare crede che sia storia solo ciò che ha diversi secoli. Per questo motivo ha demolito la parte del novecento della costruzione del porto posta nei pressi della Torre della Madonnina mentre ha lasciato il piano terra che risale, pare, all'Ottocento.
Se per un attimo chiudiamo gli occhi ci appare Alghero come era e come non è più. La vecchia stazione di fine ottocento, il capannone della ex-Saica, il cimitero monumentale della Mercede, la cinta muraria, la casa Manno, il Cavallino Bianco, la chiesa di Santa Croce, gli stabilimenti del crine, ...
Era sempre necessario demolire? Non si potevano forse conservare le strutture sottolineandone gli aspetti d'epoca e dando loro un nuovo utilizzo? Diciamo ai giovani: “Qui c'era il cimitero con tante sculture e lapidi che testimoniavano l'esistenza di cittadini che hanno vissuto due secoli fa, in questa zona sorgeva la stazione di fine ottocento, di fronte c'era uno stabilimento che ha dato lavoro a tanti algheresi, e poi c'erano tante fabbriche del crine, e qui è nato Giuseppe Manno, ma adesso c'è una piazza, la città era tutta racchiusa da alte muraglie, c'erano tanti rivellini, e qui c'era il Cavallino Bianco, una terrazza dove gli algheresi venivano a godere delle belle giornate di sole, mentre là c'era la sinagoga ebraica, ...”
Insomma, un libro di storia a cielo aperto. Per non parlare del pozzo sacro di epoca nuragica della Purissima, del quale non rimane traccia e della ricca e sorprendente zona del Qualtè ormai ricoperta da pavimenti che hanno scritto la parola “oblio” sul Medioevo algherese.
Passata la nostra generazione anche queste memorie spariranno. Allora sarebbe bello poter capire se il passato ha un valore che supera il tempo oppure è vecchio, inutilmente ingombrante, un peso di cui alleggerirsi.
Alghero città turistica. C'è anche chi vive di passato, di ciò che ha attraversato i secoli per raccontarci vicende insospettabili di lavoro, di fatica, di voglia di superare le difficoltà per cercare di raggiungere migliori condizioni esistenziali per sé e per i figli. Ci sono personaggi che hanno dato tanto al luogo nel quale sono vissuti, dei quali non si conserva neppure il nome, già scritto su lapidi distrutte perché obsolete, antiquate, precocemente dimenticate.
Ma non sono i cittadini a decidere. Noi dobbiamo solo subire decisioni delle quali non arriviamo a capire la logica neppure se mettiamo in campo tutte le nostre capacità di ragionamento. Cerchiamo di giustificare, di comprendere, ma non riusciamo ad arrivare fino in fondo. Inutile! Ci si presenta sempre una città murata, con la sua stazioncina sul mare dove da studenti prendevamo di corsa il treno, la vecchia casa Manno con la lapide che ci ricordava la nascita dell'autore della “Storia della Sardegna”, il Cavallino Bianco con il suo ghiaino che sembrava fatto di confetti, l'ex-Saica, così brutta ma così suscettibile di diventare altro, e il vecchio cimitero monumentale, luogo deputato a conservare la memoria di quanti ci hanno consegnato la città perché facessimo di più e meglio.



Il Cavallino Bianco, terrazza sul mare, negli anni cinquanta è stato edificato su progetto dell'architetto Antonio Simon Mossa e ha preso il nome di Cavall Marì. Subito dopo è diventato il Night Club "El Fuego". E' stato poi trasformato in discoteca e ristorante: il Tris Blu, poi Caligola. 
Da ultimo il Comune ne ha fatto uno spazio culturale - sala convegni fino almeno al 2011. Regno incontrastato di vandali e piromani, oggi è un rudere brutto da vedere e pericoloso per i tanti che, nonostante il divieto, vi salivano sopra prima che la zona fosse tutta transennata. 
Perché non ripristiniamo la bella terrazza sul mare? O aspettiamo che il degrado e l'incuria facciano il loro corso?



