Il Drago Verde
C’era
una volta il Drago Verde. Era simile ad una grande, enorme lucertola;
la sua pelle era fatta di grandi scaglie dure come ossa, le sue zampe
erano rivestite di squame appuntite e pungenti, le unghie erano
affilate e ricurve come scimitarre. Sulla schiena aveva una gran
cresta che pareva una catena di montagne, come quelle che disegnano i
bambini dietro alle loro casette, e la sua testa era in continuo
movimento. I piccoli occhi rossi riuscivano a vedere tutto alla
perfezione anche nelle tenebre più fitte ma, se erano feriti dalla
luce del sole, si annebbiavano e bruciavano dolorosamente.
Proprio
per questo motivo egli non poteva mai abbandonare il profondo abisso
della grotta dove viveva; tuttavia, anche se il suo rifugio era
sprofondato nelle viscere della terra, quel maledetto Sole vi
penetrava ogni anno, nel primo giorno dell’estate. Vi giungeva un
solo raggio, ma era tanto luminoso da riuscire a risvegliare i colori
più vivi in quell’oscuro antro che diveniva immenso,
straordinariamente ricco di colonne splendide, di trine e pizzi
bianchissimi, di guglie e personaggi curiosi. Gnomi, folletti, elfi e
fate, nascevano dalla roccia come i fiori sbocciano sul ramo, e
divenivano i protagonisti di una bellissima fiaba che si ripeteva
ogni anno nello stesso giorno e nelle stesse ore. Tutto pareva
animarsi, e le ombre che si proiettavano sulle pareti sembravano
danzare con movenze lievi e impercettibili che davano un fascino
misterioso a quella profonda cavità terrestre dimenticata da tutti.
A tratti pareva persino di sentire una musica provenire dalla lontana
apertura che consentiva al Sole di entrare nella grotta. Era come un
suono di canne mosse dal vento, accompagnato da un sommesso stormire
di foglie e da un flebile sibilo che si ripeteva ritmicamente, con
un’intensità che andava crescendo per poi diminuire dolcemente,
per unirsi a lunghe pause di assoluto silenzio. La gradevole melodia
pareva accompagnare le danze di quelle strane creaturine, che solo la
fantasia di un bambino poteva vedere nelle trasparenze di muti
calcari scolpiti dalle acque del tempo. La superficie del laghetto
metteva in evidenza il fondo sabbioso; quel raggio luminoso la
lambiva come una carezza risvegliando trasparenze cristalline di
color verde azzurro che facevano venire alla mente bianche spiagge
assolate. Il loro riflesso ondeggiava in alto sul soffitto e pareva
un arcobaleno che si diluiva e si frantumava in tanti veli
trasparenti che ora si dividevano., ora si riunivano, e poi si
sovrapponevano, si inseguivano, si fondevano, e infine si
amalgamavano creando un fantastico e incantevole gioco di luci, ombre
e colori. Dal soffitto stillavano, come ogni giorno, gocce che si
formavano lentamente e che, divenute gonfie e pesanti, s'allungavano
sempre più fino a cadere sulla stalagmite che le accoglieva sulla
sua candida punta alabastrina. Da millenni le gocce cadevano, ma in
quel giorno tutto era speciale. Nel soffitto parevano oscillare
preziosi cristalli che, precipitando, si frantumavano in mille pezzi;
in quel momento, nell’aria, si sprigionavano i colori dell’iride:
rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Era
tutto così bello, che veniva da piangere. Poi, di nuovo, la melodia
ritornava, le danze riprendevano, e sembrava che quel giorno non
dovesse finire mai più. Ma ahimè, pian piano quel fascio luminoso
diveniva più sottile, e, col passar delle ore, infine, divenuto
flebile e impalpabile come un filo di seta, si ritirava. Era come se
una mano misteriosa lo riprendesse e lo immergesse in una voragine
oscura. Così spariva. “ Addio! Arrivederci al prossimo anno!”
Parevano dire le stalattiti e le stalagmiti. “E’ stato bello
rivederti!” Parevano dire i folletti e gli gnomi. E le acque del
lago sembravano piangere amare lacrime. Si sarebbero di nuovo immerse
nel buio più assoluto per un altro lungo anno. La festa era finita.
