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lunedì 19 settembre 2011

Indagine sull'uso dell'Algherese e del Sardo ad Alghero - Anno 2001-2002

Les llengues algueresa i sarda à l'Alguer



Indagine sull'uso dell lingue minoritarie ad Alghero

Indagine sull'uso dell'algherese e del sardo ad Alghero




L’indagine fa parte dei lavori realizzati per festeggiare i novecento anni dalla fondazione della città di Alghero nell’ambito del progetto scolastico “Alghero tra mito e storia”

È stata effettuata mediante questionari distribuiti nelle scuole Elementari, Medie e Superiori di Alghero ed aveva la finalità di fissare la situazione linguistica cittadina in un momento particolare, al compiersi dei novecento anni dalla fondazione della città (1102-2002).
L’analisi dei questionari ha permesso di conoscere la provenienza di 1020 famiglie residenti in città, e di quantificare la percentuale dell’uso delle due lingue algherese e sarda al loro interno.
In conclusione, osservando i dati emersi, si può affermare che le lingue minoritarie sopravvivono ancora all’interno di molte famiglie.
Ma è venuta meno la speranza di poterle salvare, oppure manca la volontà di dare loro un impulso decisivo per tenerle in vita e per consentire che si evolvano in maniera naturale, come qualsiasi altra lingua, in modo da mantenere una funzione comunicativa, anche attraverso i necessari neologismi.

Per non decretarne la fine sarebbe sufficiente usare ancora, almeno in famiglia, con i figli, le nostre “lingue madri” per tutelare il loro diritto di esistere, e per ricordare a noi e agli altri chi eravamo e chi siamo.

Si eviterebbe così l’appiattimento culturale al quale stiamo andando incontro senza neppure accorgerci di seppellire per sempre il nostro passato.

Prima di iniziare l’analisi di dati della ricerca è necessario chiarire alcuni concetti basilari.


L'ALGHERESE E IL SARDO AD ALGHERO

In primo luogo occorre puntualizzare il significato che ha la locuzione “lingua madre”. Lingua madre è la lingua che ciascuno di noi ha sentito usare nella propria famiglia: e’ dunque la base del nostro linguaggio anche se, per vari motivi, non sempre è la lingua parlata dalle generazioni che si sono succedute a partire dagli anni quaranta.
Fino al 1940 circa, la popolazione sarda era bilingue. Anche nelle città dove l’italiano era sicuramente un importante strumento di comunicazione, all’interno della famiglia ci si esprimeva nella parlata locale, in ogni classe sociale.

Nei centri più piccoli il dialetto era l’unica forma di espressione orale e soltanto pochi conoscevano l’italiano.
Nella città di Alghero convivevano algherese, italiano e parlate locali degli immigrati che giungevano da altre località sarde o da altre terre. L’algherese era la lingua egemone, necessaria per capire e farsi capire. A causa di questo suo ruolo ben presto gli immigrati se ne impadronivano e ne facevano il mezzo di comunicazione al di fuori della famiglia. I bambini la acquisivano durante i giochi nei vicoli dove trascorrevano gran parte della giornata. Per poter appartenere al gruppo occorreva imparare in fretta. Chi è arrivato ad Alghero in quel periodo sa bene quanto fosse difficile farsi accettare dalle bande dei ragazzi algheresi.
Finché l’italiano è stata lingua secondaria, gli abitanti della città, sia nativi e sia immigrati, hanno usato sempre l’algherese in maniera del tutto naturale.
Ma già nei primi anni quaranta si è posto il problema di un corretto inserimento del bambino nella scuola. E’ sembrato allora di primaria importanza dare a ciascuno uno strumento fondamentale per la comunicazione, una lingua che fosse la chiave per aprire tutte le porte. E’ stato allora che le famiglie più sensibili ai richiami di un’elevazione sociale e più attente verso i risultati scolastici, hanno accolto l’invito a non trasmettere la lingua madre ai propri figli ed a sostituirla con l’italiano.