Rimaniamo increduli e sconcertati di fronte a decisioni che cancellano ogni traccia del passato. Dopo tanti anni di scavo archeologico nel Qualtè, dopo la scoperta di un cimitero medievale così esteso da essere uno dei pochi esempi nel Mediterraneo, vediamo che ogni traccia è stata nascosta allo sguardo di chi vorrebbe vedere, vorrebbe conoscere, vorrebbe capire. Ci chiediamo: perché?
Vorremmo solo conoscere le motivazioni di tale obliterazione dato che a noi comuni mortali sembrava naturale che la zona fosse messa in evidenza sia per lasciare ai cittadini la possibilità di confrontarsi con il proprio passato, sia per dare al turista il modo di apprezzare lo spessore storico del luogo prescelto per le sue vacanze.
Il complesso del Qualté è stato un luogo praticato da tanti cittadini. Nel dopoguerra è stato occupato dagli sfollati, poi dai senzatetto. Fino agli anni sessanta i ragazzi vi frequentavano la scuola media, e il cortile era la palestra. Poi la scuola media si è trasferita in via Tarragona e il suo posto è stato preso dalla Biblioteca Comunale mentre in un altro ambiente è stata allestita la Biblioteca di San Michele. 
Era alta dunque l'aspettativa dei cittadini di vedere cosa celassero quelle pavimentazioni. Ma ciò che era sepolto è stato di nuovo interrato. Solo una mostra fotografica può darci una pallida idea dei ritrovamenti. E di questo dobbiamo ringraziare l'archeologo Marco Milanese che ha reso pubblico il suo lavoro in tempo reale.
Posso affermare che il sentimento comune è una grande delusione mista anche a rabbia, perché chiunque è in grado di capire l'importanza di un tale sito in una città turistica.
Dubito che gli algheresi possano avere delle risposte da una classe dirigente palesemente insensibile ai contenuti culturali anche quando ci sarebbero dei ritorni economici. Chissà da che cosa dipende! Certo che tutte le ipotesi sono plausibili: l'ignoranza, il disinteresse per quanto esula dal proprio immediato tornaconto, la pressante preoccupazione quotidiana di mantenersi sulla poltrona, e in definitiva il mancato amore per la propria città.
E se così non è, vorremmo sapere se tali decisioni spettano ad altri, quale ruolo ha la Sovrintendenza ai beni archeologici e culturali, insomma a chi dobbiamo nel bene e nel male, la manomissione del nostro territorio.
Credo che la trasparenza contempli che si possano individuare i responsabili di decisioni che comunque ricadono su di noi e che se ne possano almeno conoscere le motivazioni.

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giovedì 8 maggio 2014

Governo fallito di paese fallito




Un governo fallito di un paese fallito

Più passa il tempo, più diventa lampante lo squallore di questo nostro Stato. Solo un governo fallito può illudere i cittadini di assisterli con un obolo. Ma dove cavolo è andata a finire la funzione di valorizzazione delle risorse territoriali ed umane delle amministrazioni pubbliche? Questi mentecatti che si sono autoproclamati onorevoli stanno operando la totale distruzione di ogni possibilità di vita di milioni di persone.
E quel che sconcerta di più è l'acquiescenza di coloro che si lasciano sopprimere aspettando ancora la salvezza da esseri interessati esclusivamente a spolpare il paese per il proprio bengodi.
Sveglia! Non è con il voto che si ottiene la dignità dell'esistenza! Guardiamoci bene intorno e cerchiamo di adattarci alle circostanze creando attività lavorative in base alle nostre attitudini. Non aspettiamo aiuto da nessuno, perché nessuno ci aiuterà. Nella morsa di una società dove il malaffare e la delinquenza hanno la meglio non ci resta che renderci invisibili e pensare a sopravvivere. Non ci lasciano scelta. Ma tutto ciò passa attraverso la consapevolezza che siamo stati abbandonati e che dobbiamo arrivare ad una nuova organizzazione che rigetta i sistemi politici attuali per un nuovo modo di amministrare che vede il cittadino impegnato in prima persona. I tempi sono maturi per una gestione delle risorse fatta in prima persona dai cittadini visto che ormai tutti hanno adeguata istruzione e sensibilità per il bene comune. E ricordiamo che il bene comune arriva dopo il bene individuale. Se i singoli sono in difficoltà non può esserci una vera società. 
In Italia non si sta affrontando la crisi, ma si sta continuando a dilapidare i nostri soldi, punto e basta. Dove sono le leggi per liberalizzare il lavoro? Dove sono le leggi per azzerare (e dico azzerare) i costi della politica? Dove sono i veri tetti ad emolumenti vari? Dove sono le leggi per togliere la protezione assurda a tante professioni? Dove sono i provvedimenti per consentire ai giovani di intraprendere un'attività lavorativa autonoma? Troppo comodo continuare a godere di privilegi mentre il resto del paese è totalmente escluso dall'utilizzo delle risorse comuni.  
Tutti i distruttori del paese se ne devono andare, occorrono cittadini che si dedichino al governo per tempi limitati con uno stipendio da semplici impiegati. Sono sicura che ci sia la fila di persone che farebbero questa esperienza causando sicuramente meno danni di questi mentecatti avidi e insaziabili, ormai privi di qualsiasi capacità che non sia quella del malaffare.
In alternativa, chi ha capito la situazione, farà di tutto per fare gli affari propri e certo non andrà a dare man forte a tanta delinquenza. Anche senza il mio voto i malfattori continueranno ad affossare il paese, ma avrò la coscienza tranquilla, perché di sicuro io mi sono dissociata.