Ma
quella giornata non aveva portato soltanto gioia nella grotta;
infatti vi era qualcuno che aveva trascorso ogni minuto tra terribili
sofferenze. Sin dall’alba il Drago Verde si era nascosto
nell’angolino più sperduto dell’antro. Le sue zampe cercavano di
proteggere gli occhi, ma anche così la sua sensibilissima vista era
disturbata dalla luce del sole. Per diversi giorni egli avrebbe perso
la capacità di vedere nelle tenebre, e sarebbe stato costretto a
vagare tentoni tra le rocce. Il lucertolone era arrabbiato anche per
un altro motivo. Per quanto pensasse ed indagasse, non riusciva a
capire quella strana felicità che pareva invadere la sua dimora
all’arrivo del sole. Quando le sue potenti fiammate donavano luce e
calore, ogni cosa pareva ritirarsi in un angolino, le colonne
sembravano miseri pali scorticati, le rocce divenivano nere come
insignificanti carboni, le acque assumevano fosche tinte e parevano
una putrida pozza. Tutto sembrava brutto, tetro, triste. Nessun
personaggio danzava, né ombre leggiadre si muovevano sulle pareti,
non si sentivano musiche, né si vedevano arcobaleni. Questo Sole lo
aveva proprio stufato! Che cosa aveva più di lui? E come osava
continuare a disturbarlo ad ogni solstizio d’estate? Era ora di
finirla con quest'invasione e doveva esserci un modo per impedirla.
Certamente
egli non poteva cercare di vincere contro il Sole in una lotta leale.
Ben sapeva, il nostro bestione, che il Sole era più forte di lui. Ma
forse sarebbe riuscito a sconfiggerlo con l’inganno, con l’aiuto
di qualche magia malefica. Molte notti passò il Drago pensando e
sognando di sbarazzarsi del Sole per sempre. Quando le ultime luci
del crepuscolo si dileguavano all’orizzonte, egli usciva dalla
grotta. Così si accorse che, man mano che passavano i giorni, le
settimane, ed i mesi, il disco solare diveniva sempre più debole,
meno caldo e meno luminoso. Se fosse riuscito a colpirlo nel momento
di maggior stanchezza, sicuramente avrebbe vinto l’impari lotta.
Con le sue quotidiane osservazioni aveva capito che, dopo il
solstizio d’estate, il Sole restava sempre meno tempo sulla Terra.
Comprese così che il giorno più adatto per il suo assalto era il
solstizio d’inverno. In quel momento il sole era tanto fiacco che
riusciva a malapena a sollevarsi sull’orizzonte per poche ore.
Quando finiva il breve giorno, l’astro pallido e cereo calava
frettoloso per raggiungere al più presto il luogo del riposo. Felice
per l’intuizione, il Drago mise a punto il suo piano diabolico.
Avrebbe rubato al Ragno degli Abissi la ragnatela magica, che era un
enorme velo nero indistruttibile, sarebbe andato all’orizzonte e
avrebbe imprigionato il Sole morente di dicembre. Lo avrebbe bloccato
in quella posizione, tra il cielo e il mare, impedendogli per sempre
di splendere e di penetrare nel suo regno. Il buio avrebbe dominato
nel cielo e sulla terra, e solo lui avrebbe donato luce e calore al
mondo con la potenza delle sue terribili fiammate. Il piano era ben
congegnato e riuscì a puntino. Il Sole non ebbe neppure il tempo di
accorgersi dell’agguato; si trovò avviluppato nella ragnatela
magica, senza alcuna possibilità di salvezza.