Naturalmente in quel momento nessuno ha pensato che in tal modo si decretava la fine delle particolarità linguistiche della nostra terra, e nessuno si è reso conto di privare le future generazioni di una base culturale indispensabile per la presa di coscienza della propria identità.
Sicuramente questi erano concetti lontani per chi sapeva benissimo tutto ciò che occorreva conoscere per sentirsi pienamente armonizzato con un mondo che aveva confini talmente avvolgenti da non richiedere alcuna conferma. In altre parole tutti avevano consapevolezza della propria collocazione nel contesto territoriale, sociale e culturale.
Sono passati sessant’anni e possiamo contare da allora tre generazioni. Già dagli anni settanta l’algherese era parlato da un ristretto numero di bambini. Oggi nessuna classe sociale usa più l’algherese per parlare con i piccoli, tranne qualche genitore sensibile ai valori culturali della propria città. Ma la comunicazione è ristretta alla famiglia, poiché il bambino non ha all’esterno interlocutori coetaneI.




QUALE FUTURO PER L'ALGHERESE?

L’algherese è dunque una lingua che non trova elementi per riprendere il suo cammino. La sua strada, iniziata nel 1354, pare ora smarrita e, forse, persa per sempre.
L’algherese sta silenziosamente spegnendosi, in una babele di lingue che reclamano spazi e che sanno gridare.

In questa affermazione c’è l’amara constatazione di chi vede in questo declino la fine di un pilastro dell’identità culturale. L’algherese, arrivato come idioma imposto dai colonizzatori, è diventato comunque patrimonio culturale della città, suo tratto caratteristico, e la sua scomparsa è segno di incuria nei confronti della propria storia.
Chi perde il proprio passato non ha le basi per capire il presente e per costruire il futuro.
E’ come se lentamente ciascuno di noi venisse risucchiato ed inglobato in un amalgama indistinto dove ogni differenza viene sfibrata e scissa per perdersi, senza dare fisionomia e connotati ad un’esistenza sempre più anonima e sempre più globalizzata.
Alla nostra generazione è toccato vedere compiersi questo evento. Mi chiedo se abbiamo delle colpe. Mi chiedo che cosa avremmo potuto fare per evitarlo. Sinceramente non mi so dare risposte.

Il rimedio c’è, ed è anche molto semplice.
Basterebbe che ogni genitore in grado di parlare in algherese usasse la propria lingua madre con i figli, insieme alla lingua italiana.
Non si possono delegare le scuole ad un tale compito, poiché una lingua scolastica non può essere lingua madre che è la lingua degli affetti e del calore domestico.
I bambini accolgono con gioia le espressioni in lingua algherese e sarda che sentono dall’insegnante, ma questo non basta per dare loro le necessarie competenze.
In conclusione credo che solo un’azione congiunta delle famiglie in primo luogo, e delle scuole come supporto, possa riuscire a tenere vive le lingue dei nonni e dei genitori.
Perché privare le nuove generazioni di un arricchimento culturale che è il frutto di tante risorse umane sedimentate nei secoli, e motivo di orgoglio per chi si sente anello di una catena, che ha il dovere di trasmettere ciò che ha ricevuto?
Perché prendere noi la responsabilità di condannare per sempre il nostro passato?

Il 2 gennaio 2013 aggiungo la seguente nota.
Si assiste ad Alghero allo scempio della lingua algherese che, oltre a soffrire per il suo progressivo abbandono da parte degli abitanti, deve subire anche un processo di distorsione nella pronuncia tanto da diventare ridicola. L'accanimento di alcuni personaggi che ritengono un fatto di grande cultura scrivere l'algherese con la grafia catalana ha portato e continua a portare strafalcioni nella pronuncia. L'ultimo in ordine di tempo è il "cap d'any". Gli algheresi doc pronunciano correttamente "ca' de an". Ma alla TV e anche per strada si sente dire "cap d'any" con l'accento sulla y e vi garantisco che il fatto è veramente ridicolo.
E non è l'unico caso. Anche gli algheresi doc pronunciano Ramon Cravellet quando leggono il nome della strada intitolata al poeta anzichè dire Ramon Cravagliet. E dicono Canelles anziché dire Caneglias, e così via.
Se sentiamo qualcuno storpiare una parola inglese pensiamo che sia ignorante, ma chi storpia la lingua algherese è molto colto perché rispetta la grafia. 
Allora, finché questa nostra lingua respira e ha vita, vogliamo aiutarla a vivere con dignità? Perché non scriviamo la doppia dicitura, scrittura e pronuncia, visto che i dotti personaggi non vogliono che si usi la grafia italiana, come sarebbe più giusto, visto che siamo in Italia e che l'algherese non è una lingua diffusa in una nazione come le altre lingue straniere?

e-mail:  tilgio@virgilio.it






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