Le elezioni ad Alghero non daranno alcun risultato per la città poiché nessuno è più in grado di arginare la decadenza che balza agli occhi di chiunque si aggiri per le strade della città. Occorre stravolgere le regole, staccarsi dalla mangiatoia pubblica, e nessuno lo farà. Per questo la città continuerà a morire, così come accadrà all'Italia e a tutti quei paesi che vorranno governare oggi con il malaffare di ieri.
Qualcuno si sveglierà?

venerdì 21 febbraio 2014

Poesie di Rafalel Catardi


I Bastioni dal mare - Tempera di Franco Ceravola Rosella


In internet si possono trovare alcune notizie del generale algherese Raffaele Catardi (1892- 1974)  ma ho notato che non c'è neppure una sua poesia. Ritengo che la sua produzione poetica sia importante per i contenuti e per la bellezza del verso, e così ho pensato di pubblicare i testi che conosco.  
Attraverso le sue parole rivive l'Alghero del passato con i suoi personaggi e le sue atmosfere ricche di colori, di suoni, di odori dei primi del Novecento. La sua penna si trasforma nel pennello di un pittore e in un attimo balzano davanti ai nostri occhi i vicoletti con le gabbie di cardellini, i bambini che giocano, le donne che chiacchierano, i cieli attraversati dalle rondini. Ci sembra veramente di vedere e di sentire ciò che lui evoca con versi semplici, senza il minimo artificio, con parole comuni che risvegliano sentimenti profondi ed essenziali, quelli che fanno parte del nostro più ancestrale patrimonio emotivo. E' difficile scorrerli senza farsi coinvolgere dalla loro forza vitale e dalla magia che riescono a creare.

Se chi legge le seguenti poesie vuole esprimere il proprio parere o sapere altre notizie o avere delle spiegazioni sui vocaboli può scrivere un commento.


Ciù Tarrat era un poeta improvvisatore vissuto ad Alghero a cavallo tra il 1800 e il 1900. Si dice che fosse cieco. Questo è il testo in algherese con grafia catalana della poesia Ciù Tarrat. 

XU TERRAT
Paraules de Rafael Catardi
Musica de Angel Ceravola

Vengut se n’és Nadal! Enguany també,
segut com só sol sol a la foguera,
se’n venen a trobar-me, bonament,
persones mortes de tant anys endrera.
És entrat xu Terrat ; he entés la veu
vibrar giniosa de galanteria :
- Dèu vos dongui salut i providència !
Vós bella duenya, flor de povidia !-
I l’han segut a mig de l'aposento
calenta de l’olor del papassino;
i al sò de les poesies que emprovisava
lo cap li tremolava de continu.
Me record que segut al sou genoll
plorava, txitu, llàgrimes així :
estrenyiment de cor, estrenyiment,
anhel d’una rondalla sense fi.
Se n’ anava: la front al cel llevada,
del toc del sou bastó prenia confiança,
content com una pasqua i de cada ala
arregalat de càriga i de pansa.
Llimòsina? No, mai! Que si qualqui ù
fossi atrivit una paraula mala
llampar se fóra vist del gran desdeny
la llum de la sua front ja despagada.
Ascolti, xu Terrat! Si és ver que ont séu
se coneix de aquest mon la veritat,
i veu clar que la ploma mia la mou
un sentiment de amor i de pietat,
oh, quan repicarà la mia trist’hora
i dur serà l’afany del gran viatge,
deixi-me de vostè seure a la vora,
deixi-me de vostè prendre coratge.
Deixi-me entendre encara la rondalla,
després reprengueré lo meu camì;
escomençava aixì : “Pica la palla...”
i me creieva no tenia mai fi!