Sulla
Terra, nessuno s'avvide di quanto era accaduto, e tutti andarono
tranquillamente a letto, in quella fredda notte di dicembre. Grandi e
piccini si preparavano a festeggiare il Natale ed avevano ben altro
per il capo, che stare a guardare il tramonto. Ma l’indomani
mattina ci fu un gran trambusto, uno scompiglio, un correre da tutte
le parti. Chi dormiva alle dieci di mattina pensando che fosse ancora
notte, chi si sfregava gli occhi pensando di essere diventato cieco,
chi saliva sul campanile, chi prendeva la barca per raggiungere
l’orizzonte, che scalava la montagna più alta, chi andava ad Est,
chi ad Ovest, chi consultava enciclopedie e libri di astronomia per
controllare se fosse prevista un’eclissi solare... I gatti e i cani
erano così disorientati che dimenticavano di essere nemici e si
stringevano gli uni agli altri, mentre i topi scorrazzavano
indisturbati ... Insomma, per farla breve, sulla terra c'era un
finimondo.
Ma
le sciagure, per i poveri abitanti, non erano finite. A Mezzogiorno
in punto il Drago Verde uscì dalla grotta per godersi la vittoria.
Quando vide che tutto il mondo era immerso nelle tenebre più oscure,
fu pervaso da una grande euforia. La sua enorme sagoma riempiva tutto
lo spazio davanti alla grotta e pareva dominare incontrastata ogni
angolo del pianeta. Per manifestare ancora di più il suo potere,
egli lanciò un’immensa fiammata che fece avvampare il cielo di una
luce rossa, rovente. Tutti gli abitanti videro quella spaventosa
lingua di fuoco ed ebbero ancor più paura. Allora corsero a
nascondersi nelle loro case; per tutto il giorno, nessuno uscì più
per la strada.
Anche
il Gran Deserto, quella mattina, rimase buio e freddo. Il Signore del
Deserto era il Serpente Magico, un grosso rettile che conosceva
numerose magie ed era molto amico del Sole. Infatti egli riceveva
molti benefici dai raggi solari che gli davano tanta forza e tanta
energia. Il Serpente non riuscì a spiegarsi quello strano ritardo ;
per capire qualcosa di più, pensò di usare i suoi poteri magici.
Aveva fretta di risolvere quel mistero, dato che non poteva stare per
tanto tempo senza il vitale calore solare. Andò dunque nella sala
delle magie, strisciò fino a raggiungere la Sfera del Passato, e,
lanciando lunghi e modulati sibili, domandò:
So
che il Passato or non è più,
ma,
come sempre, dimmelo tu.
Il
Sol non splende, come ogni dì,
non
è arrivato, non è ancor qui.
E’
un gran mistero che non capisco.
Sfera,
mia sfera sai dove è il disco?
Rivelami
svelta come è questo arcano,
se
vuoi che io viva e non muoia invano.
La
risposta della Sfera non si fece attendere. Nel suo interno si vide
una gran nube e, quando questa si dileguò, apparve l’evento del
giorno prima. Il Serpente vide chiaramente come il Drago Verde aveva
imprigionato il suo amico che, ormai privo d'energia, giaceva
adagiato sull’orizzonte avvolto completamente dalla ragnatela.
Che
fare? Questa volta l’enigma era davvero grande e serviva un altro
aiuto per risolverlo. Raramente il Serpente si rivolgeva alla sfera
del Futuro, perché pensava che non fosse né utile, né piacevole
venire a conoscere in anticipo ciò che il Destino preparava per
l’avvenire. Spesso la sfera del Futuro non era completamente
sincera, perché non voleva dare dei dispiaceri al Serpente; inoltre
le sue risposte erano difficili da capire, non erano abbastanza
chiare, e traevano in inganno. Ma questa volta il Signore del Deserto
era disposto a tutto, anche a conoscere l’amara sconfitta, se
questa era scritta nel suo Futuro. Si avviò lentamente, con gravi
pensieri, alla magica sfera. Dopo aver riflettuto a lungo, si preparò
a ricevere anche la più terribile delle risposte e sibilò:
Or
tu mi vedi a te davanti
ma
i patimenti ahimè son tanti!
Son
qui arrivato pronto a sapere
qualsiasi
evento e le cose vere.
Del
mio futuro squarcia ora il velo:
potrò
rivedere il Sole nel cielo?
