Come tutte le città
della costa, Alghero è luogo d’immigrazione. Fin dalle più
lontane epoche molte genti sono approdate ai suoi lidi e vi hanno
trovato ospitalità.
Inizialmente popolato
centro neolitico ed eneolitico, ha conosciuto un periodo nuragico
molto florido ed è stato scelto per insediamenti in periodo romano e
medievale. Il suo destino è stato quello di divenire una piazzaforte
genovese duramente contesa tra il Giudice d’Arborea ed il re
d’Aragona. Il sogno dei Sardi di rendersi indipendenti ed
autonomi inizia a dissolversi con la caduta di Alghero in mani
catalano-aragonesi. Gli abitanti del borgo sono costretti ad
abbandonare alla svelta le loro case e ad andare, profughi, in altri
centri. E’ passato molto tempo da allora, ma il ricordo di quello
straziante dolore resta vivo in chi conosce gli eventi e vuole far
chiarezza sulla propria identità. Da allora inizia per noi sardi un
periodo di servitù straniera che ben presto coinvolgerà tutta
l’isola. Questa è la storia.
Ma a noi ora interessano
le conseguenze che tale dominazione ha determinato nella nostra
città. I catalano-aragonesi, giunti per ripopolarla dopo aver
scacciato i residenti, ed hanno fatto echeggiare una nuova lingua negli
stretti vicoli del piccolo centro marinaro.
Senza il pesante
intervento dello stato e della scuola che, come abbiamo visto, nel corso del novecento hanno
inteso eliminare le parlate locali, la lingua algherese avrebbe
continuato il suo percorso evolutivo con l’acquisizione dei termini
necessari alle odierne esigenze comunicative imposte da uno sviluppo
tecnologico tale da rendere inadeguate persino le lingue nazionali,
e con la perdita del lessico relativo a mestieri e attività ormai
scomparsi.
Pensare di riprendere la
lingua algherese dei primi del novecento è fatto anacronistico ed
antistorico. Nessuno di noi userebbe oggi l’italiano delle origini
e nemmeno quello del 1800. E’ ben noto che la funzione di una
lingua è quella di comunicare, ed il requisito fondamentale di una
comunicazione è la completezza e chiarezza del messaggio nei
confronti dei destinatari.
Una lingua funzionale è
quella che riesce ad assolvere al meglio le esigenze comunicative
della società di appartenenza. L’evoluzione di una lingua è
parallela allo sviluppo del suo contesto economico, sociale, politico
e non credo che possa esistere un meccanismo differente.
Dice J.L. Aranguren* “
Sono i popoli che fanno la storia quelli che, in virtù di questo
inserimento della lingua nel fare, inventano le parole convenienti
alle loro azioni”.
Agli altri, quelli che non fanno la storia, non rimane che
prendere queste parole e adattarle alle proprie esigenze comunicative
con vari meccanismi.
Lascio ora queste
considerazioni, sicuramente interessanti e meritevoli di ulteriori
sviluppi in altra sede, per entrare nel vivo dell’argomento
trattato.
Tra tutti i dati emersi
dall’indagine, sono abbastanza eloquenti quelli che riguardano la
consistenza dell’immigrazione. Tuttavia desidero sia chiaro che non
attribuisco a questo dato una causa determinante dell’abbandono
dell’algherese. Ho già detto che Alghero è sempre stata centro
d’immigrazione, e ha comunque mantenuto la sua parlata. Posso però
precisare che sicuramente questo è un dato che, in una situazione
critica, ha la sua importanza. Infatti analizzando le poche famiglie
dove anche i nonni sono nati ad Alghero, si riscontra una maggiore
competenza anche da parte dei figli, almeno per quanto riguarda la
comprensione della lingua.
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