La Torre di San Giacomo dal mare - Tempera di Franco Ceravola Rosella

Raffaele Catardi era nato il 26 novembre 1892 in via Columbano da Salvatore e da Rosina Arca. Pare però che abbia vissuto la sua infanzia nel vicolo Peretti, un carrarunet che si trova tra i Bastioni Marco Polo e la via Cavour. A quel vicoletto il generale ha dedicato una poesia musicata poi da Ciro Fadda.

Questo testo e il successivo sono scritti così come si leggono.

CARRARUNET


De la mia mignunìa carrarunet,
quanta mai ans t'è pultat al cor.
Ascì com t'è dasciat … eras prubet
ma a la taldeta ta vistivas de or.
De or, de veus, canzonz i gliumeretas
de prols de mignunetas i de risetas.

Ma'n so gitat nel mon pe ma fè homa
so tunat prè de ans i astrachitut
agliunt de tu carrarunet astret
lu goc de la vira havia paldut

Tot ès coma primè, a la taldeta
lu sol ta visti de or i de racaras (orecchini)
lus nigrils (le rondini) sa consighin, Gliusieta
fa sempra las suas gliongas ciaciararas;
la gata hi salpa 'l pesc de la grieglia
i bruja 'l sufrigit a la pareglia.

Tot ès coma primè, sol una veglia,
senza mès acunhort (conforto) i ni sarut
no abita mès al meu carrarunet
Ma vuriva agualdà ... ma no ha pugut.


Il cardellino chiuso in una gabbia di canna ha ispirato una poesia che va oltre la triste condizione del povero uccellino e porta a riflettere sull'insensibilità di tanti. La Caldanera è stata musicata da Giuseppe Loi.

LA CALDANERA

Anant a Carrafuffas, las baldissas (siepi)
son frescas com las rosas i al varanu,
com s'alza 'l sol i che la fror ascrata, (sboccia)
canta una caldanera an cara mata.

Prafum de multa trenda i de dunzel (assenzio)
de ont sighivas cantant lu valdarol, (verdone)
la fuglia de l'aglior (alloro) a l'alba crara
de gutetas de prata era pintara.
Mai mès no cantaràs, o caldanera,
pe' las baldissas frescas de rusara; (rugiada)
non cantaràs, mai mès no cantaràs!
Del camì l'alagria s'an ès anara.

I tu cantavas ascquatant aluta, (scuotendo allegra la coda)
dant aghèiu al pinsam (scricciolo) de mata an mata,
finzas che un dia de negra malaura (sfortuna)
de l'homa ne l'angan no sès calgura.
I t'han tancat a una prasò de cagna.
- Che canta i fa alagria –  diu la duegna,
che no cunesc la tua durò de cor:
hi ha gent che riu ont no hi ha sol che pror! (c'è gente che ride dove c'è solo pianto)

Mai mès no cantaras, o caldanera,
per las baldissas frescas de rusara;
non cantaràs mai mès, no cantaràs,
del camì l'alagria s'an ès anara.


I vocaboli algheresi scritti con la grafia catalana si possono cercare al seguente indirizzo:
http://www.algueres.net/

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mercoledì 12 febbraio 2014

Elezioni sarde 2014

ELEZIONI SARDE


Se vogliamo continuare questa ridicola farsa del voto, andiamo pure domenica a votare i boia che ci stanno stringendo lentamente e inesorabilmente il cappio al collo.
Hanno rinunciato a rubarsi lo stipendio? Hanno forse detto di voler condividere i disagi con la popolazione? Hanno forse lasciato intendere che faranno di tutto per far sì che le risorse a disposizione dell'Isola siano distribuite il più equamente possibile tra i sardi?
No! Non lo hanno fatto perché sanno che tanto verranno eletti lo stesso, che prenderanno lauti stipendi per cinque anni e che avranno una congrua pensione quando andranno via. Nel frattempo potranno divertirsi con furti, malaffare, truffe alla popolazione e quant'altro riusciranno a mettere a segno.
Andate a votarli! Mettete la vostra firma sui loro intrighi invece di chiedere regole nuove per limitare a un mandato la loro elezione, a 2000 euro il loro stipendio senza nessun privilegio, e tribunali che li condannino veramente quando li trovano colpevoli.
Nessuno ha la bacchetta magica per risolvere la catastrofe economica che ci livellerà tutti al basso. Ma non è giusto che nella catastrofe ci sia ancora qualcuno che vive nel paese delle meraviglie non si è ancora accorto di nulla!