La
Sfera del Futuro s'illuminò ed al suo interno si vide una gran
fiammata rossastra. In lontananza si vedeva il Drago Verde che
correva tra alti alberi, ma non si comprendeva bene se la sua
espressione fosse gioiosa o disperata. Pareva inoltre che ad un certo
punto il bosco prendesse fuoco, ma la visione si interrompeva lì.
Come
il solito, la sfera del Futuro aveva dato una risposta poco chiara.
Egli cercò di interpretare quel messaggio, ed infine si convinse che
era stato inutile interrogare il Futuro. In ogni caso, non poteva
stare nel suo Deserto ormai gelido e buio ad attendere una fine che
si avvicinava rapidamente. Decise quindi d'andare a cercare il Drago
finché le forze gli consentivano di muoversi. Forse, ripensando al
messaggio ricevuto, avrebbe anche capito il suo significato prima
d'arrivare alla meta.
Attraversò
tutto il Gran Deserto, valicò montagne e colline, giunse in paesi e
città deserti; dalle finestre spalancate usciva il triste lamento
degli abitanti che, ormai disperati, stavano dentro casa perché il
buio non consentiva loro di stare all’aperto. Solo qualche uomo
vagava nelle vie tenendo una torcia accesa. Il suo volto, illuminato
dalla rossa fiamma, esprimeva terrore e angoscia. Il Serpente
continuava nel suo disperato viaggio e sentiva che le forze
l'abbandonavano. Mentre procedeva, pensava:
-
Come farò a vincere il Drago? Che cosa significano il bosco e le
fiamme che ho visto nella sfera del Futuro? Forse devo riuscire a
condurre il Drago nel bosco, dove la sua fiammata potrebbe bruciare
gli alberi. Il Drago potrebbe morire tra le fiamme dell’incendio,
ed io potrei andare a liberare il mio amico Sole.
Con
il passare del tempo, il Serpente si sentiva sempre più debole.
Occorreva far presto, più presto, se voleva arrivare nell’antro
del Drago prima di morire. Giunse presso un corso d’acqua ed il
Serpente pensò che quel fiume lo avrebbe portato fino al mare, dove
si trovava la grotta del Drago, e il Sole imprigionato. Allora si
avvicinò alle sponde erbose del fiume e gli disse:
Portami
al mare, portami in fretta,
tu
non lo sai, ma il sole mi aspetta.
E’
prigioniero, la terra è scura
io
non ho forze, ed ho premura.
Soltanto
tu mi puoi aiutare
con
la corrente portami al mare.
Il
Serpente strisciò fin dentro l’acqua e in un battibaleno si trovò
alla foce del fiume, su una bianca spiaggia. L’ingresso della
grotta era proprio lì vicino, sul costone roccioso, ma adesso
occorreva un’idea, una buona idea che potesse cambiare quella notte
senza fine in un luminoso giorno.
Il
Serpente era immerso nei suoi pensieri, quando vide il Drago che
ritornava nella sua grotta. Continuava a lanciare fiammate terribili
in tutte le direzioni e, in quei sinistri bagliori, si poteva
scorgere il paesaggio intorno. Fu così che il Serpente vide, in
lontananza, un folto bosco ricco di mille alberi di varie specie. Gli
tornò in mente la visione del Drago che correva tra alti alberi che
ad un certo punto parevano incendiarsi. Pensa e ripensa, il Serpente
decise che l’unica cosa da fare era condurre il Drago nel bosco
dove avrebbe provocato un incendio. In tal modo il bestione,
intrappolato tra le fiamme, sarebbe morto e allora sarebbe stato
facile liberare il Sole. Ma come si poteva convincere il Drago a fare
tutto ciò? Il Serpente scrutò a lungo il Drago sperando di trovare
l’idea giusta.
Giunto
all’imboccatura della grotta, l’enorme bestia aveva rivolto il
suo sguardo all’orizzonte, nel luogo ove giaceva il Sole
prigioniero. I suoi rossi occhi esprimevano una gioia selvaggia, ma
vi si poteva notare anche una certa insofferenza e un fondo di
insoddisfazione. Ora poteva circolare indisturbato in ogni momento,
in ogni angolo della Terra, ma questo non era sufficiente, gli
mancava ancora qualcosa. Ad un certo punto la sua bocca si spalancò
ed egli fece un enorme sbadiglio.
