Alghero al
tempo dell'Inquisizione
Alessandra
Derriu e i documenti dell'Archivio Diocesano
Ingresso dell'Archivio Diocesano di Alghero (Foto febbraio 2016)
La vicende del popolo,
quelle che i libri non riportano perché trattano solo la storia con
la esse maiuscola, ci arrivano da antichi documenti di archivio
redatti secoli fa e dimenticati per altrettanto tempo. Attraverso
polverose e talvolta quasi illeggibili carte possiamo introdurci nel
privato di persone sconosciute, quelle che popolavano Alghero in
tempi lontani e delle quali niente altro è rimasto se non un nome e
alcune notizie. Sembra poco, quasi niente, ma nel leggere quelle
remote parole si aprono scenari imprevisti, che lentamente si
illuminano e mostrano molto più di quanto i segni tracciati sulla
carta non dicano. Così ci troviamo a vagare per le strette strade,
oltrepassiamo le soglie delle porticine, saliamo le ripide scale, e
ci introduciamo nelle dimore per conoscere i desideri, le ansie, gli
affanni dei loro abitanti. Donne che vogliono impedire al proprio
marito di tradirle, persone malate che cercano rimedi che la medicina
non può offrire, innamorate non corrisposte che desiderano catturare
l'attenzione del giovane amato, cercatori di tesori custoditi da
esseri maligni molto difficili da sconfiggere.
Lo scenario umano
rivelato dai documenti è vario, vi compaiono persone che vivono in
preda alla paura e al contempo altre che sono convinte di avere
poteri soprannaturali in grado di dirigere le volontà altrui e di
determinare il corso degli eventi.
Nella città forze del
bene e forze del male operano instancabili per portare fortuna o
sciagura e gli abitanti cercano di propiziarsi la buona sorte e di
scongiurare il male con ogni mezzo ritenuto idoneo.
Non è difficile
approfittarsi della credulità popolare per coloro che cercano un modo per
sopravvivere mostrandosi capaci di padroneggiare tali forze.
Dalle testimonianze rese
al vescovo inquisitore emerge anche la città settecentesca con le
sue abitazioni e i sottani, i magazzini degli attrezzi da pesca
vicino all'oratorio del Rosario, le taverne dove si mangia e si beve,
le feluche per la pesca del corallo ancorate fuori della Puerta de
la Marina, il quartiere dei soldati, la casa de la çiutad
che si trova nella piazza dove il giorno di Pasqua tra le sette e le
otto di mattina si tiene il sermone dell'incontro tra la Madonna e il
suo Figlio risorto, il palazzo episcopale con la sua aula della Santa
Inquisizione e le carceri del Santo Officio, le numerose chiese e i
conventi usati anche per rinchiudere gli inquisiti nelle celle
durante gli interrogatori, il cimitero della cattedrale dal quale
provengono le ossa di morto necessarie per alcune pratiche.
I documenti analizzati da
Alessandra Derriu sono veramente tanti e sono, ciascuno a suo modo,
delle fondamentali e uniche fonti di informazione.
La parte del
documento riportato sotto ci dice che l'Ospedale di Sant'Antonio
Abate veniva denominato di San Giovanni di Dio visto che era affidato
ai Fatebenefratelli.
Il documento riguarda il
frate minore degli osservanti di San Francesco Giovanni Antonio
Tattis di 41 anni denunciato dal suo confratello Vincenzo Calvera che
lo accusa di aver pronunciato alcune orazioni e il De Profundis per
nuocere alla vita del vescovo che non aveva aderito alla sua
richiesta di esporre il Santissimo per i napoletani.
Tattis viene rinchiuso in
una cella del Convento-Ospedale di San Giovanni di Dio ma in seguito viene
trasferito in altri conventi perché c'è il problema del pagamento
dei suoi alimenti. Il frate viene condannato ad abiurare il sospetto
di eresia, alla sospensione per un anno della facoltà di celebrare messa e di
confessare, a prendere l'eucaristia una volta al mese. Ma
il francescano pensa bene di togliere il disturbo e scappa dal
convento nel quale è recluso per recarsi in Corsica dove continua a
celebrare messa.
La lettura del libro “Il
tribunale dell'Inquisizione ad Alghero” di Alessandra Derriu è
dunque un modo per vivere la città nel tempo oltreché nello spazio.
Ci offre infatti la dimensione temporale di Alghero e ci rende
consapevoli del passaggio delle generazioni nei secoli. Possiamo
percepire con tutti i sensi il flusso degli abitanti con i quali
condividiamo gli spazi in quello scorrere continuo che è la storia.
Articolo pubblicato sul numero di marzo 2016 della rivista L'Isolano.
Per commenti e messaggi:
tilgio@virgilio.it
Articolo pubblicato sul numero di marzo 2016 della rivista L'Isolano.
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