Un’idea,
un’idea, ci voleva subito un’idea! Il Drago era annoiato: che
cosa poteva divertirlo? Al Serpente brillarono gli occhi. Trovato! Si
sarebbe trasformato in una draghessa, in una graziosa e dolce
draghessa, che avrebbe convinto il lucertolone ad andare nel bosco a
fare una passeggiata. Detto fatto, al Drago si presentò una vezzosa
draghessa di color fucsia che lo guardava con occhi sorridenti e gli
lanciava lunghe, sottili, leggiadre fiammate.
A quella vista il
bestione spiccò un salto. La nuova arrivata cominciò a camminare
verso il bosco e fece cenno al Drago di seguirla. Così, in men che
non si dica, i due si trovarono nel fitto degli alberi, e si
sfidarono per vedere chi aveva la fiammata più potente. La draghessa
fece uscire dalla sua boccuccia un’esile fuocherello. Allora il
Drago, ben felice di mostrare la sua superiorità, gonfiò per bene
il torace e ce la mise tutta. Quando non riuscì più a trattenere il
respiro, spalancò le fauci ed emise un terribile soffio accompagnato
da una lunghissima vampa che arroventò subito tutta l’aria
intorno. Il Serpente, prevedendo quanto sarebbe accaduto, prese la
forma di un uccello e volò via veloce.
Dall’alto
poté vedere, tra gli alberi che prendevano rapidamente fuoco, il
bestione che correndo all’impazzata cercava una via di scampo. Ma
per il malvagio mostro non vi fu una salvezza. Gli stessi alberi
parevano un esercito di soldati che si erano organizzati per
ostacolare il suo cammino. Volevano punirlo perché aveva
imprigionato il Sole, la loro preziosa fonte di vita. Dovunque
andasse si scontrava con tronchi, fronde, rami infuocati ed infine si
trovò immobilizzato da radici possenti che affioravano dal terreno
e lo avvinghiavano come funi d’acciaio. Quella fu la sua misera
fine.
Il
Serpente raccolse le sue ultime forze e volò rapido verso il Sole.
Quando fu giunto all’orizzonte, la sua potente magia riuscì a
sciogliere la ragnatela che divenne liquida, e si sparse nel mare
formando una grande chiazza nera che si allargò sempre più fino a
sparire. Il Sole era libero! E siccome era l'ora del tramonto, riuscì
a tingere l'aria di un meraviglioso rosso che, confondendosi con
l’azzurro del cielo, diveniva turchino e violetto. Anche le
nuvolette cambiavano il loro grigio scuro con i più tenui rosa e
arancione. Mai sulla terra si era visto un tramonto più bello. Tutti
uscirono dalle case per assistere a quello splendido spettacolo.
Dappertutto si udivano grida di gioia, canti, suoni, sospiri di
sollievo. Quel brutto incubo era finito. Per tutta la notte si
festeggiò con balli, giochi, scherzi e allegria. Nessuno volle
andare a dormire, perché nessuno voleva perdere l’alba del giorno
dopo. Passarono le ore della notte e migliaia di occhi si volsero
verso Est. Ci fu un gran silenzio nell’attesa del grande evento. Ad
un tratto videro un chiarore all’orizzonte, dietro le colline. Il
silenzio si fece ancora più grande ... ecco, ecco i primi raggi che
doravano l’erba del prato umida di rugiada. Una grande commozione
scosse la folla e, infine, all’unisono si levò un grido di gioia:
-Il
Sole ...!!!
Il
Serpente osservò l’alba dalla spiaggia vicina alla grotta. Mandò
un saluto al suo amico e riprese la via del ritorno al Gran Deserto.
Passò attraverso il bosco e, tra le ceneri e i tronchi anneriti,
vide un enorme bestione avvinghiato da robuste radici. Un’ultima
sua magia lo trasformò in un Drago di pietra verde che brillava al
sole. Ed ancora oggi, chi passa nel bosco dei mille alberi, può
vedere una grossa pietra verde che brilla ogni volta che i raggi del
sole la illuminano.